Dillo

87 10 4
                                    

Ecco in tremendo e imperdonabile ritardo il capitolo di venerdì scorso. Spero possiate perdonarmi ma è un periodo un pochino teso e incasinato con l'università. Buona lettura, Layla Lilshepherd

Giorno 4
Pomeriggio

Il mio sguardo vaga perso nel piccolo ma accogliente salotto della cabina. I tendoni rigorosamente chiusi impediscono l'ingresso ai raggi solari ma è evidente che il luminoso pomeriggio di prima primavera stia procedendo là fuori senza curarsi dei mostri annidati nell'ombra.

I raggi dell'astro diurno passano la vetrata, colpendo da alcune ore il tessuto scuro scaldandolo dolcemente. Dal divano mi sembra quasi di percepirne il tiepido tepore ma arrivo a chiedermi se si tratti solamente di suggestione.

Un senso di tranquillità mi sta piacevolmente avvolgendo dopo tutto quello che è successo sul pavimento alcuni minuti prima. L'aggressione di Aro è ancora ben stampata nella mia mente e mi ha lasciato uno spiacevole sensazione di vulnerabilità. Fortunatamente sono sufficientemente confusa e calma da potermi distrarre con molto poco, anche solo una suggestione o un delicato contatto fisico.

Questa volta io e il leader non ci siamo seduti sui divani contrapposti del salotto. La spalla di Aro aderisce alla mia mentre rimaniamo strettamente affiancati in completo e meditabondo silenzio. Io premuta allo schienale e gambe appallottolate al petto, Lui elegantemente seduto a gambe accavallate e dita intrecciate in grembo.

Siamo immobili e affiancati, non proferiamo parola come se stessimo ponderando i danni delle nostre azioni e parole. Ho la netta sensazione Aro si senta in colpa per ciò che è successo, forse addirittura aleggia un pizzico di imbarazzato disagio per il modo sconnesso e brusco con cui ci siamo aggrediti sul pavimento.

Stavamo lottando per una semplice collana che però è un simbolo molto importante. Ho difesa il più possibile la mia appartenenza alla Nobile casata ma non sarò mai pronta a rischiare di ferire gravemente il leader pur di ostacolarlo nel suo intento.

Il risultato nel nostro scontro ora tra le dita del leader, che accarezza distrattamente il metallo piegato e criccato in alcuni punti. La nostra stretta è stata troppo violenta per l'argento, che ha ceduto irrimediabilmente.

"Mi sono fatto prendere dalla rabbia e ho reagito male" sentenzia improvvisamente il Maestro e dal tono capisco che si tratta della conclusione di un filone di suoi pensieri "Mi dispiace, ti chiedo scusa" abbassa leggermente il capo in un piccolo cenno colpevole.

Le sue parole suonano sincere e assolutamente inaspettate. Fin dai primi incontri Aro mi aveva avvisata della sua reticenza nel porgere scuse.

Sentire tali parole pronunciate con calma e spontaneità smuove nel mio petto un sentimento di affetto e gratitudine. Non mi aspettavo il leader si scusasse per l'aggressione o per avermi fatto rivivere brutti ricordi passati, invece ha saputo stupirmi.

"Grazie, apprezzo molto queste parole" lo rassicuro sul mio stato d'animo con voce dolce e carezzevole.

Passano altri infiniti minuti di silenzio e il Maestro è chiaramente passato oltre, forse a questioni private o politiche. Qualcuno, non conoscendolo bene, potrebbe ritenersi offeso dal modo sbrigativo e minimale  delle sue scuse ma io sono già più che soddisfatta.

Lo osservo con la coda dell'occhio e trovo il suo profilo perfetto completamente immobile e rilassato. L'espressione pacata e profonda di una statua neoclassica accompagna il suo ragionare.

Aro non respira e non batte le palpebre. Impiego alcuni minuti a risconoscere lo stato pensieroso come la vera e propria meditazione strategica, che esegue solitamente sdraiandosi sotto la cupola candida della camera a Volterra.

La Corona del ReDove le storie prendono vita. Scoprilo ora