"Secondo te cosa devo fare?"
Esclamò Gian mentre fissava la condensa del 6 pieno di studenti, Giulia di spalle rispetto a lui rimase in silenzio un momento, poi lo fissò:
"Riesci a rielaborare questa domanda, non ho capito."
La osservò un momento in silenzio rendendosi conto che lo stava facendo non per lei, bensì per lui, era una presa di responsabilità anche quella.
"Voglio dire secondo te cosa devo fare? Non so con quale animo sto scendendo a Roma, cioé sono passati 9 mesi e io sono cambiato. Non so se andare fino in fondo e dirle tutto ciò che penso."
"A che scopo?"
Gian alzò le spalle: "Non lo so, probabilmente rivincita personale, dirle le cose che mi hanno infastidito, cosa del suo comportamento mi ferisce."
Giulia alzò le spalle:
"Dipende, sei capace di dirle le cose senza risultare stronzo?"
"O sono gentile o le dico la verità." Replicò ostile Gian
"Ed è qui che ti sbagli, la verità si può anche dire senza per forza essere stronzi."
"Dici?"
"Affermo."
L'autobus diede un nuovo scossone facendo vacillare i passeggeri:
"Non so davvero cosa fare, se le dico la verità magari si offende e poi si tronca il rapporto."
Giulia rimase in silenzio:
"Gian oggettivamente, non vi vedete da Aprile, lei ha fatto di tutto durante l'estate, ti è venuta a cercare solo quando le faceva comodo o mi sbaglio?"
Quell'osservazione fece balenare in mente a Gian lo spettro di sua madre che diceva la stessa cosa ogni volta che lui nominava una delle sue amiche: "Tutte amiche tue fino a quando non trovano qualcuno con cui stanno meglio e tu diventi solo uno come tanti altri."
Si morse la lingua pensando che aveva detto la stessa cosa di Giulia.
"Vabbé però quando avevo bisogno c'era."
Provò a controbattere Gian, Giulia lo fissò da oltre la spalla:
"Davvero? Davvero Gian? Dimmi, quante volte sei stato male e lei c'è stata? Quante volte sei stato male e lei ti ha sostenuto?"
Era incredibile come Giulia sapesse già le risposte ma voleva che fosse lui a dargliele:
"Poche volte, ma non è una gara di meriti Giu, io sono io."
"Proprio perché sei tu, ti dico queste cose, tu sei importante per loro fino a quando non trovano qualcosa di meglio, pensa a quando ti scriveva in Inghilterra, ti ha scritto quando stava sola, quando si sentiva sola, e aveva bisogno di qualcuno che fosse pronto a farle da giullare e pronto ad ascoltarla."
"Proprio come Irene."
Mormorò Gian.
"Gian, ti dico queste cose perché tengo a te."
"Tanto sono un 19."
Rispose Gian, beccandosi poi un pestone da Giulia:
"Questo era meritato."
Esclamò l'amica quando la fissò irritato:
"Non fa meno male."
Replicò Gian mentre scendevano dal pullman.
"Dimmi, è meglio portare avanti una storia che fa male o troncare bruscamente?"
Esclamò mentre andavano verso la metro:
"Come dici?"
"Dico con A. secondo te qual è stata la scelta migliore? Troncare o portare ancora avanti la storia."
Gian alzò le spalle: "Anche se abbiamo troncato gli strascichi li vediamo ancora oggi in me."
"E quindi? Gian le persone cambiano, o vuoi per sempre restare quello che ascolta le sue lamentele mentre si fa altre persone e tu stai lì in attesa di qualcosa."
Poi sorrise: "Il tuo errore è stato cercare una come A. per colmare il tuo vuoto."
Gian annuì: "Ero appena arrivato in villaggio, ho trovato lei e come un naufrago in una tempesta mi sono aggrappato a lei come se fosse una zattera."
"Ma Gian, alla fine quella zattera non salva, certo, ti tiene a galla, ti tiene la testa fuori, e si ti fa vedere la riva, ma per raggiungerla devi muoverti tu, non puoi pensare che sarà la zattera a portare te alla riva, non è lei la soluzione, la soluzione la devi trovare da te. "
"Io voglio rivederla perché magari poi facciamo un viaggio insieme e recuperiamo il tempo perso ma so che tutte le storie che mi sto raccontando sono un semplice limite."
Giulia annuì: "Non posso dirti cosa fare Gian, tu sei tu. Questa è la vita."
Gian le sorrise: "Questa è la vita. Una vita di forse. Non so cosa accadrà, quando la rivedrò però non ho più intenzione di vincere una partita per cui non ne vale la pena, la mia vita ha già abbastanza casini, non devo per forza cercarne altri."
Giulia lo fissò con un sorriso:
"Questo discorso diventerà un Random?"
Gian rimase un momento pensieroso:"Penso di si, questo discorso sarà un random. Sai tu sai essere la mia scintilla nella scrittura."
"Che devo dirti? Sono la migliore." Ammise pavoneggiandosi Giulia.
La metro si fermò in quel momento alla sua sua stazione:
"Devo andare."
"Okay."
"Ti scrivo."
"Va bene."
"Ti voglio bene."
"Lo so."
Le porte si richiusero e Gian si diresse verso la scala mobile, che l'avrebbe portato di nuovo in superficie, dove si sarebbe sentito più leggero.
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Random - L'ordinario in mini racconti
Short StoryNella monotonia della nostra routine siamo sempre di corsa, tendiamo a vedere le cose da una sola prospettiva, crediamo che esista un solo modo di vedere le cose. Ma siamo realmente sicuri che ciò che vediamo sia solo quello che i nostri occhi e la...