"È solo una questione di prospettiva: in qualsiasi punto del cielo si trovi la luna e in qualsiasi parte del mondo tu sia, se alzi la mano e chiudi un occhio, non è mai più grande del tuo pollice."
dal film "Dear John"
"Mi dispiace." disse la ragazza mettendosi la mascherina rosa e salendo sul treno, il suo sguardo lo ferì peggio di una lama, il risucchio del treno lo avvolse, gli parve di cadere in un vuoto infinito..."
Gian si svegliò con un urlo strozzato, cercò a tentoni i suoi occhiali nella tasca dei pantaloni e si guardò attorno, il sole pomeridiano nel cielo spagnolo illuminava la camerate dell'ostello, di fianco a lui Damiano continuava a dormire come molti altri pellegrini, quel giorno avevano fatto 22 km ed erano arrivati a Palas de Rei, mancavano ancora due tappe a Santiago de Compostela.
Si stiracchiò e prese il suo telefono scendendo dal letto, dopo essersi rinfrescato uscì e si sedette sui gradini d'ingresso dell'ostello.
Le gambe gli facevano male e prima di addormentarsi si era bucato con ago e filo le vesciche spuntategli sui piedi "Maledette scarpe." commentò indossando le infradito e scendendo le scale uscendo nel cortile del rifugio.
Alzando lo sguardo notò che la luna era già spuntata nel cielo. "Ricordati di guardare la luna." questo si erano detti lui e Alex l'ultima volta che si erano visti.
Lo facevano da tre anni visto che in certi posti Internet non prendeva o erano troppo impegnati si erano promessi di guardare la luna quando non erano entrambi in città in modo da essere legati anche se distanti.
Guardò la schermata dello schermo e poi premette l'icona della videochiamata.
"Hey, pellegrino, come te la passi?" chiese Ale apparendo nello schermo "Ti disturbo?" chiese Gian fissandola attraverso lo schermo "Stavo guardando una serie Tv ma dimmi pure." rispose con un sorriso "Stai bene?" domandò Ale "Il mio corpo sta affrontando uno sforzo a cui non è abituato e le mie paure sono uscite." rispose "Gian." il tono di voce di Alessia cambiò mentre cambiava posizione sul divano diventando seria "La voglia di lasciare lo zaino e salire su un pullman che mi riporti all'aeroporto mi ha quasi sopraffatto ieri e la domanda "Ma chi te lo ha fatto fare?" la sento assieme alla voce del mio maestro di ginnastica o tutte le voci delle persone che mi dicevano di arrendermi." rispose passandosi una mano tra i capelli "Però so bene che mi rialzerò e riprenderò a camminare, domani mattina. Non è facile, però so che ce la devo fare, vorrei che tu fossi qui al mio fianco, in modo tale da poterti stringere in un abbraccio." rispose guardandola "Lo so, lo so, sono inostituibile." rispose vantandosi Ale"Comunque lo so che non ti arrenderai perché sei uno stupido testardo." Gian sorrise "Mai quanto te." "Come mai mi hai chiamato, mi sembri scosso." "Volevo sentirti." "Te lo chiedo di nuovo in maniera gentile. Come mai mi hai chiamato?" rispose Ale appoggiando il telefono sul letto e incrociando le braccia. Gian sorrise, lo conosceva troppo bene. "L'ho sognata." esclamò sperando che Ale capisse a chi faceva riferimento "Merda." esclamò l'amica, aveva capito perfettamente.
"Come stai?" chiese subito dopo "Vorrei scriverle." a quella frase seguì un lungo momento di silenzio che permise a Gian di sentire il rumore di una goccia che cadeva dal soffione della doccia nei bagni.
"Ma che stai dicendo?" sbottò Ale "Non sono il tipo da addii non detti, se uno vuole interrompere qualcosa deve dirmelo in faccia." Rispose Gian schiarendosi la voce e giocando con i peli della barba "Sta con un altro, cosa può dirti? Ha fatto la sua scelta, tu devi fare la tua e non è scrivendole che starai meglio." Rispose Ale giocando con una ciocca dei suoi capelli "Ma saremmo rimasti amici." "Non siete mai stati amici, sei un tizio incontrato mentre tornava dall'università. Magari un giorno vi ritroverete e vi chiarirete ma a pensare a tutti i sé e i ma ti farà solo male.".
Gian annuì e le mostrò un foglio "Le avevo scritto una lettera, ovviamente poi le avrei scritto in chat ma la bozza è qui." Ale annuì "Bene, hai trovato un ottimo accendi fuoco." rispose fredda "Gian, ti prego non farti chiamare con il tuo nome completo, ma fidati non servirà quindi elimina la tentazione." Gian annuì "Va bene." Ale gli sorrise "Ti voglio bene, deficiente." Gian le sorrise "Stai per caso usando lo zucchero di Agosto?" chiese guardandola in cagnesco "Può darsi, ma magari no. Chi lo sa?" poi lo fissò "Ora vado, scrivimi quando stai per cenare okay?" Gian le sorrise "Va bene." "E brucia quella lettera." Gian annuì "Okay, ti voglio bene." "Anch'io scemo." Rispose Ale prima di chiudere la chiamata.
"Cara Anna,
Sono sul cammino di Santiago, questa è la quarta tappa ed ho pensato spesso a te, a noi, a quello che è successo, ti scrivo perché io credevo in un noi, anche solo in un'amicizia. Forse ci siamo conosciuti nel momento sbagliato, sono andato avanti o meglio il tempo è passato e io mi sono dovuto adeguare ad esso, però volevo scriverti e ci ho provato, cancellando solo dopo il messaggio. Ma ora è diverso, ora che ho fatto pulizia e ordine mentale, sono in grado di scriverti questo...."
Gian lesse la lettera lasciata a metà, poi strappò la pagina e la mise nel posacenere di pietra.
Dalla giberna trasse fuori un fiammifero accendendolo con uno scatto del polso.
"Cenere alla cenere, polvere alla polvere." disse una voce alle sue spalle, mentre il foglio s'incendiava.
Si volse e si trovò di fronte un uomo sulla trentina con un saio "Assomiglia a Frate Tuck." commentò mentre il frate s'avvicinava.
"Ti ho visto oggi durante il Cammino, correvi con le cuffie nelle orecchie." commentò stringendo il bicchiere che teneva in mano "Ero stanco e volevo arrivare." rispose Gian abbassando gli occhi "Stiamo andando tutti nello stesso posto, non ti serve correre." Gian alzò le spalle "Volevo arrivare subito all'ostello." rispose con un sospiro osservando il foglio contorcesi in preda alle fiamme.
"Conta di più la meta o il viaggio per arrivarci?" gli chiese il frate dopo aver bevuto dal bicchiere, quella domanda lo lasciò interdetto "Credo il viaggio." "E come mai fai questo Cammino?" a quella domanda gli sorrise spavaldo "Io faccio il Cammino perché..." le parole gli morirono in bocca, qualsiasi risposta gli pareva priva di significato.
"Questa strada ci condurrà tutti a Santiago, ma non è una gara." Disse indicandogli i pellegrini che camminavano sulla strada vicino all'ostello anche stava calando la sera: "Ci sono tanti preti e suore in borghese tra di loro, ci sono persone che hanno perso qualcuno, persone che vogliono trovare Dio, persone che si vogliono mettere alla prova, ci sono anche persone che non credono, persone di un'altra religione. Ogni persona ha una storia da raccontare, ogni persona ha una motivazione, diversi ma tutti con la stessa meta. Abbiamo lasciato le comodità del quotidiano per fare questo percorso, chi ha detto che sarebbe stata semplice come avventura?" mormorò mentre le fiamme divoravano il foglio "Domani, lascia riposare le tue cuffie nello zaino, non puoi sapere quando qualcuno ti rivolgerà la parola durante il tragitto, però però quando accadrà dovrai essere pronto ad ascoltarlo. E ricordati, devi ascoltarlo, non sentirlo, conosci la differenza tra queste due parole?" lui scosse la testa "Ascoltare significa concentrare la propria attenzione sull'interlocutore, comprendere il discorso e cogliere la dimensione relazionale ed emozionale di esso. Mentre sentire si riferisce all'atto di percepire un suono o delle parole attraverso l'udito ma senza che sia presente un'elaborazione centrale e profonda. Quindi, ascolta la musica, ma ascolta le persone." lui gli sorrise "Ha ragione Frate..." "Massimo." disse porgendogli la mano "Gian." "Prima ho incontrato un Don, in borghese, celebrerà la messa tra poco, tu e i tuoi compagni vi volete unire?" Gian sorrise "Con grande piacere." disse stringendogli la mano, Massimo sorrise "Allora andiamo a chiamarli." commentò mettendogli una mano sulla spalla ed entrando con lui nell'ostello lasciando alle proprie spalle un semplice mucchio di cenere.
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Random - L'ordinario in mini racconti
Short StoryNella monotonia della nostra routine siamo sempre di corsa, tendiamo a vedere le cose da una sola prospettiva, crediamo che esista un solo modo di vedere le cose. Ma siamo realmente sicuri che ciò che vediamo sia solo quello che i nostri occhi e la...