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“La pioggia è molto poetica, ma sfortunatamente anche molto bagnata,” disse l’uomo, passandosi una mano tra i capelli ancora umidi.

“Ha ragione! Magari vorrebbe avere un tavolo vicino alla vetrina?” chiesi, posando il vassoio, mentre Marc poggiava la tazza di americano sul bancone. L’uomo avvolse le sue dita arrossate dal freddo attorno alla tazza di caffè, “Perfetto.”

Velocemente attraversai il negozio, raggiungendo due tavoli accanto alla vetrina, alla destra della porta. Erano entrambi piccoli e per due persone.  Quello più lontano dalla porta, con il divanetto, era quasi al buio. Presi la candela dal tavolo e la accesi, sorridendo quando la luce si espanse tanto velocemente. Il mosaico colorato appeso al muro era bellissimo illuminato. La luce arancione della candela illuminava il tavolo e il divano di pelle verde- fu allora che lo vidi per la prima volta.

Era poggiato perfettamente sul quel tavolo, così invitante. La pelle marrone che ricopriva il diario era morbida ed era facile capire che era stato usato molte volte; i bordi delle pagine erano rovinati, rendendolo spesso e pieno di parole. Spostando gli occhi da quel piccolo oggetto, mi  chiesi a chi appartenesse- nessuno era nelle vicinanze, nessuno si era accorto della mia piccola scoperta. L’uomo con l’americano stava ancora parlando con Marc. Qualcuno lo aveva dimenticato- quante volte mi era capitato di trovare borse, sciarpe e una volta anche una macchina fotografica.

Ma questa volta era diverso. Era così… personale. Magari era un diario? Un taccuino? Come si fa a dimenticarlo? Un altro pensiero si fece spazio nella mia mente; e se era stato dimenticato di proposito? Magari qualcuno voleva che questo diario venisse trovato da qualcun altro.

La luce tremava sulla superfice di pelle del piccolo oggetto, rendendolo quasi magico. Non riuscivo a distogliere lo sguardo, affascinata dall’idea di cosa ci potesse essere dentro. Mi formicolava tra le dita e senza ulteriori indugi lo presi in mano. La pelle era soffice a contatto con le mie dita. Lo tenni stretto, come se avessi paura di danneggiarlo, facendolo cadere.

Era davvero strano trovare in giro un oggetto simile, pensai, guardando il diario tra le mie mani, osservando ogni parola scarabocchiata sulla copertina e i disegnini di stelle stilizzate. Sorrisi quando mi resi conto che c’era davvero qualcuno che teneva un diario. Mi piaceva l’idea che non tutti tenessero i propri ricordi online o erano troppo occupati nella vita per prendersi del tempo e scrivere. Antiquato e intimo. Magari era di un hipster che faceva quello che molti volevano fare, ma che solo pochi facevano in realtà; tenere un diario unico e personale. Le persone che tenevano un diario avevano pensieri e storie nascoste. Quindi erano interessanti. E io ero curiosa. Dio se ero curiosa.

Velocemente allentai la cinghia di pelle che teneva insieme il diario. Mi convinsi che era solo per trovare indizi sul proprietario- magari un nome? Un indirizzo? Magari anche il numero di telefono? A chi poteva appartenere? I miei occhi scorsero velocemente sulle pagine piene di parole, scritte con la stessa calligrafia. Anche se cambiava leggermente di volta in volta, così come il colore dell’inchiostro.

Nella luce soffusa faticavo a leggere le parole scritte su quelle pagine, contenenti tutti i tipi di segreti e pensieri. Le mie dita accarezzarono lievemente l’inchiostro, le macchie di caffè, gli scarabocchi e le partite di tris, che erano visibili ai margini. Sorrisi ancora di più vedendo quei giochi- magari era di qualcuno che aveva dei figli? Magari quella persona lavorava con i bambini? Magari era qualcuno che da piccolo aveva perso un sacco di partite di tris e ora si stava esercitando senza motivo?

“Allora è libero questo tavolo?”

La voce mi distolse dalla mia indagine, facendomi chiudere il diario bruscamente, come se fossi stata scoperta a far qualcosa che non avrei dovuto fare. Sentii le mie guance andare a fuoco mentre sorridevo all’uomo dai capelli bagnati e l’americano.

“Certamente signore, se ha bisogno di qualcosa, me lo faccia sapere.”

Parecchie domande mi stavano infestando la mente;  chi era lo scrittore? chi aveva dimenticato questo piccolo tesoro? E perché?  Lo avevo guardato neanche per due secondi, prima dell’interruzione e già non vedevo l’ora di esplorare quelle pagine di nuovo.

Quando l’uomo si sedette, tornai dietro al bancone, affascinata dall’oggetto nelle mie mani. In quel momento la porta si aprì. Il rumore della pioggia diventò più forte quando entrarono; un gruppo di otto studenti universitari, tutti con i capelli bagnati, le guance e il naso rossi e senza fiato. Ci avrebbero tenuti occupati per un po’ di sicuro. Andai nella stanza dei dipendenti e misi il diario nella mia borsa- lo avrei controllato per altre informazioni sul proprietario quando sarei arrivata a casa.

the journal - h.s. [Italian]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora