[Harry’s pov]
“Styles, hai più trovato il tuo diario?” mi guardò con i suoi grandi occhi marroni, aprendo la scatola di cibo tailandese da mettere nel microonde. Con una sigaretta nella mano destra tra l’indice e il medio, la guardai rompere la plastica.
“Si,” sospirai, rimanendo seduto sul bancone della cucina, con i miei piedi appoggiati sulla maniglia di un cassetto. Finalmente riuscì ad aprire la scatola e aprii il microonde. Posizionando l’enorme scatola al centro- proprio come ogni giovedì- lo accese e la scatola cominciò a girare, mentre l’elettrodomestico faceva rumore. C’era silenzio, eccetto per le grida che provenivano in lontananza, probabilmente di una rissa, dalla finestra.
“Che bello, cazzo! Pensavo fossi irritabile perché non lo avevi ancora trovato,” si appoggiò al bancone, accanto a me e seguì il mio sguardo fino al microonde. Ero irritabile? Era una parola strana. Irritabile. Frustrato, magari sì.
Tra 24 ore, sarebbero stati esattamente 7 giorni, 1 ora e circa 10-15 minuti dall’ultima volta in cui l’avevo vista. Mi aveva occupato la mente, come se ne fossi stato ossessionato. E non lo ero. Ma non mi dispiaceva che riempisse i miei pensieri- anche se era doloroso ricordare il suo sorriso e i suoi lineamenti perfetti, era meglio che pensare a lui. Alla mia vita in generale.
Guardando le luci del microonde, ricordai come avevo guardato il piccolo maggiolino rosso lo scorso venerdì. Anche dopo la sua scomparsa, nell’oscurità, ero rimasto lì a guardare l’ultimo posto in cui l’avevo vista, prima che voltasse l’angolo. Amber. Ero rimasto lì in piedi con un sorriso sulle labbra, provando a imprimere l’ultima ora della mia vita, nel mio cervello, così da non dimenticare. Non dimenticare come il suo nome mi ricordasse la mia pietra preferita. Non dimenticare come lei aveva trattenuto il respiro, quando ero passato di fianco a lei, sulla porta. Non dimenticare la vista dei suoi occhi sorpresi, quando era riuscita a calmarsi. Come i suoi occhi brillavano.
Non ero riuscito a dormire, quella notte. Invece avevo continuato a sorridere al pensiero del mio diario tra le sue mani in quel momento. Magari lo stava leggendo? Magari gli era scivolato di mano quando si era addormentata e ora giaceva accanto a essa?
Avevo riempito tre pagine di un nuovo diario, quella notte.
“Allora perché sei irritabile?” mi chiese Jenny, buttando fuori il fumo. L’aria cominciava a puzzare di cibo tailandese. Sentii il mio stomaco brontolare all’odore.
“Non sono irritabile.”
Mi colpì il ginocchio scherzosamente, “Come vuoi, fenomeno da baraccone.” Rise mentre il familiare rumore del microonde suonò. Spostandosi dal bancone, buttò la sigaretta nel lavandino. Provando ad aprire l’antina dietro di me e estrarne due piatti, pensai ancora una volta di chiedere Jenny di lei. Jenny me lo avrebbe detto se Amber avesse chiesto di quel “fenomeno da baraccone” del suo coinquilino, vero? Me lo avrebbe menzionato, vero? Lo direbbe ad Amber, se io le chiedessi di lei?
So che è corto, ma non disperate! Come avevo detto precedentemente, ORA posterò un altro capitolo, ok? Non impazzite! Arriva! ;)

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the journal - h.s. [Italian]
Fanfiction"Ti rendi conto che un diario è una cosa molto personale, vero?" la sua voce era roca, bassa e minacciosa. Mi fece indietreggiare, presa dal panico, mentre lui continuava, "quindi la mia domanda è, perché cazzo stai leggendo il mio?"