Antro e Sole

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Attenzione: Questo capitolo è lungo. Lettore avvisato mezzo salvato.

Lo studio di Marcus è buio esattamente come ricordavo, un antro polveroso e antico che rievoca il carattere austero e malinconico del fratello di Aro. Il vedovo mi stava attendendo ma non è seduto al suo trono dietro la possente scrivania in ebano, è in piedi al centro della stanza e il suo sguardo sembra un oceano rosso tempestoso, distaccato e apatico come sempre.

Dopo un saluto tranquillo cala il silenzio, Marcus mi lascia osservare il suo studio con tutta calma. Non è la mia prima visita qui dentro, ricordo piuttosto bene la volta in cui lui ha cercato di uccidermi con una mano chiusa sul mio collo, la sua presa ferrea voleva bloccare il sangue diretto al mio cervello. In ogni caso non ho mai avuto l'onore di studiare la stanza perché completamente in penombra, il mio sguardo umano faticava quasi a riconoscere la ragazza ritratta nel quadro come la sorella di Aro.

Ora invece ogni dettaglio è ben raggiungibili dai miei occhi scarlatti. La stanza è circolare e piuttosto grande ma insieme stracolma di oggetti, ciò la fa risultare otticamente piccola. L'organizzazione non ha nulla a che vedere con il salotto di Aro, questo non è paragonabile ad un bel museo scenografico per la disposizione degli oggetti, qui sembra tutto alla rinfusa.

Le cose sembrano dimenticate in giro, appoggiate e impilate sulle superfici senza un senso o uno scopo preciso. Pesanti tendaggi neri coprono ampie e alte finestre, la luce non penetra neanche un pochino. Dal soffitto pende un grande lampadario in legno, il cerchiaggio è in grezzo ferro battuto, i piccoli porta candele sono vuoti, nessuna piccola fiammella viene accesa da molto tempo. La pesante scrivania è collocata centrale allo studio ed è di legno scurissimo  tozza e stracolma di scartoffie, pergamene sigillate da piccoli nastrini scarlatti impolverati. L'aria e ferma e immobile, buia e statica nella sua tenue e delicatissima nota di pergamene impolverate.

Il pavimento è in fredda pietra grigia, nessun tappeto smorza la sua durezza, neanche le pareti dello stesso materiale sono state addolcite da drappi, decorazioni o quadri a eccezione di quello di Didyme.

La tela sulla parete di destra ritrae la giovane ragazza dai lineamenti tanto dolci quanto simili al fratello. Il vestito azzurrino l'avvolge dolcemente, la gonna lievemente ruotata sulla sua figura come se avesse fatto una piroetta elegante. Didyme è immortalata in un primaverile prato verdeggiante, rigoglioso e luminoso presente solo per fare da sfondo. Il sorriso candido è perfetto, gli occhi rossi scarlatti estremamente luminosi sono pieni di allegria.

Lo sguardo ha un'angolazione piuttosto curiosa, come se si stesse concentrando su qualcuno con amore ma non colui che guarda il quadro parandovisi davanti. La cornice in legno è dorata, questa è l'unico oggetto accuratamente spolverato dal vedovo.

Distolgo lo sguardo, preferisco non soffermarmi troppo sul ritratto perché Marcus ne sembra geloso, quasi ossessionato e preferisco non risultare invadente attirando le sue furie involontariamente.

Una libreria antichissima è addossata ad una parete, in effetti è così antica che non è adibita alla collocazione di libri con pagine e copertine, bensì di opere sotto forma di spessi rotoli di pergamena. Gli scompartimenti sono dunque realizzati con incroci di travetti a formare losanghe, in cui inserire gli spessi e lunghi fogli giallini e ruvidi. Anche in questo caso la polvere regna sovrana e l maniglie del supporto in legno attorno cui sono arrotolati i fogli sono impolverate.

Sembra che nessun oggetto venga toccato da tempo immemore, né dal vedovo né da qualcun altro.

Vicino alla porta dello studio c'è un tavolo circolare delizioso, intagli e fronzoli decorati in foglia d'oro. La sua bellezza è però coperta da un pesante strato di polvere, pergamene arrotolate, libri dalla copertina consumatissima e anch'essa impolverata.

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