(Dam's pov)
Settembre 2028
L'avevo trovato, quel coglione. Gettai la sigaretta e mi avviai verso il ragazzo a cui avrei spaccato la faccia se non avesse smesso di importunare Victoria.
«Che cazzo hai da guardare?», sorrise divertito, mentre effettivamente lo stavo proprio squadrando.
Non vedevo l'ora di fargli male, anche se Vic me lo aveva proibito categoricamente, anche se poi si sarebbe arrabbiata da morire.
Il ragazzo mi fissava come se fossi un pazzo e non aveva tutti i torti. Eppure, non se la smetteva di ridere e di lanciarmi occhiatacce.
Pensava forse di farmi paura?
Mi fermai davanti a lui e gli tirai un gancio alla mascella. Barcollò, si appoggio al bancone del bar dietro di lui, ed io lo afferrai per la maglietta. Non aveva neanche tentato di reagire, non sarebbe riuscito a fare niente fatto com'era.
«Ti spacco la faccia la prossima volta che ti avvicini a Victoria!»
Gli tirai un altro cazzotto dritto sul naso e me ne andai, lasciandolo lì.
Mi svegliai di colpo, ridestandomi da quell'incubo, causato sicuramente dalla febbre alta. L'avevo solo sognato, ma era tutto vero. Era successo davvero tutto quel casino, anni fa. Quel coglione aveva provato a mettere le mani addosso a Vic e, nonostante non le avesse fatto niente perché lei era riuscita a scappare, io non ero riuscito a fare finta di niente.
Me lo ricordavo benissimo, quel giorno. Ero rientrato alla villa al mare dove erano in vacanza Vic e le sue amiche a notte fonda, sperando che tutte stessero dormendo, visto lo stato pietoso in cui mi trovavo, con la camicia sporca di sangue e l'odore di rum addosso.
Andai in cucina a sedermi su uno sgabello. Mi faceva male la testa e non riuscivo a chiudere la mano destra per i tagli freschi che ancora sanguinavano.
«Damiano! Cristo Santo! Cos'è successo?»
La voce di Vic, spaventata a morte, arrivò alle mie spalle. Mi voltai verso di lei, restando seduto, mentre mi ispezionava con gli occhi sbarrati. Il suo sguardo scese sulla mano ferita, passò sulla camicia sporca, per poi risalire ai miei occhi, che ero sicuro stessero parlando da soli, al posto mio, perché io non avrei saputo che cosa dirle. Qualsiasi scusa avessi inventato, qualsiasi buona ragione le avessi dato, qualsiasi spiegazione sensata, non sarebbe servita a niente. Non mi avrebbe mai perdonato per aver fatto una cosa simile.
E lei, invece, mi sorrise. Mi accarezzò i capelli, la guancia, mi baciò la fronte e mi abbracciò. Io restai lì, seduto, immobile, stretto fra le sue braccia, con la testa appoggiata al suo petto. E desiderai di rimanere lì, così, per sempre.
Sorrisi a quel ricordo e mi misi a sedere. L'orologio alla parete del salotto segnava le otto. Avevo freddo e non avevo neanche potuto prendere una coperta durante la notte, perché Vic si era chiusa a chiave in camera.
Mi avviai verso la cucina e con sorpresa la vidi già in piedi, appoggiata al bancone, a bere dalla sua tazza.
Appena sveglia era ancora più bella, con gli occhi ancora mezzi chiusi, l'espressione imbronciata e i capelli arruffati.
«Buongiorno», mi salutò fredda, appoggiando la tazza nel lavandino e sorpassandomi, determinata ad andarsene per la sua strada.
«Vic», la chiamai.
Ma niente.
«Victoria...»
L'avevo appena sussurrato, ma ci avevo messo tutta la disperazione che avevo dentro. E finalmente si fermò, voltandosi a guardarmi.
«Qualunque cosa tu stia per dire, sappi che non ti perdonerò così facilmente. Cos'hai intenzione di fare? Uscire e ammazzarlo di botte un'altra volta? Sono passati nove anni, Damiano, basta!», urlò.
Afferrò borsa, chiavi e cellulare, e sparì.
Io mi rifugiai in camera. Il letto era sfatto nella sua metà, mentre nella mia era ancora integro. Mi sdraiai nel suo posto, con il viso sprofondato nel cuscino, così da poter annusare il suo profumo. Mi faceva male la testa, avevo freddo, ma non mi coprii con le coperte. Chiusi gli occhi e mi addormentai.
Dormii per tutto il giorno, finché una mano mi accarezzò i capelli. Poi sentii delle labbra morbide e calde posarsi sulla mia fronte. Aprii gli occhi e incontrai lo sguardo di Vic puntato su di me.
«Dove sei stata? Che ore sono?», biascicai con la voce impastata. Mi sollevai a sedere e sentii i muscoli che facevano male. Non stavo ancora bene, per niente.
Victoria non mi rispose. Se ne stava lì seduta, sul bordo del letto, e non sapevo se era ancora arrabbiata con me, o se era preoccupata per me, o altro.
«Hai ancora la febbre...», disse dopo di un po', in un sussurro.
Spostai gli occhi sulle sue labbra. Avevo voglia di baciarla.
La sua mano toccò di nuovo i miei capelli, spostando una ciocca dietro l'orecchio. E ogni volta che mi sfiorava era come se mi toccasse l'anima.
Poi si alzò e si distese al mio fianco, tirandosi su le coperte e coprendo anche me.
«Domani avrai la febbre anche tu se mi stai così vicino.»
«Non mi importa.»
Mi addormentai pochi istanti dopo, cullato dalle sue carezze.
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Insieme Sempre || Damiano e Victoria ||
Romance«... ma è vero che abbiamo un rapporto molto intimo, siamo più che fratelli, più che amici, più che ogni cosa.» Damiano e Victoria. Victoria e Damiano. Nessuno sa quale verità si cela dietro quell'amicizia dannatamente perfetta. C'è chi ipotizza una...