Capitolo 32

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"Andrew, andiamo a parlare?" annuisco
"vieni sul tetto della scuola così nel frattempo mi fumo una sigaretta" mi segue, apro la porta del tetto e mi vado a sedere sul bordo.
"Di cosa dobbiamo parlare?"
"di quello che è successo ieri"
"che cos'è successo ieri?" mi guarda male, ghigno.
"Dovresti vedere la tua faccia"
"ok ma fai il serio Andrew" ritorno serio e la fisso.
I suoi capelli mori volano da tutte le parti per colpa del vento che c'è quassù, mi avvicino e le tiro sú il cappuccio della mia felpa.
"Credo, cioè voglio sapere cos'è stato per te e cosa siamo ora"  deglutisco
"per te cos'è stato?"
"bello"
"e cosa vuoi che siamo?"
"la domanda l'ho fatta io a te"
"si ma mi sembra che tu hai le idee chiare su quello che vuoi perciò parla, non stare zitta parlami" mi guarda "no, non ho le idee chiare o almeno le ho su tutto tranne che su di te, mi hai confusionato la vita e sei entrato senza che potessi farci nulla perciò non so cosa voglio perché ci sei tu di mezzo e quando ci sei tu non ci capisco più niente"
"non so cosa voglio, non una relazione non sono il tipo ti farei solamente soffrire e probabilmente  tutto quello che ho fatto è un gran casino perché, sappiamo entrambi come andrà a finire.
Con te in lacrime perciò non so quanto possa convenirti avere questo qualcosa con me, qualunque cosa noi siamo ora finirà con il distruggersi per colpa mia, devi solo decidere se vuoi incasinarti " mollo la sigaretta sull'asfalto e la schiaccio con il piede per poi aprire la porta e lasciare la ragazzina là su quel tetto.
La tentazione di tornare indietro e baciarla è davvero tanta, ma non posso permettermi di infilarla nel casino che è la mia vita perché quella ragazzina talmente perfetta non merita di entrare nel casino e rovinare la perfezione.

Entro in mensa e mi siedo al tavolo dove ci sono già i miei amici, faccio un cenno con la mano.
Mi prendo la testa fra le mani e sbuffo,sono un coglione ma non avrei potuto fare altro anzi non avrei dovuto baciarla.

Adesso è in un casino più grande di lei.

Mi alzo stressato non calcolando i miei amici che mi guardano straniti, sbatto la porta della mensa e entro nel bagno.

Faccio avanti e indietro un paio di volte.
Probabilmente non mi parlerà più, è meglio così, lui non deve sapere della sua esistenza.
Ho incasinato troppe vite ma la sua non deve essere una di quelle.

Tiro un pugno al muro cercando di calmare la mia rabbia che però non si calma, ne tiro altri quattro consecutivi fino a quando la porta del bagno non si apre mostrando liam.
Corre verso di me che continuo a tirare pugni provando a immaginare la  faccia di lui  su quel lurido muro pieno di scritte e cazzi disegnati.
Liam mi prende per le spalle e mi fa indietreggiare, guarda la mia mano ormai ricoperta di sangue "drew guardami, calma ok? ora metti la mano sotto l'acqua e respiri" lo guardo, probabilmente il mio sguardo è tra il frustrato e l'incazzato ma lo sono con me stesso per non aver fatto niente due anni fa.
Perché se avessi fatto qualcosa non sarei in questa situazione.
"Micol? sta bene? l'hai vista? era triste, nervosa, incazzata?" corruga le sopracciglia
"Micol sta bene, era strana ha detto solo tre parole ma non era triste sembrava solo che pensava a qualcosa ma mentre la pensava sorrideva" lo guardo perplesso, a che cazzo pensava? era un'altro? scuoto la testa.

Non mi interessa.

Accendo il rubinetto e metto la mano sotto almeno provando a levare il sangue.
"Stai meglio? ti sei calmato o hai intenzione di commettere un'omicidio? "

Cosa cazzo dovrebbe essere cambiato mettendo una mano sotto il rubinetto?

prendo una sigaretta e la accendo.
" Hai lezione, vai sto bene" annuisce
"ok, se fai fuori qualcuno aspettami per il cadavere"
esce dal bagno.
So che sarebbe restato ma lui sa meglio di me che in questi momenti ho bisogno di stare da solo.

Appoggio la spalla alla porta di uno dei bagni, osservo il muro che da bianco e pieno di scritte è diventato con una macchia rossa, sbuffo e faccio un tiro.
Sento lo sciacquone tirare, cazzo è qua da prima, esce dalla porta un ragazzo con una maglietta più grande di lui e dei pantaloni della tuta, mi fissa dalla montatura degli occhiali enormi.
"Cosa vuoi?" alza le spalle e con sguardo impaurito risponde
"niente, non ho visto e sentito niente ora vado" annuisco e esce.

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