Per un momento il mio sguardo era concentrato sulle mie mani, come afferravo la borsa e me la stringevo addosso. Cazzo. Stavo per morire. Cominciai a lasciarmi prendere dal panico, provando a ricordarmi le tecniche di difesa che avevo imparato, ma non riuscivo a ricordarne neanche una.
“Stai bene?”
Sobbalzai sul sedile al suono della sua voce preoccupata e immediatamente provai ad allontanarmi da lui, anche se ero bloccata dal finestrino.
“Si,” faticai a dire, i miei occhi si spostavano dall’uscita all’autista. Con la coda dell’occhio, notai il ragazzo scrollare le spalle, togliendo i piedi dall’altro sedile e posandoli a terra. Cazzo. Cazzo. Cazzo. Mi azzardai a guardarlo ancora, visto che aveva spostato l’attenzione da me. Con sorpresa notai che si stava girando tra le dita della mano destra un anello, sembrava perso nei suoi pensieri e fu un sollievo scoprire che aveva perso interesse nei miei confronti.
“Grazie, ancora.”
Non alzò la testa, continuando a giocare con l’anello d’argento che indossava sul dito medio ed era abbastanza largo, mentre il mio era piccolo. C’era un disegno sopra, ma non riuscivo a capire di cosa, dalla mia distanza. Spostai lo sguardo di nuovo, realizzando di averlo guardato per troppo tempo. Non sembrava essersene accorto.
Non avendo risposto, le sue parole rimasero fluttuanti nell’aria. Quando dovevo scendere? Mentre non vedevo l’ora di uscire di lì, una parte di me non voleva lasciare quel ragazzo- abbandonato su questo pullman con luci fluorescenti e sedili scomodi.
“Di niente,” dissi, respingendo la mia voglia di restare. Quando vidi il familiare palazzo rosso, realizzai con gioia che la mia fermata era la prossima. Mettendomi la borsa in spalla, sperando che il ragazzo non mi seguisse nella strada buia, mi alzai. Ero sempre più stanca e mi aggrappai ad un palo per mantenermi in equilibrio. Il ragazzo continuava a guardare il suo anello. Girandolo ancora ed ancora. Ora non sembrava nemmeno notare la mia presenza, mentre mi avvicinavo alle porte. In un certo senso ero sollevata- se si fosse alzato dal suo posto, avrei cominciato a correre. E onestamente ero così stanca che perfino l’idea di essere rapita dentro al pullman era qualcosa che provavo a non pensare. Non riuscivo ad immaginarmelo ora.
In piedi vicino alla porta, lo guardai un ultima volta, prima che il pullman si fermasse. Quando lo guardai, lui fece un movimento con la testa, per spostarsi i capelli dal viso. Sembrava che non si fosse accorto di quel gesto, sospirando, ancora con quell’ espressione accigliata. Improvvisamente lasciò andare l’anello e infilò la mano nella tasca della sua giacca, tirandone fuori una penna blu. Incuriosita, lo osservai mentre si scriveva qualcosa sul palmo della mano.
Troppo incantata a guardare il ragazzo lì seduto, su quel sedile di plastica di quel pullman vuoto, a scriversi sulla mano con quell’espressione accigliata, non mi ero accorta che il pullman si era fermato. Lo fissavo, assorbendo l’immagine dei suoi capelli, di come la sua pelle abbronzata sembrava liscia come la seta, sulla sua struttura ossea. Come si mordeva il labbro, mentre si concentrava, lasciando uscire i suoi pensieri, imprimendoli sulla mano.
Sembrava provenire da una foto fatta con una polaroid, con la disgustosa luce che lo illuminava. Lì da solo, seduto in quel mare di sedili abbandonati. Cosa stava scrivendo?
Scusate l'attesa ma la scuola mi ha trattenuta ;)
Ad ogni modo, vorrei ringraziarvi perchè siete fantastiche e sia io che l'autrice ne siamo felici. Grazieeee <3 Per questo motivo, molto probabilmente, questa sera pubblicherò un altro capitolo :) Tra un'oretta tipo. A dopo!
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the journal - h.s. [Italian]
Fanfiction"Ti rendi conto che un diario è una cosa molto personale, vero?" la sua voce era roca, bassa e minacciosa. Mi fece indietreggiare, presa dal panico, mentre lui continuava, "quindi la mia domanda è, perché cazzo stai leggendo il mio?"