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[Harry’s pov]

“Cosa stai facendo?”

Roteai gli occhi, sentendo il fastidio raggiungermi. Fastidio. Almeno era qualcosa di diverso da quel vuoto che mi aveva risucchiato per le ultime 12 ore da solo. Un altro sentimento, a parte la sofferenza.

“Allora… dove stai andando?” Jenny continuò a domandare, quando aprii la porta dell’appartamento. Mi voltai per guardarla- più che infastidito a quel punto. Era appoggiata al muro dell’ingresso, con i suoi capelli rossi legati con una matita. Le braccia erano incrociate al suo petto e non sussultò nemmeno al tono cupo della mia voce, “Vado a correre, nel caso non lo avessi ancora capito, Jenny.”

Mi voltai di nuovo verso la porta; lei non capiva e nemmeno sapeva. E non era colpa sua. Non potevo fermarmi. Era colpa mia. Solo mia. Lo sapevo. Nonostante non avessi ancora trovato il motivo durante la notte, lo sapevo. Erano passate esattamente 12 ore e 13 minuti dall’ultima volta che avevo visto Amber. Mezza giornata. Il cuore mi faceva male. No, non solo mi faceva male. Sembrava come se non ci fosse, come se lei lo avesse strappato con forza, allontanandosi da me. Come se avessi questo grande buco nel petto. Non c’era niente.

Chiusi la porta con forza dietro di me e mi misi il cappuccio della felpa grigia, prima di correre giù per le scale.

Non avevo dormito per niente. Come potevo? Avevo paura che gli incubi tornassero; non li potevo sopportare, non nello strato in cui ero. Una cosa era vedere il solito aquilone- con quello strano motivo con la forma degli occhi di mia madre. Un’altra era vedere un brutale incubo, quel tipo che mi farebbe svegliare tutto sudato, tremante, a volte anche con il cuore che cercava di esplodere nel mio cazzo di petto.  Di solito le persone vedevano il sonno come una fuga dalla realtà- per me era un inferno personale.  Quello, finché non avevo incontrato Amber Moore, ma ora lei se ne era andata. Ora io ero il suo personale incubo.

Non mi azzardavo a dormire- troppo spaventato da quello che sarebbe potuto accadere. Non ero sicuro di poterlo sopportare, anche solo se sognavo lei che si allontanava da me in quel modo. Avrei di sicuro svegliato Jenny con le mie grida oppure sarei impazzito- ma non ero forse già impazzito?

Cominciai a correre. Sperando di ottenere l’effetto che stavo cercando. Non ci volle molto prima di raggiungere il parco, ancora con quel leggero livello di gelo, che i raggi del sole non erano stati in grado di distruggere. Il mio respiro era visibile nell’aria fredda.

Qual era stato il mio errore?

Aumentai la velocità, sentendo il bisogno di provare dolore fisico, provocato dalla stanchezza che conoscevo troppo bene. Quella era più facile da sopportare. Era più facile da sopportare rispetto all’avere il tuo cazzo di cuore brutalmente strappato, dopo essersi rotto in mille pezzi. O così mi sentivo.

Cazzo. Cazzo. Cosa cazzo avevo fatto di male!

Aumentai ancora, il mio respiro divenne più frenetico. Non potevo nemmeno vedere quanto fosse bello il panorama attorno a me, come la foschia si stesse sollevando tra gli alberi, i cui tronchi erano scuri dall’umidità.

Tutto quello che potevo vedere erano i suoi occhi pieni di lacrime. Tutto quello che potevo vedere erano immagini che comparivano davanti agli occhi. Passi indietreggianti. Occhi addolorati. Lacrime cadenti. Braccia sopra il petto. Passi indietreggianti. Occhi addolorati. Lacrime cadenti. Labbra che si muovevano a formare ‘non posso’. Passi indietreggianti-

Corsi più veloce. Non capace di respirare, ma non me ne fregava un cazzo. Volevo che facesse male. Che facesse così male da oscurare il resto. Così male che mi avrebbe fatto svenire, così non avrei dovuto essere così fottutamente patetico. Come cazzo aveva fatto a farmi così male, tanto da ferirmi in quel modo. Come aveva fatto ad incantarmi così tanto?

the journal - h.s. [Italian]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora