Un tonfo e poi un lamento strapparono Alessia dal mondo dei sogni, sbuffò e lanciò un gemito soffocato dal cucino, dell'ammasso di coperte fece uscire un braccio cercando la radiosveglia.
Le 2.30 di notte "Gian ti ammazzo." commentò alzandosi dal letto, lo trovò seduto su una sedia a massaggiarsi la nuca "Che hai fatto?" domandò entrando nella cucina "Oh, Ale, niente tranquilla. Volevo prendere un cucchiaino e non ho visto l'anta aperta." commentò a bassa voce "Come mai sei sveglio?" "Avevo sete." "E un cucchiaino è utile per bere vero?" Gian la fissò sorpreso "Gian, stai bene?" domandò Alessia incrociando le braccia "Starò bene." rispose fissando il piano cottura.
"Se la metti così allora vado a dormire." commentò voltandosi e andando verso la sua stanza "Ti devo chiedere scusa." esclamò Gian lanciando il cucchiaino nel lavello che risuonò forte "Io non sto bene, non sto bene da quando Giulia mi ha detto una settimana fa che ero un grande amico, che il rapporto che ho con lei è unico e irripetibile ma non vuole nient'altro. Ho detto che stavo bene perché come sempre applico il metodo "ignora e vai avanti". Mi sono concentrato sulla visita del Cardinale in parrocchia, l'uscita con Federica e non mi sono preso cura di me.
La mia delusione e la mia tristezza sono diventate frustrazione che si è riversata a macchia d'olio su tutta la settimana, ho gestito male gruppo, l'oratorio ieri è stato pessimo, poi tu sei andata a quella festa e le mie difese hanno ceduto quando mi hai detto di quel ragazzo, una delle mie paure è apparsa e io ti ho detto che stavo bene, ogni volta che tu mi chiedevi se stessi bene, io ti dicevo di si, perché è facile dire che stai bene anche se vorresti urlare o scaricare un caricatore su una sagoma al poligono, poi cambi caricatore e continui a sparare fino a quando la tua sagoma non ha così tanti buchi da poterci vedere attraverso. Mi dispiace perché ti ho mentito..." "Basta così." la voce di Alessia fredda come una cascata di montagna e tagliente come un coltello fermarono il suo discorso.
"Gian, ho notato che la tua vita non andava bene, era ovvio. Ed è normale." rispose sedendosi di fronte a lui "Se lo sapevi, perché hai lasciato correre?" esclamò Gian, poi si fermò "Era una domanda, non un accusa." "Gian, non posso costringerti a parlare, nel caso in cui tu non lo faccia magari è perché in quel momento non vuoi o non ti senti e va bene così." rispose Alessia, Gian scosse il capo "Mi sento in colpa perché non è giusto nei tuoi confronti." Ale scosse il capo alzando le spalle "Non è vero, non sarebbe giusto se io ti costringessi a parlare, non sono un poliziotto, se vuoi dirmi qualcosa lo fai, se no o comunque lo fai quando te la senti." replicò "Ma ti ho mentito." "Magari a voce l'hai fatto, ma non c'era bisogno di dirmelo per capirlo Gian, credi non abbia notato che sono misteriosamente riapparse le riviste di guerra sul tuo comodino? I tuoi guanti da Boxe appesi sul termosifone ed ho sentito il rumore del sacco quando viene colpito. I Lego sulla tua scrivania da quanto tempo sono lì? Di come da un giorno all'altro sulla lista dei "Da rivedere" sono comparsi film di guerra, così come i giochi più usati erano COD e Halo? Guarda che lo so come fai, ti chiudi in cose che puoi controllare e che puoi gestire." commentò "So quando menti e so quando cerchi di nascondere qualcosa." Gian la guardò "Posso chiederti come fai?" "Perché io ti conosco. Non scordarlo mai." rispose sotenendo lo sguardo.
Poi gli sorrise "Lo so che ti piaceva e ti servirà del tempo per rialzarti però sappi che qualsiasi cosa accada, io sarò sempre qui. Perché ho visto i tuoi momenti migliori e anche quelli peggiori ma sono sempre stata accanto a te come tu hai fatto con me." commentò Alessia con uno sbadiglio "Grazie." disse Gian fissandola negli occhi "E scusami, ho sempre paura che tu mi possa lasciare per qualcun'altro, ho paura che un giorno troverai il ragazzo giusto e io bhe sarei semplicemente sostituito, non sono uno che mostra il suo affetto in maniera così esaustiva e..." Alessia gli sorrise "Gian, sei il mio migliore amico e poi non vorrei dare a qualcun altro il fardello di controllarti per evitare che tu ti faccia male o venga coinvolto in situazioni pericolose che vai volutamente a cercare." Gian annuì "Ti è toccato." "Cappuccino, due ciambelle o pancakes, scegli tu, ma domani mattina li voglio a colazione." disse avviandosi verso la sua stanza "Perché dovrei?" Alessia lo fissò "Sono le 2 di notte, dammi ragione o ti do un calcio." Gian le sorrise "Buona notte Ale." Alessia lo fissò un ultima volta "Stai bene?" Gian annuì seriamente prima di entrare in stanza "Si, ora sto bene."
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Random - L'ordinario in mini racconti
Short StoryNella monotonia della nostra routine siamo sempre di corsa, tendiamo a vedere le cose da una sola prospettiva, crediamo che esista un solo modo di vedere le cose. Ma siamo realmente sicuri che ciò che vediamo sia solo quello che i nostri occhi e la...