109. E poi? (parte 2)

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(Dam's pov)

Dicembre 2027

«Damiano!»

Il tuo grido era disumano. La disperazione nella tua voce mi aveva bloccato le gambe, che non ne volevano sapere si fare un altro passo.

«Aspetta!»

La porta dietro le mie spalle si era aperta e poi di nuovo chiusa, dopo il tuo passaggio.

Avevo arrotolato la camicia sulle braccia. Vedevo come guardavi le mie mani, come se avessi voluto stringerle fra le tue. Anch'io avrei voluto toccarti, sempre, quando mi pareva, quando ne avevo bisogno...

«Staremo bene?»

Come potevamo stare bene?

Avevi ancora una mano appoggiata alla maniglia, la spalla contro il legno, come se non riuscissi a reggerti in piedi senza sostegno.

Avevo spostato i miei occhi sui tuoi per la prima volta da quando mi avevi raggiunto lì fuori.

«Damiano», avevi sussurrato. «Come facciamo? Solo perché... noi non... non possiamo smettere di parlare, non possiamo pensare che tutto ciò non sia mai esistito. Non possiamo ignorarci, non possiamo evitarci solo perché... non possiamo.»

Ero rimasto immobile, mentre tu mi guardavi con quegli occhioni blu. Sapevo che cosa volevi dire. Sapevo che avevi paura. Che, magari avresti potuto vivere senza di me come il tuo partner romantico, ma mai senza il tuo migliore amico. Questo ti spaventava a morte.

E anch'io lo ero. Ero stordito dalla paura, e avevo preso il tuo viso tra le mani, le dita attorno alle tue guance, ed ero stato invaso da un desiderio talmente forte da essere quasi doloroso.

«Dobbiamo...», dissi. «Dobbiamo stare bene. per noi.»

Le tue mani mi avevano afferrato per i polsi.

«Dobbiamo essere forti e dobbiamo essere lucidi per affrontare questa situazione.»

La tua pelle profumava di vaniglia.

«Non voglio stare lontana da te.»

I miei occhi erano fissi sui tuoi, persi nell'azzurro del mare e del cielo. La tua voce sembrava calma, all'apparenza tranquilla, ma il tuo sguardo urlava.

Faceva sempre male da morire vederti così.

«Magari possiamo baciarci un'ultima volta», dissi.

Ti eri limitata a fare segno di sì, prima che cademmo uno nell'abbraccio dell'altra con una forza tale da far tremare la porta a cui eravamo appoggiati.

Sapevamo che chiunque fosse passato di l' avrebbe potuto vederci. Di nuovo. E non ce ne importava niente.

Mi afferravi per la camicia, poi per i capelli che ricopriva la mia schiena, e ogni tanto urtavi la porta con la testa quando le nostre bocche si univano.

Gemevo, imprecavo. Il mio corpo contro il tuo, mentre ti sollevavi da terra centimetro dopo centimetro e mentre i nostri petti si scontravano sempre più forte, come se volessimo unirci e diventare una cosa sola.

Stringevi il tessuto della camicia nei pugni, le mie mani spettinavano i tuoi capelli.

Quanto poteva essere pericoloso tutto ciò?

E perché doveva esserlo?

Cercavi la maniglia dietro di te. L'avevi abbassata. La porta si era spalancata alle tue spalle e io barcollavo ansimante, tu stretta fra le mie braccia.

«Vic...»

«Perché?», avevi domandato con voce tremante. «Perché questo nostro legame deve essere per forza una cosa tanto orribile? Dovrebbe essere una bella cosa...»

«Sai cosa potrebbe succedere.»

La mia voce era poco più di un sussurro.

Eri scivolata giù, il terreno di nuovo sotto i tuoi piedi.

«Devo andare via. Aiutami. Dimmi che me ne devo andare, che devo stare lontano da te.»

«Damiano...»

«Farò sempre di tutto per te. Ci sarò sempre per te. Ma ora dimmi di andare via.»

Sarebbe stato molto doloroso, ma ero sicuro che ce l'avresti fatta. Eri la ragazza più forte che avessi mai conosciuto.

«Va' via, Dam. Vai, via!»

Anche se ero stato io a chiedertelo, anche se sapevo che quello non era realmente il tuo desiderio, le tue parole mi perforarono il cuore.

Stavo andando via, di nuovo, ma sul serio. I miei passi echeggiavano lungo il corridoio. Il dolore aumentava proporzionalmente alla nostra distanza, ma non importava, non doveva.

Comunque fosse andata, tu saresti stata sempre e per sempre la mia Victoria.

Insieme Sempre || Damiano e Victoria ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora