Violino nero

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Sapere se la delusione di Aro fosse legata alla discussione tra me e Jane o all'aver origliato cosa accadeva nella Sala del Consiglio è destinato a rimanere un mistero.

Il tempo scorre lento nel Palazzo, i giorni scorrono tutti uguali e cadenzati da una routine che assume un ritmo sempre più serrato: lezione con Marcus e caccia ogni cinque giorni. Novità dall'esterno non ne arrivano mentre l'autunno avanza fuori dalla finestra di camera mia mattina dopo mattina, le foglie spariscono e vengono definitivamente strappate agli alberi mentre le notti sono lunghe e gelide sulla capitale degli immortali.

Dall'interno non ci sono variazioni, i leader sono pacatamente accordati sul lasciar libere Sulpicia mentre io mi preoccupo di tenere d'occhio, lezione dopo lezione, il vedovo che è sempre molto apatico e insieme disponibile a ripetere all'infinito i suoi consigli per me. Non posso affatto lamentarmi di Marcus come insegnate, la sua pazienza sembra davvero non aver limite tanto da sfociare in una ripetizione continua delle sue regole come fossero un mantra.

Una lenta e maliconica melodia accompagna i miei pensieri mentre sono diretta proprio da lui, è mattina. Appena prima di bussare mi immobilizzo davanti alla superficie in legno, le dolci note giungono proprio dallo studio di Marcus; non sono un'esperta di musica ma credo si tratti di un violino e immediatamente torna alla memoria la custodia nera che avevo notato nello studio. La melodia è malinconica, lenta e dolce, a tratti quasi devastante nei toni; ho come la sensazione che Marcus l'abbia composta per l'amata Didyme.

Mi prendo alcuni istanti per ascoltare con attenzione le note che vibrano nell'aria fredda del Palazzo dei Priori mentre torna a galla il ricordo del ballo, dopo la trasformazione, sulle note di questa musica nello studio di Aro.

Nuovamente trovo il vedovo produrre la più espressiva arte immerso nel buio totale del suo antro, così tetro e privo di stimoli da abbattere l'umore di qualunque avventore. Il fratello di Aro suona con trasporto ad occhi chiusi senza curarsi del mio ingresso, muove l'arco sulle corde di un violino nero lucente dalla cassa preziosa e delicata. Le dita lunghe, affusolate e pallide vibrano le note con maestria, la figura è avvolta da una tonaca medioevale pesante e larga.

Lascio vagare lo sguardo sui soliti arredi bui e impolverati, nulla è stato mosso dall'ultima volta e la cosa non mi stupisce affatto. Cerco di distrarmi dall'esecuzione di Marcus prima che mi venga da singhiozzare soffrendo dell'impossibilità di piangere, un senso di profonda tristezza ha invaso il mio petto.

Seguendo in modo un poco inappropriato il suo insegnamento mi aggrappo alla realtà attorno a me per distrarmi. Come ogni volta gli unici dettagli a introgarmi profondamente sono il quadro di Didyme, la scrivania in ebano e lo specchio sul lato opposto nascosto dal telo. Probabilmente questo mio strano interesse è dettato dal fatto che sono gli unici tre arredi apparentemente non ammucchiati alla rinfusa nell'ufficio, non sono ricoperti o circondati da altre tonnellate di cose accumulate senza un apparente senso. La zona che li comprende sembra quindi la più vissuta da Marcus, quella in cui si muove più spesso e dunque sgombra di intralci per il passaggio. Se la scrivania e il quadro hanno perfettamente senso mi chiedo cosa nasconda quel grande specchio.

"Molto intensa" commento appena le vibrazioni dell'ultima nota sono state assorbite dalla staticità dell'aria della stanza di Marcus.

Il silenzio cala alcuni attimi, il Maestro ripone lo strumento con cura nella custodia posizionata sulla scrivania.

"Era di Didyme" sospira sconsolato accarezzando con l'indice la cassa nera "Ogni tanto lo suono per lei" rivela in un sussurro appena udibile anche per me.

"La composizione?" domando quasi certa della risposta.

"Mia" conferma subito voltandosi "L'ho scritta per Aro" un'onda di rancore smuove le iridi vermiglie. L'ultima affermazione mi lascia perplessa, ero quasi certa che fosse stata scritta per l'amata o per esprimere il suo dolore per la perdita di Didyme.

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