"Ha solo bisogno di tempo" disse stancamente Giulia uscendo dalla camera di Gian, alla fine si erano detti addio, dopo 5 anni di amicizia profonda si erano detti addio o meglio, Gian le aveva detto "A presto.".
Giulia guardò l'altra Giulia, entrambe erano preoccupate per Gian, ma sapevano com'era fatto. Combatteva sempre, anche se era allo stremo, cercando di trovare sempre una soluzione.
Quella volta però era diverso e l'avevano capito tutti, stavolta Gian era a terra sul serio. Si era sottratto agli abbracci di Giulia, era rimasto impassibile alle urla di Cecilia che lo spronavano a reagire, aveva lasciato il controller che Damian gli aveva porto. Più distanti da Gian c'erano Dario e Oscar, nessuno dei due aveva parlato subito.
Dario aveva già esposto la sua idea e si era addirittura arrabbiato quando Gian si era levato a difenderla e questo aveva sorpreso tutti, nonostante l'avesse lasciato ferito Gian l'aveva difesa, di nuovo. Dario però sembrava non voler sentire storie. Era quel tipo di persona senza mezzi termini, o qualcosa gli andava bene, o la odiava. Aveva distrutto il cuore del suo migliore amico troppe volte e per quanto Gian potesse ancora perdonarla, aveva ferito il suo amico e questo gli bastava. Oscar era un tipo ragionevole e non poteva farle una colpa se aveva deciso così, Gian se ne sarebbe dovuto fare una ragione e andare avanti, per quanto doloroso potesse essere.
"Starò bene." aveva esclamato sorridendo in parrocchia, ma tutti i presenti avevano visto oltre quel sorriso una ferita profonda. Alcune ferite non possono essere curate solo dal tempo, alcune ferite sono come lesioni infette che continuano a sanguinare, ogni giorno, ogni minuto, ogni secondo, continuano a fare male e loro ne erano consapevoli. Ma cosa avrebbero potuto fare?
Gian usciva al mattino per andare a lezione, rientrava a casa alle 17, lavorava al pc, mercoledì andava a gruppo di catechesi, rientrava la sera tardi e andava a dormire, ogni giorno faceva quelle cose, domenica andava a messa, si occupava dell'oratorio, poi tornava a casa, rideva, scherzava ma se non lo si guardava il suo sorriso spariva.
Erano passate troppi giorni da quell'episodio e Ginevra aveva minacciato di sfondare la porta pur di risvegliare Gian dal quel torpore. Ma Giulia sapeva bene che era anche compito suo, salutò l'altra giulia Giulia che usciva con il suo ragazzo e una volta chiusa la porta di casa si era diretta spedita verso la camera di Gian, voleva mettere un punto a quella situazione anche a costo di farsi insultare.
"Gian, posso entrare?" chiese bussando alla porta. Non udì risposta, entrò e si ritrovò nella stanza buia, illuminata dalle luci della città, di fronte alla finestra, c'era Gian, seduto a gambe incrociate, il suo telefono riproduce va "PAN" di Ragazzo Xso .
"Gian?" "Sto meditando." rispose senza voltarsi, si sedette sul letto di Gian "Senti, è tutto okay?" "Non sento nulla." aveva commentato "Riesci a piangere?" di nuovo nessuna risposta. Giulia non si era preparata nessun discorso ed improvvisamente Gian si sentì abbracciare alle spalle, Giulia lo sentì irrigidirsi, entrambi non amavano il contatto umano, per un istante ebbe paura che Gian avrebbe reagito male, poi però lo sentì nuovamente rilassarsi.
"Siamo tutti preoccupati per te." iniziò staccandosi "Non mi stancherò di ripeterlo ma devi andare avanti Gian. Lentamente ma devi farlo, non ti fa nemmeno bene, devi essere egoista e pensare a te per una volta." mormorò "Devi affrontare il problema e poi uscirne." Gian la fissò e lei lesse tutto ciò che stava combattendo, non servivia essere empatica per saperlo. Tempo addietro Gian era stato quello che le aveva teso la mano e l'aveva aiutata, senza battute, senza risate, ascoltandola, sostenendola e ora lei si sentiva in dovere di aiutarlo, glielo doveva, Gian le ripeteva che non aveva fatto nulla ma per lei non era così.
Lo osservò, sapeva bene che Gian a volte era un ragazzo infantile. Dolce, simpatico, con tanto bisogno di dare e ricevere amore, ma anche molto infantile. Per quanto ne sapeva lei, certo poteva ricordare quello che le aveva detto, sicuramente lo pensava ancora, sicuramente sapeva anche lui di non essere solo, di avere tanti amici, sapeva che tutti loro erano dispiaciuti per quello che era successo, ma non era abbastanza. Lui rivoleva solo lei.
Si era ritrovato abbandonato dalla persona che più aveva amato al mondo ed era anche probabile che, in fondo al cuore, non avrebbe mai smesso di amare quella persona, non avrebbe mai smesso di sperare che tornasse un giorno.
Lo sguardo di Giulia si rattristò, rendendosi conto che non avrebbe potuto fare molto per aiutare il suo amico. Forse lui era molto più complicato di quanto avesse immaginato, forse lei semplicemente non avrebbe potuto consolarlo perchè non ne era capace.
Lasciò scivolare la mano sulla sua guancia, promettendosi che quello era l'ultimo tentativo, che poi l'avrebbe lasciato in pace.
Finalmente, però, fu Gian a muoversi. Decise di non aprire bocca, solo gettò le braccia al collo della ragazza e la strinse forte a sè, affondando il viso nel suo collo e nei capelli corti.
E poi lo sentì piangere, sorrise, mentre gli accarezzava le spalle "Sono qui Gian, siamo tutti qui." "Sarebbe più facile se mi odiassi." momorò lentamente con la voce spezzata, Giulia lo fissò "Come mai?" "Potrei diventare leggermente odioso e presupponente, oltre che terribilmente ironico o simili, se non te la senti, puoi lasciarmi andare, tanto sai dov'è la porta." esclamò "Si, so come diventi, e no, non ti lascio." "Perché no? E' la via più facile. Se mi odi, se tagli i ponti, è più facile, lo ha fatto lei, lo puoi fare anche tu." mormorò Gian fissandola negli occhi "Ma la smetti?" Esclamò Giulia "Penso tu l'abbia capito." rispose sorridendo "Ma sto cercando di farmi odiare da te." "Notizia Flash, non funziona." "Sono uno stupido." esclamò Gian alzandosi "Finalmente l'hai capito." "Sto accettando che sono uno stupido che tiene troppo agli altri, che si fa in quattro per tutti." mormorò, Giulia gli tolse gli occhiali "Si sei uno stupido, che dovrebbe pensare un di piu a se stesso, non dico tralasciare gli altri ma pensare anche a te."Gian la fissò "Perché lo fai? Cosa ti spinge a voler stare accanto a me? Sono solo uno che può essere rimpiazzato, lo farai anche tu, lo faranno tutti." Giulia strinse le labbra, "Mi hanno sempre rimpiazzato e non mi dire che non lo farai anche tu, non puoi saperlo, ma io so che ci sarà sempre qualcuno migliore di me." Giulia gli mise una mano sulla bocca "Ora basta Gian, la tua autocommiserazione deve finire, tu hai il tuo posto nella mia vita, altre persone un altro se conoscero nuove persone ne avranno un altro ancora, ma io ci sarò lo stesso okay?" a quelle parole Gian la abbraccio e Giulia sorrise stringendolo, per una volta non erano animatore e animata, erano solo Gian e Giulia.
Forse lei non era la persona giusta per lui, forse, prima o poi, sarebbe arrivato qualcuno che si sarebbe potuto prende cura di lui e che lo avrebbe reso felice. In quel momento, però, di una cosa era certa, fino a quando non sarebbe arrivato quel momento, Gian poteva sicuramente contare sui suoi amici, che avrebbero fatto quadrato attorno a lui, poteva contare su di lei. Perchè non lo avrebbero mai abbandonato.
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Random - L'ordinario in mini racconti
KurzgeschichtenNella monotonia della nostra routine siamo sempre di corsa, tendiamo a vedere le cose da una sola prospettiva, crediamo che esista un solo modo di vedere le cose. Ma siamo realmente sicuri che ciò che vediamo sia solo quello che i nostri occhi e la...