103. Pazzo di me

1.1K 37 7
                                    


Londra, 2019.

Era ormai l'alba, ma Victoria era ancora sveglia. Non riusciva a dormire. Aveva indossato gli stivaletti, il primo paio di scarpe che le era capitato sotto mano, ed era uscita fuori in canottiera e pantaloni del pigiama.

L'aria era fredda, ma lei nemmeno se ne accorgeva, mentre fissava un punto imprecisato davanti a sé. E le venne in mente Damiano.

«Che stai a fa'?»

Si girò e c'era lui. I capelli castani spettinati, eppure sempre così affascinante, come un principe appena uscito da una fiaba.

Era perfetto, così tanto che per Victoria non era mai esistito qualcuno di più bello.

«Non riuscivo a dormire.»

«Io ti devo parlare», le disse lui.

Si avvicinò, fece passare un braccio sotto le sue ginocchia e l'altro sotto le sue spalle, e la sollevò, come una principessa.

All'inizio Victoria si fece semplicemente trasportare. Se appoggiava la testa al suo petto, riusciva a sentire il battito del suo cuore, mentre respirava l'odore del suo profumo.

«Quali sono di preciso le tue intenzioni?», chiese Victoria finalmente.

«Devi venire con me. Devo farti vedere una cosa.»

Aveva voglia di sfregare la guancia contro quella di lui, sentire il suo calore e la sensazione della barba rasata a contatto con la sua pelle delicata.

Cercò di concentrarsi su altro e notò che lui aveva indossato la maglietta al contrario, con l'etichetta che spuntava davanti all'altezza della gola.

Quella gola che lei moriva dalla voglia di assaggiare.

«Puoi mettermi giù? So camminare anche da sola.»

«Come vuole, principessa.»

«Non sono una principessa.»

Damiano la rimise giù, senza controbattere all'acidità nella voce di Victoria. Lei lo seguì lungo il corridoio del primo piano che portava alle loro camere da letto, finché raggiunsero la porta della stanza di lui.

«Entra», le disse semplicemente.

Victoria entrò, senza avere la più pallida idea di che cosa aspettarsi. La stanza era quella di sempre, la stessa in cui aveva messo piede per l'ultima volta solo poche ore prima, prima che tutti decidessero di andare a dormire. E sembrava ancora lo studio di uno scrittore. Fogli e quaderni erano sparsi ovunque, sul letto, sulla scrivania, su ogni superficie piana. Victoria li osservò tutti, sfiorò con le dita quelli posati sulla scrivania, finché Damiano non le porse davanti agli occhi un quadernino di colore rosa. Allora lei lo aprì e cominciò a sfogliarne le pagine.

Parlava di lei.

Tutto parlava di lei.

Parlava di lei che camminava per strada. Parlava di lei che stringeva il suo basso. Parlava di lei che giocava con gli anelli che aveva alle dita o che leggeva i messaggi sul telefonino.

In un testo stava dormendo, una frase diceva che i suoi occhi erano luminosi come le stelle del cielo, in quella subito dopo lei era la luce che illuminava il mondo.

«Parla tutto di te, lì dentro. Ogni pezzo che ho scritto, ogni parola, parla di te.»

«Da quando scrivi queste cose?»

Damiano sospirò.

«Da sempre.»

Fece qualche passo verso la porta e per un attimo Victoria pensò che stesse per andarsene, invece la chiuse.

Chiusi dentro. Loro due. A chiave.

E un attimo dopo lui le posò le mani dietro la testa, tra i morbidi ricci biondi.

«Ho cercato di smettere tante volte, ma non ci sono mai riuscito.»

«Perché scrivi di me?»

«Perché sono un cantante, Vic. E se il mio cuore fosse una canzone, ogni singola nota parlerebbe di te. Tu mi stai facendo impazzire ed io non volevo questo. Diventare pazzo per colpa tua è la cosa peggiore che potesse capitarmi, ma non posso farci niente.»

Victoria si avvicinò ancora di più a Damiano. Poi ancora e ancora.

«Quindi tu... sei pazzo di me?»

Lui le rivolse il sorriso più dolce del mondo.

«Purtroppo...»

Un secondo dopo Damiano era fra le sue braccia esili, nel suo forte abbraccio. E poi lei lo baciò. Fu inevitabile.

Victoria sentì le mani di Damiano scorrerle lungo i fianchi e sollevarla. Lei gli strinse le braccia attorno al collo, aggrappandosi mentre lui la trasportava reggendola con un braccio e con l'altro si faceva spazio tra i fogli sparsi sulla scrivania.

Seduta, Victoria se lo teneva stretto con le gambe attorno ai fianchi, mentre lui le passava le dita tra i capelli e le accarezzava la schiena.

«Dimmi che sono tuo, Vic», mormorò Damiano col la bocca sul suo collo. «Anche se è solo per stanotte, dimmi che sono tuo.»

Ad un tratto si sentì un rumore di passi provenire dal corridoio.

«Damiano?»

La voce di Thomas arrivava da dietro la porta.

«Damiano, ci sei?»

«Sì, Thom, dimmi.»

Per fortuna lui non provò ad entrare. Erano entrambi scompigliati, con i capelli arruffati e le labbra rosse e gonfie di baci. E poi che motivo avrebbero potuto dare per spiegare di essersi chiusi a chiave in camera di Damiano?

«So che è un orario improponibile, ma ho da farti sentire una bomba di pezzo. Ti aspetto giù, okay?»

«Okay.»

Si sentì il rumore dei passi che si allontanavano.

Per fortuna, ora poteva di nuovo prendere Victoria e abbracciarla intensamente, e la strinse così forte da togliere il fiato ad entrambi.

Ma poi dovette lasciarla andare. Si costrinse a lasciarla andare.

«È meglio se scendo», disse.

Insieme Sempre || Damiano e Victoria ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora