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[Amber's pov]

Potevo sentire il suo battito; il suono più bello. Avevo sempre trovato il battito cardiaco qualcosa di terrificante. Era strettamente connesso con la sottile linea tra la vita e la morte. Film o musica, magari anche arte che usavano il battito cardiaco mi facevano crescere l'adrenalina nel corpo. Mi mettevo la mano sul cuore, per rendermi conto della piccola, cruciale linea tra l'esistenza e la non esistenza. Battere e non battere. E trattenevo il respiro, avendo paura di sentire il mio cuore fermarsi. Quella era una delle mie più grandi paure; sentire il mio cuore fermarsi per sempre. E rendermi conto di essere arrivata alla fine.

Ma ascoltare il cuore di Harry mi sorprese; lo volevo ascoltare. Volevo ascoltare il battito regolare, vivo, e del più bel ritmo, nel suo petto. Era la prova della sua esistenza ed era così infinitamente bello, che non avevo paura per il mio cuore, ascoltando il familiare suono del suo. Se il mio cuore si fosse fermato, almeno avrei saputo di aver finito il mio tempo sulla terra, il più possibile vicina al paradiso, sdraiata sul suo petto nudo e caldo, incapace di smettere di sorridere.

Dal nulla avevo chiesto del suo computer e la sua risposta era stata così calma. Le sue dita creavano cerchi sulla mia pelle, mentre io, con gli occhi chiusi, ascoltavo la sua voce mattutina e il suo cuore. Il suo calore arrivava direttamente alla mia pelle.

"Stavo solo controllando le mie mail... sì, stavo solo controllando le mail, e ho visto che lui- o beh il suo assistente- ne ha mandate un po'," potevo sentire dal suono come il suo cuore battesse ancora regolarmente, e cominciai a tracciare delle linee sul suo petto, senza accorgermi; magari inconsciamente confortandolo. Tutto quello che sapevo era che la sensazione della sua pelle a contatto con la mia era vera. Lasciai le mie dita correre sulla sua pelle calda e liscia, piena di storie tatuate.

"Voleva che io andassi a questo 'evento'. Qualcosa del suo lavoro," Harry non mi aveva mai detto di cosa si occupasse suo padre. Anche se avevo l'idea che fosse qualcuno di importante- qualche persona potente, magari? Come la sua persona- da quello che avevo sentito di lui. Ovviamente ero preoccupata di dover sentire di questa mail, ma provai a concentrarmi sulla calma. Uno di noi due doveva essere emotivamente stabile, giusto?

"E- ed era scritta così formalmente. Come se non fossi suo figlio, ma solo uno dei suoi cavolo di clienti! Ed è stato il suo assistente a mandarmela! Il suo assistente! Non me l'ha nemmeno scritta lui la mail!" il suo cuore stava battendo più veloce e la sua voce stava diventando più frustrata. Le sue dita avevano lasciato la mia pelle, correndo irritate tra i suoi ricci- lo faceva sempre quando era triste.

Alzai la mia testa e bilanciai il mio mento sulle mie mani congiunte. Lui era più seduto di me, così poteva guardarmi.

Il suo petto si alzava e si abbassava. I suoi occhi si muovevano freneticamente, prima di incontrare i miei. Mi guardò- tenendo il mio sguardo- alzò una mano al mio viso, spostando una ciocca di capelli che probabilmente era fuori posto dopo quella notte. Guardai come si concentrò su quel semplice gesto. Sembrava come se in quel momento fosse la cosa più importante del mondo. Tutto il resto poteva aspettare. E con quello sembrò calmarsi ancora.

"Non ha neanche provato a contattarmi dopo che ho lasciato Harvard. E lo sa. Lo sa che mi sono trasferito qui. So che lo sa. Sa sempre tutto," la sua voce era ancora calma, amara ma calma.

"E ora dopo tanto tempo si decide a dirmi qualcosa- ed è perché gli servo per il suo lavoro! Cavolo, avrebbe anche assunto qualcuno per fargli fare suo il suo cazzo di inutile figlio, se non fosse per il fatto che loro sappiano chi sono io," sorrise sarcasticamente e sospirò. Mi alzai, uscendo dalle coperte. Lui era seduto con la schiena appoggiata al muro. Mi sedetti accanto a lui, con i polpacci sotto alle cosce, come avevamo fatto in alcune delle mie lezioni di yoga. Mi era sempre piaciuto sedermi in quella posizione, e mi era piaciuta sempre di più quando poi l'istruttore l'aveva chiamata 'la posa del diamante'. "Prima di tutto; non sei assolutamente inutile, ci vorrebbero miliardi di anni prima che tu diventi inutile," avvicinandomi gli baciai l'angolo della bocca. Il suo respiro diventò più pesante. Solo staccandomi poco dalle sue labbra sussurrai; "In secondo luogo, chiunque si lasci scappare l'occasione di passare del tempo con te, dev'essere stupido- si perdono più di quello che riusciranno mai a realizzare." Lo baciai leggermente sull'altro angolo della bocca, mentre la mia mano percorreva attentamente il suo petto.

the journal - h.s. [Italian]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora