Capitolo 74

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Inutile dire che ero nervosa, dato che i miei genitori attendevano Henry con ansia. Alla fine mia sorella non era venuta, perchè era in punizione per qualcosa di cui non aveva voluto parlarmi, ma a giudicare dal tono con cui i miei genitori mi avevano annunciato la sua assenza, doveva averla combinata grossa.
I miei genitori erano arrivati alle dieci di mattina e alle nove di sera avrebbero dovuto riprendere l'aereo per tornare a casa. Una toccata e fuga.
Avevo detto ad Henry di venire a Cambridge verso le cinque di pomeriggio, anche se lui inizialmente voleva venire la mattina. Come se fosse giunto ad un compromesso da solo, arrivò alle quattro, in giacca e cravatta.
Io e i miei genitori eravamo in una zona verde del campus, con panche, tavoli e alberi. Lui ci venne incontro, sfoggiando uno dei suoi migliori sorrisi "Buon pomeriggio, perdonatemi se non vi ho potuto raggiugere prima"
I miei genitori si alzarono dalla panca in legno. Henry strinse vigorosamente la mano a mio padre e, molto elegantemente, prese la mano di mia madre e si chinò, accostando le labbra vicino alla sua mano, sfiorandola.
"Che saluto regale" commentò mia madre ridendo "Neanche Pietro mi ha mai salutata così!"
Mio padre, in tutta risposta, alzò gli occhi al cielo "Ho fatto cose più romantiche"
"Non voglio sapere!" mi affrettai a dire, vedendo gli occhi a cuoricino dei miei genitori. Henry si sedette accanto a me, davanti ai miei genitori.
Nonostante fosse dicembre, quella giornata fortunatamente non era eccessivamente fredda, perciò era possibile stare all'aperto.
"Sono felice che tu ci abbia raggiunti, Henry" fece mia madre, con il suo solito sorriso amabile.
Il sorriso di mio padre, più che amabile, era forzato, ma apprezzai lo sforzo "Già, ci teniamo a conoscere le amicizie di nostra figlia"
L'espressione serena di Henry non si scalfì "Ma certo, anche io sono lieto di essere qui con voi. Evelyn mi parla sempre così bene di voi e conoscervi meglio mi fa molto piacere"
"Evelyn ci ha detto che anche tu hai frequentato questo college in particolare di Cambridge"
"Sì" un sorriso più ampio si fece largo sul viso di Henry "Di solito studiavo con i miei amici seduto ad uno di questi tavoli, in primavera questo posto è stupendo"
"Anche noi veniamo a studiare qui, se non fa freddo" intervenni "Nonostante sia sempre pieno di persone, è stranamente tranquillo"
"Tra poco iniziano gli esami, vero?" mi chiese Henry, girandosi verso di me.
Mi misi la testa tra le mani "Non ricordarmelo, fino a qualche settimana fa non ero per niente ansiosa. Ora invece sento lo stomaco che si stringe"
"Non fare così" disse mio padre "Hai sempre studiato, non ho dubbi che andrai bene"
Mia madre si strinse nella giacca "Inizio a sentire freddo"
"Se permettete, vorrei portarvi in un locale e offrirvi qualcosa"
"Un thè?" mia madre sorrise "Sarebbe l'ideale"
Io e mio padre ci scambiammo un'occhiata, come per dire "Ah... Gli inglesi!"
Dato che non era poi così lontano dal campus, andammo a piedi. Nel frattempo, mia madre e Henry iniziarono una fitta discussione in inglese mentre io e mio padre camminavamo dietro di loro.
"Cerca di non essere troppo aggressivo" sussurrai a mio padre.
Lui ridacchiò "Voglio vedere fino a quanto riesce a resistere, solo allora potrò dirti se è quello giusto per te"
Eravamo arrivati a destinazione: un locale chiamato White Coffe, al che mio padre corrugò la fronte "Caffè Bianco?"
"Il cognome del proprietario è White" spiegò Henry "Era un mio compagno di università, ha aperto questo locale circa due anni fa"
Una cameriera piuttosto gentile ci fece sedere ad un tavolo all'angolo, era appartato e tranquillo, lontano dalla frenesia del resto del locale, strapieno.
"È un posto molto bello" commentò mia madre guardandosi attorno.
In effetti, era davvero un bel locale: il parquet di legno scuro era in contrasto con le pareti bianche, coperte quasi interamente da grandi fotografie, rappresentanti i più svariati luoghi del mondo. Anche i tavoli e le sedie erano in legno e ogni tavolo era decorato in un modo diverso: il nostro aveva delle tovagliette blu e una piantina grassa al centro dentro un vaso celeste.
Quel posto ti dava la sensazione di accoglienza.
Il tavolo era quadrato, perciò ci sedemmo ognuno dietro ogni lato, io ero al centro tra Henry e mio padre, mentre davanti avevo mia madre.
Osservai Henry di sottecchi, mentre mio padre gli faceva una domanda: poco più di una settimana prima non era così solare, era bello vederlo di nuovo sorridere.
Henry iniziò a dire ai miei genitori di cosa si occupasse la sua società, in modo molto più attento e voglioso rispetto a come l'aveva fatto quando io e la mia classe, durante la nostra gita a Londra ad aprile, eravamo andati sul suo posto di lavoro assieme al resto dei nostri compagni della scuola londinese.
"Okay, Pietro, basta... Non è un colloquio di lavoro" commentò mia madre ridendo "Hai sempre vissuto a Londra, Henry?"
"Sì, signora"
Mia madre sorrise ancora, era così bella quando lo faceva "Chiamami Carol, così mi fai sentire vecchia!"
"Evelyn" mi richiamò mio padre "Ancora non ci hai detto quella novità di cui ci avevi parlato al telefono"
"Ecco..." arricciai il naso "Devo cantare in pubblico"
"Cosa?" esclamarono Henry e i miei genitori contemporaneamente.
"Già..." raccontai loro dell'evento di beneficienza che Greta e Arianna stavano organizzando con il loro club e di come mi avessero inserito nella lista senza chiedermelo.
"Non sapevo di questo evento!" disse Henry "Voglio assolutamente vederti cantare"
"Oh, no... Ti prego, credo che sul palco suonerò qualche accordo nel modo sbagliato e farà una figuraccia"
"A maggior ragione..." aggiunse mio padre "Mandaci i video, poi"
"Non lo farò mai, li condividereste in giro"
Mia madre alzò le spalle "E che ci vuoi fare? I genitori sono fatti così"
"Jenna come sta?" chiese poi Henry, dopo che la cameriera ci ebbe portato le nostre ordinazioni. Io, come al solito, avevo preso una cioccolata calda, ma questa volta era accompagnata dalla panna e da dei brownies al cioccolato deliziosi.
"Sta bene" rispose mia madre "Anche se l'ha combinata grossa"
"Ma che ha fatto?" chiesi insistente, nessuno mi aveva detto niente.
"Ha preso di nascosto la mia carta di credito ed è andata a fare shopping, spendendo una marea di soldi"
Mi trattenni per qualche secondo, poi scoppiai a ridere "Non ci credo!"
"Non aveva capito che mi arrivava un'email ogni volta che acquistava qualcosa" mio padre scosse la testa "Tua sorella ci farà diventare pazzi"
Anche Henry stava ridendo, mentre mia madre si strofinò una mano sulla fronte "E in più ci ha anche nascosto un'insufficienza in matematica"
"Però potevate farla venire" replicai "Non la vedo da mesi!"
"La vedrai a Natale" ribatté mio padre, mia madre approfittò subito del cambio dell'argomento per rivolgersi a Henry "Tu che farai a Natale, Henry?"
"Penso che resterò a casa a portarmi avanti con il lavoro, ci sono molti nuovi progetti per la società che voglio sviluppare"
Mia madre lo guardò confusa "Non vai dai tuoi genitori?"
Il suo sorriso si affievolì e l'espressione si fece un po' cupa "Sono morti un po' di anni fa. Di solito passavo il Natale con mia nonna, ma se n'è andata qualche settimana fa"
Mio padre aggiunse un po' esitante "E non hai fratelli?"
"Sono figlio unico" fece un sorriso forzato davanti alle espressioni dispiaciute dei miei genitori "Ma va bene così! Ne approfitterò per portarmi avanti con il lavoro" ripeté.
Mi voltai verso Henry, consapevole di avere anch'io un'espressione triste.
"Passa il Natale con noi" mia madre parlò così velocemente che dovette ripetere la frase.
Sia io che mio padre ci voltammo di scatto verso di lei, che continuò a dire "Abbiamo posto nel nostro appartamento in Puglia per una persona in più. Nessuno dovrebbe passare il Natale da solo"
Henry aggrottò appena le sopracciglia e fece un sorriso, diverso da quello di prima: questo conteneva gratitudine "È un'offerta molto gentile, ma non voglio approfitta-"
"Non si discute!" lo interruppe lei "Passerai il Natale con noi"
Dopo aver metabolizzato le sue parole, feci un gran sorriso a mia madre e poi uno a Henry, che allungò una mano sul tavolo per stringere la mia.
Mio padre notò quel gesto e subito dopo lanciò un'occhiata a mia madre, accennando un impercettibile sorriso.

Le sfumature del tramontoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora