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Riscaldando del latte in una tazza e mescolando il liquido bianco, la mia mente vagava, colma di pensieri. Il mio cuore si sentiva più pesante e i miei occhi erano impazienti di leggere altre pagine. Questo diario era così personale. Era destinato ad essere usato per le cose più piccole che questa persona voleva ricordare. E ora- visto che era in mio possesso- c’era la lieve possibilità che la persona se le stesse dimenticando. A meno che non fossi riuscita a restituirlo al legittimo proprietario. La mia teoria che il diario era stato dimenticato di proposito era  svanita, dopo la realizzazione di tale valore. Provando a concentrarmi, cercai di trovare un modo per restituire l’oggetto. Dovevo.

Dopo essermi versata del caffè e del latte nella tazza con scritto “Amber” a lato, ritornai al mio posto proprio illuminato dal fascio di luce del sole che entrava dalla finestra accanto al mio letto. Presi un sorso e poi sostituii la tazza con il diario. Lasciai i miei occhi scorrere le pagine, ancora una volta- ora con sempre più voglia e convinzione di trovare il proprietario.

Sorpresa che le pagine seguenti fossero piene di poesie o testi di canzoni, lessi attentamente ogni parola. Erano bellissime. A volte riempivano l’intera pagina- e c’erano parole di canzoni ai bordi, che non riuscivo a capire. Altre volte c’era solo una semplice frase- magari anche una sola parola.

Il piccolo pentagramma con delle note musicali mi fece sorridere. Non solo questa persona era piena di pensieri e parole che non dovevano essere dimenticate. Era anche piena di musica. Potevo solo immaginare come era bella la melodia, come stesse bene con l’aura che trasmetteva il diario. Dopo ogni parola, la persona diventava sempre più interessante. Profonda. Più bella. Più pura e vera.

In particolare, un paio di frasi attirarono la mia attenzione. Erano scritte in rosso e mi immaginai un ragazzo giovane illuminato dal sole, con il diario sulle gambe, alla mia finestra, mentre delle particelle di polvere vagavano nel sole. Come si sederebbe in silenzio a scrivere parole e appunti, che venivano come un suono da dentro. Si sederebbe lì con la testa piegata tra le pagine piene di parole, mentre l’unico suono udibile proveniva dalla sua penna, a contatto con la carta. Come se tutt’intorno si stesse aspettando che lui potesse tornare ad essere libero, dopo aver svuotato il suo cuore su quelle pagine.

Don’t let me

Don’t let me

Don’t let me go

‘Cause I’m tired of feeling alone

I miei occhi indugiarono su quelle parole per un po’, mentre la luce si spostava sul pavimento, col passare del tempo. Sospirai, sorridendo, voltando la pagina. Certamente non mi sarei dimenticata di quelle parole.

“Non sarei dove sono oggi se non mi fossi impegnato così tanto, Harry. Non lo capisci, stupido ed ignorante ragazzo?”

Le virgolette erano enormi. Tre volte più grandi delle lettere. La parola ignorante era stata sottolineata due volte. Con forza. L’inchiostro era sbavato, probabilmente le parole erano state scritte molto rapidamente. Con aggressività, quasi.  Il modo in cui le parole che seguivano quella frase mi fecero salire il cuore in gola e onestamente mi sembrava che non dovessi leggere quello che veniva dopo. Era scritto a matita, chiaramente in contrasto con le parole precedenti. Nelle prime pagine la scrittura era calma e bellissima- questa invece era diversa. Questa veniva da un’altra parte del cuore. Da una parte buia e arrabbiata. Deglutii mentre dei brividi mi percorsero la schiena, improvvisamente i raggi del sole non erano più così caldi e confortevoli. L’odore del caffè non era poi così gradevole. E le particelle di polvere che prima brillavano al sole, ora erano cadute a terra. Era come se una nuvola fosse arrivata, avesse oscurato il sole e avesse sprigionato freddo . Era successo tutto in un secondo e il mio sorriso si era spento.

Quando i miei occhi si concentrarono sulla seguente parola, che realizzai essere ‘Benjamin’ un rumore mi colse alla sprovvista e mi fece sussultare. Velocemente mi guardai attorno, dimenticando il fatto di essere nel mio appartamento e che stessi vivendo la normale vita di Amber Moore. Tornai alla realtà e riconobbi il suono, come la suoneria del mio telefono. Che tempismo. Posai il giornale sulla mia sedia, scocciata, visto che non vedevo l’ora di scoprire cosa c’era scritto dopo. Corsi attraverso la stanza, presi il mio telefono dalla tasca della giacca, che non avevo ancora spostato dalla sua postazione sul pavimento. Schiacciai il tasto verde, “cosa c’è?” I miei occhi tornarono sulla sedia su cui lo avevo lasciato.

Harry. Era quello il nome dello scrittore? O quella frase era rivolta a qualcun altro? Magari il proprietario aveva detto quella frase a qualcuno di nome Harry?

“Amber! Grazie a Dio hai risposto. Né Eric né Marc hanno risposto al telefono e tu eri la mia ultima chance. Puoi venire oggi? Tra 45 minuti? So che abbiamo quell’appuntamento alle 2, ma ho disperatamente bisogno che uno di voi baristi insegni alla nuova arrivata come funziona Artie,” (Artie era la nostra macchina del caffè) “e ho un impegno urgente oggi. Se fosse possibile sarebbe fantastico- e se è troppo, hai la mia autorizzazione di chiudere il negozio, mentre insegni a lei. Ti prego dì di sì?” era Aria- o come la chiamavo io Ari- la proprietaria del Cafè du Acta e la madre della bambina a cui dovevo fare la babysitter alle 2.

Sorrisi, camminando per la stanza e calciando la mia giacca in un angolo, anche se l’inquietudine causata da quelle parole non se ne era ancora andata, “Sì, va bene. Marc mi ha detto che Eric ha avuto problemi con lei, ma potrei provare io. Com’è che si chiama?”

“Grazie a Dio! Mi hai appena salvato il culo, Amber- e Jenny. Il suo nome è Jenny,” sospirò sollevata.  Me la immaginai, camminare con Daisy in braccio, nel suo appartamento. Caffè in preparazione, Macbook acceso con il calendario che mostrava la sua agenda piena di impegni. Non era facile essere una madre single.

“Certo. Sarò lì tra 45 minuti. Dì ciao a Daisy per me!”

Harry. Era quello il suo nome? Harry. Un nome così comune. Eppure, improvvisamente, per me significava qualcosa di diverso.

the journal - h.s. [Italian]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora