Capitolo 80

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"Dovevate arrivare questa sera!" fu la prima cosa che mia madre ci disse, quando aprii con la mai copia delle chiavi la porta d'ingresso.
Henry poggiò le nostre valigie e fece un gran sorriso "Ciao, Carol"
Jenna emerse dalla sua camera e corse da me, abbracciandomi come se non ci vedessimo da una vita ed io la strinsi a mia volta, dandole un lungo e pressante bacio sulla guancia.
"Henry, mi dispiace non accoglierti nelle mie condizioni migliori" disse mia madre, indossava dei jeans e una giacca di pile neri.
"Sei sempre bellissima, Carol" rispose Henry mentre mia madre si avvicinava per abbracciarci.
"Non fare il filo a mia madre" lo rimproverai scherzosa, mentre salutava Jenna e le chiedeva come stava "Dov'è papà?" chiesi a mia madre.
"L'ho mandato a comprare il regalo per tua cugina Zoe" mia madre scosse la testa "Ce ne siamo dimenticati"
Roteai gli occhi "Ogni regalo che le facciamo lo dà ad Alice, perchè impegnarsi?" dato che ad Henry ancora non avevo detto niente sulla nostra situazione famigliare, lui mi guardò un po' stranito.
"Perchè è pur sempre la famiglia!" mi rimproverò severa mia madre, agitando davanti al mio viso il suo dito indice "E dobbiamo comportarci bene, per quel poco tempo che passiamo con loro"
Abbassai la testa e concordai con mamma, anche se nelle mie scuse non ero proprio sincera.
Mia madre mi ordinò di sistemare le valigie nella mia camera, Henry cercò di aiutarmi ma lei glielo impedì facendolo sedere sul divano e iniziando a fargli mille domande al minuto.
Jenna nel frattempo mi informò sui regali che avevano comprato per i nostri cugini: a Davide un videogioco, a Christian un buono da spendere in un negozio sportivo e ad Alice alcuni libri da leggere, dato che era una divoratrice di libri. A Zoe, invece, avevano deciso all'ultimo di comprarle dei vestiti, in particolar modo una tenuta sportiva della Nike.
Mia sorella poi mi domandò cosa avessi comprato ad Henry ed io le raccontai dello scambio dei regali avvenuto quella mattina.
Fummo interrotte dall'arrivo di nostro padre, che raggiungemmo in salotto mentre guardava Henry con un'espressione confusa mista ad imbarazzo, dato che era entrato urlando qualcosa in falsetto per imitare la commessa del negozio.
"Salve, signore" Henry scattò in piedi e gli porse la mano, che mio padre strinse.
"Henry" si girò e mi vide "Evelyn, tesoro"
Andai da lui e lo abbracciai "Ciao, papà"
"Non dovevate arrivare questa sera?"
"Sorpresa!" gli sorrisi e poi lasciai che Jenna lo abbracciasse, a quanto pare era stato via parecchio per quel regalo, che tra l'altro non sarebbe stato minimamente apprezzato.
"Che bella sorpresa" il sorriso che mio padre rivolse ad Henry era un po' forzato, mentre quello che fece a me era carico di affetto "Allora questa è una buona occasione per ordinare la pizza!"
Io e Jenna esultammo, mentre mia madre si lamentò dicendo che l'avevano già mangiata l'altro ieri e che forse Henry avrebbe preferito qualcosa di più salutare, fatto in casa.
Io, mia sorella e mio padre ci voltammo verso di lui, tutti e tre con un'espressione di sfida.
"In realtà, una vera pizza italiana è proprio quello che vorrei" rispose lui poco dopo, avvertendo il pericolo. Erano giorni che parlavamo solo in inglese, ma ora che eravamo assieme alla mia famiglia, avevamo ripreso a parlare in italiano.
Ormai, quando io ed Henry conversavamo, quasi non ci accorgevamo più in quale lingua stessimo parlando. L'importante era capirsi, ed era esattamente ciò che Henry ed io facevamo.
Mio padre si tolse la giacca e consegnò il regalo a Jenna, che lo gettò in un angolo assieme agli altri. Saremmo andati in Puglia in auto, ma dato che io ed Henry avremmo viaggiato in una macchina e i miei genitori e Jenna in un altra, loro avrebbero avuto molto più spazio per sistemare le loro cose.
"Ho incontrato al supermercato la mamma di Mario" mi informò mia mamma mentre papà chiamava la pizzeria, per assicurarsi la consegna delle pizze entro le otto e mezza.
Nonostante fossimo partiti presto, eravamo arrivati a casa mia circa alle cinque del pomeriggio perchè, a causa di un incidente, eravamo rimasti fermi in auto sulla strada per circa tre ore e c'era molto traffico.
"Ah sì?" feci curiosa, sprofondando sul divano accanto ad Henry.
"Mi ha detto che Mario e il resto dei ragazzi sono a Verona" appoggiò la testa sulla spalla di papà, che si era seduto accanto a lei.
"Lo sapevo" annuii "Volevamo vederci stasera, intorno alle dieci, dopo cena"
Mio padre storse la bocca "Non voglio che tu guidi la sera tardi d'inverno, però"
"Ma non ci vediamo da così tanto!" mi lamentai.
Henry intervenne prontamente "Posso accompagnarla" disse con scioltezza "Così non sarà sola all'andata e al ritorno"
Anche prima che Henry lo proponesse, avevo intenzione di chiedergli di venire con me, ma mi fece piacere sentirlo dire da lui.
Mio padre parve ancora meno incline a dire di sì, ma mia madre diede una pacca sulla spalla di Henry, che sedeva rigido sul divano "Ottima idea, così possiamo stare più sicuri"
Jenna ne approfittò subito "Posso andare anche io?"
"No" disse mio padre categorico "Tu rimani a casa"
"Che palle"
"Come scusa?" fece mia madre inarcando un sopracciglio.
"Ehm" Jenna arricciò il naso "Va bene, papà"
Trattenni una risata davanti a quella scena, mentre Henry continuava ad essere rigido. Volevo dirgli di rilassarsi, ma se fossi stata nella sua situazione, probabilmente anche io mi sarei comportata così. Gli sarebbero serviti un paio di giorni per prendere confidenza con la mia famiglia.

Le sfumature del tramontoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora