Ritorno a casa

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Stringo la testa tra le mani, provo a pensare in maniera efficace ma in verità il pensiero lucido è congelato mentre il panico ha invaso ogni anfratto della mia mente. La sensazione di impotenza è amplificata dalla mia attuale stasi mentre il tempo scorre lento e inesorabile secondo dopo secondo. Mi sono lasciata ricadere inerme sulla poltrona Barcelona del salottino anonimo, i gomiti piantati sulle cosce mentre stringo spasmodica il capo e i miei capelli che in parte ricadono davanti a me. Ogni fibra del mio corpo vibra di panico, angoscia e indecisione sul da fare.

Chiunque sano di mente sarebbe già uscito dalla villa di Marcus per correre in soccorso a suo fratello ma io, ovviamente, sono troppo vicina ad Aro Volturi per agire in modo così ovvio e umano. Sto provando a studiare la scacchiera ma il caos nel mio cervello è troppo intenso, le emozioni urlano distraendomi e non lasciandomi ragionare con santa calma. La voce di Sulpicia rimbomba nella testa come fosse una buona consigliera e mi ricorda che è bene io non incontri e parli più con Aro.

Accoglierei volentieri il suggerimento della moglie di Aro se non nella mia mente non rimbombasse ancora la voce di Stefano, rotta e tesa nel saluto, mi chiede implicitamente aiuto perché ha davanti una creatura mostruosa, un non-morto.

Il senso di colpa mi chiude la gola facendomi sfuggire un gemito di disperazione intanto che comprendo di essere stata io a trascinare mio fratello in questo delirio, io che mi ero tanto adoperata per lasciare i miei famigliari all'oscuro di ogni cosa, io che avevo fatto promettere ad Aro di lasciarli fuori da questo crudele mondo popolato da immortali.

A farmi sentire sciocca e colpevole c'è anche l'aver realizzato solo ora di aver trascorso queste poche ore a Villa Didyme senza pensare concretamente alla proposta politica di Sulpicia. Sono certa la mossa meschina di Aro sia proprio legata alla mia fuga da Volterra. D'altro canto non avrei potuto decidere se schierarmi al fianco della moglie di Aro in così poco tempo e con così poche conoscenze in merito.

Aro vuole sfruttare la mia confusione.

Il leader potremme volermi distruggere, giusitiziare oppure infilarmi nella testa le sue bugie un'altra volta così che torni al suo fianco immediatamente. Mi scappa una risata nervosa e amara al solo realizzare che non vedo così tanta differenza tra una decapitazione e una chiacchierata con Lui oramai. Entrambe possono privarmi della mia esistenza libera. Indipendentemente da ciò che mi ha consigliato la donna sento nel petto il sincero desiderio di non incontrarlo ma so che non esaudire la sua richiesta equivarrebbe a condannare Stefano alla morte e i miei genitori alla perdita del secondo figlio.

Il singhiozzo di lacrime che non verranno eternamente espresse viene scacciato da un sibilo di rabbia e determinazione, mi alzo di scatto afferrando il telefono sul tavolino per ritentare il dialogo con il leader che mi lascia però attendere a vuoto.

"Maledetto bastardo!" grido furiosa mentre i miei arti tremano in un misto di furia e panico per ciò a cui sto per andare incontro.

Senza ulteriore indugio, oramai costretta dallo scacco irreversibile di Aro, mi muovo verso il portone certa che la situazione sia oramai degenerata e la mia esistenza stia collassando, crollando e implodendo ogni secondo di più. Accetto il mio destino esaudendo l'ordine del leader quasi certa che queste saranno le mie ultime ore da immortale e sempre meno convinta che Lui lascerà andare Stefano.

Cosa posso fare altrimenti? Sacrificare Stefano per la causa di Sulpicia?

Non sono sicuramente una brava persona, non sono stata una buona sorella ma sono fermamente convinta che, piuttosto che abbandonare mio fratello, darei personalmente la caccia ad ogni immortale sulla faccia della terra per portare i vampiri all'estinzione.

Al diavolo tutti noi! Se devo andare all'inferno mi porterò dietro sia Aro che Sulpica!

Con questo disperato senso di determinazione mi lancio nella foresta diretta a casa mia. Non indugio un istante su quale sia il luogo che corrisponde alla definizione perché Il Palazzo dei Priori non è più la mia casa e, a questo punto è lecito dubitane, forse non lo è mai stato fino in fondo.

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