Era una sera come tante altre, Gian aveva appena finito di pulire il piano cottura della cucina quando il suo telefono suonò, incuriosito guardò la notifica sullo schermo e rimase paralizzato:
F: "Ciao Gian."
Rimase perplesso a fissare quel messaggio, dopo anni che non gli scriveva, dopo che l'aveva lasciato una volta finito il liceo. Finì di pulire e dopo essersi asciugato le mani decise di rispondere.
G: "Ciao."
F: "Come stai?"
G:"Sto bene, tu?"
F: "Sono tornata in Italia e volevo risentirti."
G:"Perchè?"
F:"Si tratta di una cosa complicata ed è difficile dirtela in chat."
G:"Avevi detto che avresti cancellato il mio numero."
F:"Anche tu."
G: "Cosa vuoi Federica? Sono le 21.30, piove, cosa vuoi."
F:"Parlare."
F:"Ti prego."
G:"So che me ne pentirò, ma dimmi dove."
F:"Alla nostra panchina."
"Hey, va tutto bene?" chiese Alessia apparendo dalla camera e riempiendo una ciotola con dei popcorn "Sto andando a fare una stupidaggine." Alessia lo osservò masticando "Ah, quindi il solito, va bene; se esci è finito il latte. Io guardo "Le cronache di Narnia, Il leone la Strega e l'armadio"." commengò dirigendosi verso il divano "Non seminare briciole per terra." Borbottò Gian "Prendi la pistola?"chiese Alessia ignorandolo e sedendosi con un tonfo sul divano, Gian fissò l'amica "No." "Allora non è niente pericoloso." commentò "Mi passi il telecomando e il plaid?" Gian sospirò poi le porse ciò che le aveva detto "Esattamente, dove vai?" "Alla Tesoriera." Alessia annì "Divertiti. E prendi l'ombrello. Piove." Gian annuì "A dopo."-
Il rumore delle gocce sul tessuto dell'ombrello erano come il battito cardiaco di una persona, rimico, costante, lineare.
Gian osservò l'ombrello verde sopra di lui, l'avevano preso in prestito dalla parrocchia con la promessa che l'avrebbero riconsegnato. Era da due settimane che lo tenevano.
La pioggia che cadeva rendeva scivoloso il marciapiede e lui per la prima volta in 9 mesi non indava le scarpe antinfortunistiche, l'ombrello verde lo destabilizzava, detestava i colori chiari sopratutto la sera. Attiravano troppo l'attenzione e lui era abituato ad essere un camaleonte, a mimetizzarsi nell'ambiente.
Si sistemò la giacca blu e rossa e andò verso il parco fino a quando non raggiunse una panchina sotto il Platano della Tesoriera, lo conteplò era privo di foglie, quasi come e si fosse assopito in attesa della primavera, c'erano poche persone in quel momento un paio di coppiette, un pensionato, un gruppo di ragazzi.Dei passi sulla ghiaia lo fecero voltare, si trovò di fronte una ragazza dai capelli castani, indossava un blazer nero, pantaloni marroni e scarpe nere "Ciao Federica." inizò guardandola negli occhi "Ciao Gianni." per un momento il rumore delle ultime gocce di pioggia che cadevano sui tessuti dei rispettivi ombrelli riempì il silenzio.
"Come stai?" "Abbiamo già parlato di come sto via messaggio." commentò incorciando le braccia "Come mai crei un muro tra di noi?" chiese Federica "Bhe, sai ho imparato che bisogna essere capaci di credarsi un'armatura." commentò fissando la ghiaia "Ad ogni modo, cosa vuoi?" "Volevo vederti." Gian strinse le dita sull'impugnatura dell'ombrello "Mi hai visto. Ora posso andare?" Federica alzò le spalle "Ti ricordi di questa panchina?" Gian annuì "Eravamo piccoli, inesperti, camminavamo troppo facilmente sul campo che sono le emozioni." poi la guardò in faccia "Sia quanto tempo ci ho messo da dopo che te ne sei andata a riprendermi?" "Ho sbagliato ad andarmene, perchè mi sono resa conto che io ti amavo, ho cercato di dimenticarti, ma non ci sono riuscita. Sono qui per dirti che andarmene è stato un errore." Esclamò Federica.
"Non è giusto." commentò Gian a bassa voce dopo un nuovo silenzio carico di tensione"Non è giusto; torni una sera e mi dici come se niente fosse che hai provato a dimenticarmi e non ci sei riuscita e adesso cosa vuoi che io cancelli tutto e ti dica riproviamoci? Sarebbe questo il tuo piano?" domandò "Chiedimi se sono felice." disse guardandola in faccia"Chiedimi cosa ho fatto in questi anni, sai quante cose ho portato avanti? Ho trovato una ragazza che ha saputo rimontarmi pezzo per pezzo, ha saputo rimuovere la mia corazza emotiva. Questa ragazza ha avuto successo dove tu hai fallito." esclamò fissandola in faccia "Ho un gruppo parrocchiale con animati che hanno mille problemi e che a volte mi fanno disperare, ma non mi hanno mai fatto dubitare la mia scelta. E tu vorresti che cancellassi tutto per te?" Federica strinse le spalle "Vorrei che questa panchina fosse ancora nostra." Gian scoppiò a ridere "Già, anche io l'avrei voluto, ma su questa panchina ci sei stata con Mario, Luca, Angelo, quanti altri, sapevi che mi piacevi? Immagino di si, insomma, era palese e mi hai lasciato credere che avrei avuto una possibilità con te, ma tutto si ruppe quando ti vidi con Mario su questa panchina. Questa era la nostra panchina quando ancora esisteva un noi, ora io non vedo nient'altro che una panchina bagnata dalla pioggia." Commentò sorridendo "Questa ragazza mi ha insegnato che indietro non si torna, nemmeno per prendere la rincorsa, quindi la mia risposta è no, non tornerò indietro." poi le sorrise "Ciao Federica." Dalla tasca trasse fuori le cuffie e se ne andò. Stava ricominciando a piovere.
"Sono a casa." esclamò appoggiando le chiavi sul mobiletto dell'ingresso, appese la giacca accanto a quella dell'amica e la sentì bagnata, in quel momento Alessia apparve asciugandosi i capelli "Hai preso il latte?" Gian le mostrò il sacchetto "E tu invece non hai preso l'ombrello." Alessia alzò un sopracciglio "Perché?" "La tua giacca è bagnata." Alessia alzò le spalle "Ho fatto la doccia." commentò "Ah e mi stai dicendo che l'hai fatta con la giacca?" Alessia annuì "Ah, okay." rispose Gian mettendo in frigo il latte "Quindi immagino non fossi tu la ragazza che ho notato vicino all'ingresso con i capelli biondi." Alessia alzò le spalle "Non so di cosa tu stia parlando." commentò "Certo, lo immaginavo." commentò Gian "Allora, hai finito i pop corn?" chiese fissando la ciotola semi piena sul divano "Non ho nemmeno finito il fim." Rispose Alessia "Ti va di finirlo?" Gian annuì.
Una volta sul divano Alessia lo fissò "Va tutto bene?" Gian annuì "Si. Va tutto bene."
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Random - L'ordinario in mini racconti
ContoNella monotonia della nostra routine siamo sempre di corsa, tendiamo a vedere le cose da una sola prospettiva, crediamo che esista un solo modo di vedere le cose. Ma siamo realmente sicuri che ciò che vediamo sia solo quello che i nostri occhi e la...