Non riuscivo a smettere di sorridergli- era lui a farmi sorridere. La sua preoccupazione di dover comportarsi in modo diverso dal normale- come sembrava insicuro su come comportarsi, senza la facciata, che realizzai tenesse sempre. Mi faceva sorridere come una ragazzina del liceo. Stava davvero cercando di comportarsi nel modo giusto e non sembrava che volesse rispondermi come aveva fatto prima con Louis. Non ancora, almeno. Stava provando in tutti i modi a trattenersi dal tirarsela e sapevo benissimo che l’avrebbe potuto fare.
“Ho un’idea,” le sue sopracciglia si inarcarono in sorpresa e, poi mi voltai e cominciai a camminare, mettendomi i guanti. Lo lasciai leggermente preso alla sprovvista, non potevo dare a meno di prenderlo in giro un pochino. Mi piaceva vedere la sua reazione, che assomigliava a quella… importanza che dava alla connessione che avevamo. Amavo vedere come non fossi solo io a voler tenerlo vicino.
Potevo sentire i suoi passi veloci, seguirmi, mentre attraversavo la strada sorridendo. Raggiunsi il marciapiede dall’altro lato, dove la luce rossa dell’insegna di un negozio di dvd colorava le pietre sul pavimento di rosso. Amavo la città di notte- nel buio, dove quelle distinzioni si accentuavano di più che durante il giorno. Dove tu potevi nasconderti nell’ombra o lasciare alla tua immaginazione il compito di riempire i buchi, nascosti nell’oscurità. C’erano opportunità. Qualcosa di non chiaro, nel buio, che si poteva cambiare. Tutto sembrava possibile.
“Quindi, ehm, posso unirmi a te? Magari?” la sua voce era ancora più insicura, quando mi fermai e mi voltai a guardarlo. Aveva provato a sorridere, mentre io lo guardavo come se stessi decidendo se farlo venire con me oppure no. I suoi occhi verdi guardavano disperati i miei, lui cominciava a muoversi nervosamente sotto al mio silenzio. Si passò una mano tra i capelli e si morse il labbro inferiore- quell’ultima reazioni mi fece quasi compiere altri due step: lanciargli le braccia al collo e baciare via la sua preoccupazione.
“Beh sì- speravo lo facessi!” la vista era magica- si illuminò. I suoi lineamenti, il suo linguaggio del corpo- si illuminò tutto come quando un albero di Natale si accende e un bambino si mette a battere le mani e a ridere dalla gioia.
“Oh! Ehm, bene,” sembrava così sollevato. Fece un passo verso di me, rendendomi ancora più difficile lo stare ferma, “Ehm, grazie allora.” Scosse la testa, sorridendo incredulo.
“Mi piace parlare con te,” a questo punto potevo anche essere onesta. E volevo che lui lo sapesse. Più di ogni altra cosa. Gli avrei parlato anche per tutta la notte, se avessi potuto- e altre 1001 notti.
Una risata gli fuoriuscì dal profondo dell’anima, quando cominciamo a camminare per la strada. Amavo vedere che con ogni passo che faceva, si avvicinava sempre di più a me- come se non potesse camminare dritto, ma dovesse muoversi un po’. Amavo come mi aveva risposto con la sua voce rauca che anche a lui piaceva parlare con me.
Camminammo in silenzio per un po’, che era strano, visto che avevo molte domande per lui. Ma era un silenzio confortevole- e sapevo cosa mi tratteneva dal porgli domande. Dall’interrogarlo. Quel sogno. Quell’incubo.
“Allora, hai ancora il diario, o no?”
Lo guardai dalla mia posizione accanto a lui- e per mia sorpresa i suoi occhi erano fissi suoi miei. Interessati.
“Sì,” gli sorrisi, aprendo la mia borsa per mostrargli il diario. I suoi occhi si spalancarono alla vista e si spostarono sui miei, increduli. Mi sorrise.
“Sorpreso?” risi alla sua reazione. Lo guardai scrollare le spalle e annuire allo stesso tempo.
“Sì, magari un po’- o no. Beh, sembrava che dispiacesse di più a te che a me di perderlo- ma… non lo so. Magari sono solo sorpreso di vederlo nelle mani di qualcun altro.” I suoi ricci castani si muovevano nel vento, ma lui sembrava non accorgersene, mentre ci facevamo strada nella città. Mi era venuto in mente dove andare, ma non stavo prestando attenzione alle macchine, alle vetrine, alle insegne luminose, alle stelle, anche se sapevo fosse impossibile vederle. Tutte le cose che adoravo della notte erano nulla in confronto ai suoi luccicanti occhi verdi e al modo in cui si muoveva.
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the journal - h.s. [Italian]
Fanfiction"Ti rendi conto che un diario è una cosa molto personale, vero?" la sua voce era roca, bassa e minacciosa. Mi fece indietreggiare, presa dal panico, mentre lui continuava, "quindi la mia domanda è, perché cazzo stai leggendo il mio?"