24

58.9K 2K 533
                                    

Ero ritornata al mio appartamento. Era mattina ed era tornato il momento più bello della giornata. I fragili raggi del sole, deboli in quel periodo dell’anno, cercavano comunque di filtrare attraverso la finestra per raggiungerci sul materasso.

Gambe aggrovigliate e poco svegli. Mezzi addormentati, mezzi coscienti e mezzi nudi. Ma magari questo era lo stato in cui ognuno doveva trovarsi per provare così tanta gioia e pace.

Non credevo che esistesse un Dio, ma mi piaceva credere che se fosse esistito il paradiso, sarebbe simile a quello che c’era proprio lì.

Anche se la lieve foschia sulla finestra sussurrava storie di paura e di freddezza là fuori, noi eravamo al caldo e al sicuro. Nei raggi del sole con solo la coperta grigia a coprirci. Su un semplice materasso poggiato per terra nel mio piccolo appartamento. Non avevi bisogno del lusso per essere felice. Tutto ciò di cui avevi bisogno era quell’altra persona, che ti faceva stare bene più di chiunque altro al mondo.

La mia testa era poggiata sul cuscino, ero semplicemente lì sdraiata a guardare i suoi ricci castani, che mi calmavano. Mi dava le spalle, ma non mi importava, finché lui era lì.

Con una mano dietro alla nuca e l’altra sulla sua schiena mi sentivo felice. Lasciavo che il mio indice disegnasse leggermente sulla sua schiena nuda diverse immagini senza senso. Il suo respiro era lento, pesante e così calmo che sapevo che provasse quello che sentivo anche io. Che sapesse che stavamo condividendo il momento perfetto. Il momento più bello di tutta la mia vita. Quel momento. Proprio lì con lui.

Lentamente si risvegliò dopo ogni piccola linea immaginaria che avevo tracciato sulla sua pelle perfetta. Le mie dita, muovendosi sulla sua schiena muscolosa, che si muoveva seguendo il suo respiro, lasciavano un leggero solletico, richiamandolo dal suo sonno.

Ancora con gli occhi chiusi, si voltò lentamente, mantenendo quegli occhi verdi nascosta alla mia vista. Solo facendomi desiderare ancora di più quella vista. Per vedere quel familiare colore verde, che sapevo apparteneva soltanto a lui. Mise un braccio sotto la testa e con l’altro mi avvicinò, gli occhi ancora chiusi, temendo quasi che fossi solo un sogno.

Due esseri umani lì sdraiati. Perfettamente fermi. In quella che sembrava l’unica ragione di vita. Quel momento. Quello. Proprio lì.

Studiai il suo volto con più attenzione, affascinata. I miei occhi si muovevano su di lui con tanta ammirazione che non potevo fare altro che guardarlo. Guardare come le sue labbra creassero una soffice linea, così rilassate, come l’ombra sotto al suo mento lo rendesse più affilato. Come la sua pelle fosse perfettamente liscia, dicendomi che nulla gli stava dando fastidio. Quello rese il mio cuore più leggero. I suoi capelli erano più disordinati del solito, come se stesse lì sdraiato non sapendo di ricordare un angelo in tutti i modi possibili.

“Harry?” la mia voce suonò rauca dal sonno e parlai con tenerezza per mantenere il momento perfetto.

Improvvisamente i suoi occhi si spalancarono, ma non nel modo che me ero aspettata. Non attentamente né con fare assonnato, come se dovesse prestare attenzione alla luce del giorno. Come se dovesse lottare per tenerli aperti. No, questo non era il modo in qui rispose al mio tono, che aveva lasciato il suo nome fluttuare nell’aria. Invece, le sue palpebre si spalancarono e lui si spostò dalla sua precedente posizione, spingendomi via. Disgustato.

Quello che mi scioccò di più di tutto fu il colore innaturale dei suoi occhi. Non era quel verde profondo, che mi ricordava delle foreste- quei posti nascosti nelle foreste dove potevi essere sicuro che nessun altro essere umano fosse passato di lì. Quel verde delle foglie, che si muovevano nella brezza.

No, questo colore era più scuro. Era un verde avvelenato.

Dei brividi mi percorsero il corpo, mentre l’adrenalina cominciò a pompare nelle vene.

Il modo in cui il suo sguardo freddo si fissò nel mio. Il modo in cui si spostò ancora più lontano da me, come se preso da disprezzo. Il modo in cui i suoi lineamenti s’indurirono quasi in una smorfia. Mentre le sue labbra si aprirono, io faticavo a respirare. Le sue parole erano piene di odio, sentii letteralmente il mio cuore rompersi in mille pezzi.

“Smettila di farmi l’interrogatorio, cazzo!”

La frase fece eco nella mia mente, risvegliandomi. Del sudore ricopriva la mia fronte e l’adrenalina era ancora presente in ogni vena. Il mio respiro era pesante, mentre cercavo nel materasso- ma era vuoto. La coperta era arrotolata attorno alle mie gambe, come a volerle stritolare, informandomi dei miei continui movimenti durante la notte.

Mentre il mio subconscio cominciò lentamente ad accettare il fatto che si fosse trattato di un sogno- un sogno che si era trasformato in un incubo, dovetti chiudere gli occhi per calmarmi. Chiudendo gli occhi però rivissi la scena, con la sua voce fredda che mi provocò brividi. Il verde scuro che aveva rimpiazzato ciò che prima erano stati dei così bei occhi. Nel sogno erano stati orribili. Terrificanti. E… così pieni di rabbia. Disgusto. Furia.

Provai a ricordare gli ultimi eventi della notte precedente…

Un capitolo al giorno, toglie il... ehm... malumore di torno? Può andare? Bah. Comunque per essere chiari, era tutto un sogno... o un incubo, decidete voi. 

Grazie mille per tutti i commenti bellissimi in cui mi scrivete che sono brava a tradurre... basta, mi fate arrossire (continuate, continuate! <3<3). Siete fantastiche! <3 Chi andrà al concerto dei ragazzi? 

the journal - h.s. [Italian]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora