L'isola del Tempo Sospeso

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L'aria fredda della notte lo portò nuovamente alla realtà, Gian inspirò profondamente godendosi quelle sensazioni che sentiva.

Gli piaceva viaggiare di notte, perché di notte poche sono le persone che si muovono, e l'autostrada era più libera. 

Era in viaggio su un pullman per la Capitale, Roma. 

Mille pensieri avevano popolato la sua mente fino al magico "FIATO SOSPESO" che come una lama aveva distrutto tutti i pensieri difficili e complicati. 

In pullman era stato molto silenzioso limitandosi ad ascoltare la musica e lasciando la sua mente libera di viaggiare. 

Quando la Tour Manager aveva avvisato che si sarebbero fermati per una sosta il pullman si era improvvisamente animato, poi quando le porte si erano aperte gli altri viaggiatori erano corsi verso l'Autogrill desiderosi di un caffé, uno spuntino, riparasi dalla pioggia o magari anche solo in cerca di una distrazione. 

A Gian sembravano falene che correvano attratte dalla luce dell'insegna della stazione di servizio che grazie alla nebbia presente in quella zona la faceva sembrare più luminosa. 

Dopo essersi sistemato la felpa entrò anche lui nell'enorme edificio, la luce abbagliante che emanava all'interno gli fece un momento socchiudere gli occhi e quando li riaprì si trovò di fronte l'essenza del Capitalismo. 

Sugli scaffali o in enormi cestoni c'erano prodotti colorati, profumati di ogni forma e dimensione, scatole di biscotti da 50 cm, stecche di cioccolata grandi quando una tastiera da PC, chupa Chups la cui testina era grossa quando un pallone da calcio. 

Camminò in silenzio osservando divertito i prodotti esposti, solo lì erano venduti, solo negli autogrill potevi trovare un secchiello di patatine da 5 litri o damigiane di grappa da due litri. 

Attorno al bancone il resto dei compagni di viaggio si affollavano ordinando o gustando le loro ordinazioni date da impiegati che passavano dalla quiete di quella notte ad una improvvisa frenesia. 

Dopo esser stato in un bagno, andò a guardare i tavolini della zona ristorazione, anche loro sembravano addormentati in attesa del giorno successivo. 

Spostò una delle sedie e si sedette guardando fuori dalla finestra l'autostrada. 

Poche macchine passavano, alcuni TIR e pullmam, i coni dei loro fari illuminavano temporaneamente la strada e anche la sala ristorazione. 

Tutto gli sembrava sospeso lì dentro, una bolla. 

L'autogrill era un isola in un fiume che non si fermava mai. 

Ogni tanto qualcuno entrava, si perdeva per un momento dentro e poi sarebbe ripartito per la sua destinazione.

Magari non sarebbe mai più tornato in quella stazione di servizio ma ne avrebbe vista un'altra magari chilometri dopo, trovando però gli stessi prodotti che aveva visto in precedenza. 

Gian si alzò e si diresse di verso l'uscita, solo che per raggiungerla dovette passare per la zona giocattoli e gadget, disposti in maniera tattica per cui, qualsiasi famiglia con bambini fosse entrata, una volta riuscitasi a staccare dai colori dei precedenti colori si sarebbe trovata di nuovo bloccata in una nuova trappola fatta di giochi e peluche giganti. 

Una volta uscito alzò lo sguardo al cielo e fissò la luna e quando prese il telefono per fotografarla una nuova canzone entrò in cuffia: 

"Call of Silence." 

Rimase in silenzio a contemplare quell'ambiente di passaggio creato nel vuoto e nel buio. Cercando di trovare le parole giuste per descrivere ciò che sentiva da un lato sarebbe voluto rimanere per sempre lì, in quella situazione a guardare il resto delle auto e dei veicoli che si muovevano davanti ai suoi occhi come se stesse guardando un film, dall'altra parte sapeva che sarebbe dovuto presto tornare anche lui in quel flusso. 
Fece un respiro profondo quando una figura apparve vicino a lui: 

"The moon is beautiful, isn't it?" 

La fissò un momento, era controluce, il cappuccio ne mascherava il viso, il profumo che gli arrivò gli ricordò una persona ma non riuscì a identificarla: 

"Chi sei?" 

"Qualcuno a cui un giorno potrai dire: "I can die Happy." 

Rimase sconcertato pensando che fosse un'allucinazione: 

"E quando sarà quel giorno?"

La figura sembrò voler parlare ancora ma poi si volse e sparì di nuovo nella notte, fece per seguierla quando si sentì afferrare per una spalla e voltandosi vide damian: 

"Gian, è ora di tornare a bordo, tutto bene?" 

Lo fissò un momento, voltandosi di nuovo verso il piazzale vuoto:

"Si... credo di sì." 

"Hai avuto un miraggio?"

Esclamò Damian:

"Forse." 

"Bhe, allora sali a bordo, che hai bisogno di dormire." Concluse l'amico prima di salire sul mezzo. 

Gian fissò la porta illuminata del pullman il cui motore ruggiva sommessamente, poi guardò il piazzale, la stazione di servizio la cui scritta sovrastava ancora quello spazio, abbracciò un ultima volta quell'ambiente e poi salì.

Con un sibilo la porta si richiuse alle sue spalle e il veicolo si mosse lentamente rientrando nel flusso lasciando alle sue spalle quell'isola dove il tempo era sospeso. 



NDA: 

"The moon is beautiful, isn't it?" è un modo per dichiararsi nella lingua giapponese, la sua risposta è "I can die Happy.". 

Random - L'ordinario in mini raccontiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora