Un lume di sorpresa gli attraversò il volto. Durò per un secondo- ma c’era stato e in qualche modo mi aveva rassicurato. C’era una persona che si nascondeva dietro quella facciata distaccata. Potevo allentare la presa sul diario nelle mie mani e tornare a guardarlo.
Se fossi riuscita a scappare dal suo sguardo, avrei colto l’opportunità di ammirare i suoi lineamenti. Ammirarli da vicino. Come la sua mandibola si fosse contratta, come le sue labbra sembrassero perfette. Avrei memorizzato ogni particolare del suo viso, per non dimenticarlo mai. Per non farlo ritornare ad essere un’ immagine sfocata.
Per mia sorpresa non rispose alla mia domanda immediatamente. Magari non accadeva spesso che le persone gli parlassero quando lui le guardava in questo modo. A dirla tutta non sapevo neanche come facevo a parlare, dato che ero morta di imbarazzo. Mi sentivo in colpa. Terribilmente in colpa. Ma come poteva sapere che lo avevo letto in questo- nel suo diario, senza la vera intenzione di trovarlo? Come poteva sapere che non avessi avuto quella intenzione per tutto il tempo? Non poteva. Quindi era una bugia e lui non poteva sapere se era vera.
Si spostò e si sedette sul letto. I suoi movimenti mi colsero alla sprovvista, così lo guardai mentre si sedeva con lo sguardo perso nella stanza e le dita schiacciate sulla bocca.
Da quando lui aveva smesso di essere più alto di me, l’atmosfera era cambiata. Ora ero io quella più alta. O, più alta di una persona seduta, che era molto più alta di te. Riacquistando il respiro e tenendo il diario ancora in mano, avvertii la sua presenza distante come un onda attraverso tutto il mio corpo. Sapevo che era l’una di mattina. Il livello di adrenalina stava lentamente diminuendo nel mio corpo, col passare del tempo.
I miei occhi erano concentrati sul suo volto. I suoi occhi verdi non mi stavano intrappolando più, quindi potevo ammirarlo meglio. Come le sue sopracciglia accigliate mi dicevano che c’era qualcosa che lo turbava. E non era solo il fatto che aveva scoperto un’estranea nella sua stanza con il naso infilato nella parte più privata della sua vita. No, c’era dell’altro. Avevo dimenticato il bisogno che avevo provato nel pullman di alleviare la sua espressione dura. Ma ora, con ogni sospiro, volevo farlo sorridere. Farlo dimenticare di qualsiasi cosa stesse infestando la sua mente, qualsiasi cosa stesse oscurando la persona luminosa di quelle pagine. La persona a cui avevo imparato a tenere.
Dovetti distogliere lo sguardo e lo spostai verso la finestra, che era stata alle mie spalle fino ad allora. Potevo solo intravedere le luci rosse che provenivano dal traffico e di come venivano riflesse dalle gocce di pioggia. Fu allora che realizzai che eravamo al buio. I miei occhi si erano abituati all’oscurità ma le luci provenienti da fuori erano abbastanza da illuminare la stanza e rendevano l’atmosfera ancora più irreale.
“Mi dispiace” Sospirò continuando, “e sì. Sono Harry.”
I miei occhi rimasero sulle gocce di pioggia appoggiate sulla finestra , mentre lui interruppe il silenzio. Il tono divenne improvvisamente più dolce, meno frustrato, ma ancora, chiaramente controllato e riuscì a farmi perdere un battito. Lentamente spostai lo sguardo dalla vista bellissima, al di fuori della finestra, ad un’altra vista bellissima. Lui. I suoi occhi erano rimasti chiusi, quando si era posizionato meglio sul letto, sdraiandosi. La sua t-shirt si distese lungo il suo torso. Riuscivo a definire la forma dei suoi muscoli contro il tessuto, dalla poca luce che raggiungeva il suo letto. I suoi piedi erano ancora per terra. Una mano era posizionata dietro alla sua testa mentre con l’altra si teneva il dorso del naso.
Mi sedetti attentamente sul bordo del letto. Non che fosse un’azione volontaria, ma quelle parole continuavano a girarmi nella testa. Trasmettendo un eco dal profondo del cuore e della mente, come un sussurro spezzato, a cui una volta avevo aperto il mio cuore e mi ero azzardata ad ascoltare; don’t let me go.
“Sono felice di averti trovato.”
Le parole mi uscirono dalle labbra in un sussurro. Ma sapevo che le aveva sentite chiaramente, visto che aveva spostato la mano con cui si teneva il naso, per aprire gli occhi e guardarmi, mentre io mantenne entrambe le mani, fermamente chiuse sull’oggetto che c’era in esse.
Sapevo che quelle parole significavano molto di più. Ma non potevo trattenermi, dopo tutte le domande che avevo per lui. La citazione con quelle date. Cosa significavano? Era un musicista? Era mai riuscito a vedere i film dei quali aveva scritto i titoli? Aveva intenzione di farlo? Come gli erano sembrati? Cosa ci faceva a Chicago? Cosa è successo a Washington DC da farlo rimanere la per oltre sei mesi? Cosa. Quando. Dove. Perché. Chi.
L’unico problema rimanente- che si formò da quel muro di silenzio che si era creato tra di noi- era il seguente; che per Harry io ero ancora una sconosciuta. Una sconosciuta incontrata per caso su un pullman. Io ero solo un’ insignificante persona tra altre sette miliardi, con cui condividevamo il mondo. Una sconosciuta che senza permesso aveva letto il suo diario. Si era inoltrata nella sua mente. Ma quel semplice fatto non mi includeva nel suo personale piccolo mondo. Al contrario, gli dava una ragione per tenermi lontano. Molto lontano.
Se solo fossi capace di leggere cosa stava accadendo dietro a quei misteriosi e bei occhi verdi.
Scusatemi, non sono riuscita a rileggerlo... domani sistemo eventuali errori!
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the journal - h.s. [Italian]
Fanfiction"Ti rendi conto che un diario è una cosa molto personale, vero?" la sua voce era roca, bassa e minacciosa. Mi fece indietreggiare, presa dal panico, mentre lui continuava, "quindi la mia domanda è, perché cazzo stai leggendo il mio?"