Sedia

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"A tutte le squadre da Coordinamento." la voce di Matteo lo risvegliò dal torpore che la'veva accolto  "A tutte le squadre da Coordinamento. Il servizio è terminato, rientrate." Gian sorrise al''amica appena incontrata, Silvia "Devo andare. A presto." esclamò voltandosi e dirigendosi verso il cordinamento.

Una volta lì trovò Giulia ad aspettarlo "Allora, come va?" Gian le sorrise "Voglio andare a casa." poi le aveva lasciato DAE e Radio allontanandosi verso la macchina. 

Una volta a casa fece pochi passi poi lasciò cadere a terra lo zaino, posò sul letto al giacca e s'andò a fare una doccia, rinfrancandosi nel getto freddo della doccia.

Una volta pulitosi Gian si guardò attorno e sorrise "Farò una torta di mele." esclamò passandosi una mano tra i capelli asciutti.

Si allacciò il grembiule e inizò a preparare l'impasto, gli piaceva cucinare, era un metodo per sfogarsi, dopotutto, tutti hanno bisogno di una "sedia" per alcuni era una birra al bar o magari davanti alla televisione, per altri era una sigaretta, la lettura di un libro, piangere, fissare il cielo bevendo una bottiglia di birra, scrivere una lettera. 

La stanchezza che lo assaliva dopo un servizio è inspiegabile, tutta la tensione che aveva accumulato durante le operazioni ad un certo punto arrivava.

Un tempo avrebbe preso la penna e scritto un messaggio a una persona, ma ormai aveva smesso di farlo, chi non è con te sul campo non può capire, nonostante ci provi a farlo, la divisa, divide, per questo hai bisogno di una sedia, su cui sederti e riposarti, tirare un sospiro di sollievo e pensare a tutto ciò che hai passato, tutto ciò che hai provato, cambiare le emozioni negative in emozioni positive. Facendo qualcosa di costruttivo. 

Cucinare una torta di mele, facendo il sushi, l'importante era fare qualcosa di veramente difficile che lo metesse in difficoltà.

Il rumore ritmico della lama che batteva sul tagliere ogni volta che tagliava un pezzo di mela era l'unico suono presente nell'appartamento.  

Una volta disposte le fette di mela a forma di rosa sparse su ogni tortina un cucchiaio di zucchero di canna e infornò i dolci. 
Si pulì le mani e aprì Spotify premendo la freccetta senza prestare attenzione alla canzone in riproduzione, non gli importava cosa fosse, gli bastava non sentire il silenzio. 

"And I'd give up forever to touch you
'Cause I know that you feel me somehow
You're the closest to heaven that I'll ever be
And I don't want to go home right now"

Gian sobbalzò ascoltando le parole,  come sempre trovava la canzone giusta al momento giusto,  era una canzone da serie tv di quelle che si guardava lui, la classica canzone che conclude l'episodio, quando ormai il turno è finito e tutte le situazioni complicate si sono risolte o quasi, il caso è stato chiuso, le luci sulla scrivania si spengono e, mentre il protagonista si sta cambiando nello spogliatoio, i colleghi attorno a lui passano a salutarlo scambiandosi battute o commenti a cui risponde con frasi fatte o di cortesia, vede il collega più anziano di lui mentre indossa il suo giubbotto di pelle e saluta tutti con un "Ci vediamo domani." Diretto al suo posto nel bar frequentato da tutti i personaggi della squadra tranne lui che preferisce ritornare a casa.

"And all I can taste is this moment
And all I can breathe is your life
And sooner or later, it's over
I just don't wanna miss you tonight"

Il suono del timer lo distrassero per un momento, s'alzò dal divano e trasse fuori le tortine, erano perfette. Sorrise, ne avrebbe portate un po' a sua nonna e un po'ai suoi genitori. 

"And I don't want the world to see me
'Cause I don't think that they'd understand
When everything's made to be broken
I just want you to know who I am"

Pensò ai suoi compagni coanimatori, Edorardo, Luisa e Marco, Edoardo una volta gli aveva chiesto di cucinare per loro, non aveva risposto, perché non voleva sapessero come mai cucinava tanto. 

Certo cucinava anche per passione, altre volte invece cucinava per il nervoso, per sfogarsi senza dover prendere a pugni una colonna di cemento armato o piangere fino allo sfinimeto. 

And you can't fight the tears that ain't coming
Or the moment of truth in your lies
When everything feels like the movies
Yeah, you bleed just to know, you're alive

Mise su l'acqua per la pasta e inizò a preparare il condimento, affettò al cipolla per il soffritto e poi versò la salsa di pomodoro che però a contatto con l'olio bollente gli colpì il dorso della mano, sobbalzò mentre metteva un coperchio sopra la pentola per evitare che gli altri schizzi colpissero e sporcassero il piano cottura. Attese pazinetemente che l'acqua bollisse e nel mentre rifletté su tutto ciò che gli era successo in quei giorni, quante persone che facevano parte del suo passato aveva incontrato durante il servizio? Quante invece facevano parte del suo presente? Tante, forse troppe, ma in fondo se l'aspettava visto il "lavoro" che faceva. Gli era piaciuto che alcuno lo vedessero "Operativo" non il classico Gian ma in una nuova luce, come la sua ex-compagna scout o la mitica Retta o magari anche Elisa, che aveva incontrato per due volte in due giorni diversi ed in entrambi i casi erano riusciti a parlare senza imbarazzo.

Fissò il telefono, tutto taceva, il che era un bene, aveva del tempo per lui, cosa che non aveva quasi mai, ma che aveva imparato dover imparare a trovare ed utilizzare, solo che a volte non sai da cosa incominciare quindi ti focalizzi sui visi, sui semplici gesti e le parole più gentili. 

And I don't want the world to see me
'Cause I don't think that they'd understand
When everything's made to be broken
I just want you to know who I am

Scolò la pasta e ci aggiunse il condimento, lasciò mantecare e poi versò tutto in una ciotola, se ne preparò una porzione, ed apparecchiò la tavola per uno, mentre la canzone finiva:

"And I don't want the world to see me'Cause I don't think that they'd understandWhen everything's made to be broken"

Si sedette a tavola e dopo la preghiera inziò a mangiare guardando la televisione quando gli arrivò un messaggio da Benedetta "Ho bisogno dei biscotti alle gocciole, sono a questo indirizzo." recitava il testo. Gian alzò gli occhi al cielo mentre posava le stoviglie nel lavabo, si andò a cambiare, prese le chiavi della macchina, il distintivo e il suo fidato zaino. Bevette ancora un bicchiere e poi sistemò la sedia contro il tavolo e sorrise mentre usciva di casa. "Arrivo Benny." mormorò chiudendo con uno scatto la porta.  

"I just want you to know who I am

I just want you to know who I amI just want you to know who I amI just want you to know who I am"

Random - L'ordinario in mini raccontiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora