33. Mom

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(Dam's pov)

Maggio 2028

Ero letteralmente scappato di casa, neanche un'ora dopo averle chiesto di sposarmi.

«Io esco», le avevo urlato dietro la porta del bagno, e non avevo neppure aspettato che lei finisse di chiedermi dove stavo andando. Tanto non sarei stato comunque in grado di rispondere. Nemmeno io sapevo dove diavolo andare.

Avevo passeggiato lungo la sponda del Tevere con le cuffie nelle orecchie. Ero andato al bar, dove avevo incontrato qualche amico e approfittato per bere qualche birra in compagnia. Poi, ero finito per suonare il campanello a casa, da mia madre.

«Sei sola?»

«Sì, tuo fratello è con la sua ragazza.»

Mi ero seduto sul divano e avevo afferrato il telecomando, come ai vecchi tempi, mentre l'odore della cena che mia madre stava preparando inondava ogni angolo della casa.

Era questo ciò che mi aspettava in futuro? Victoria in cucina ed io sul divano ad accarezzare il gatto?

No, non poteva essere. A meno che Victoria non avesse frequentato qualche corso di cucina a mia insaputa.

«Ti fermi a mangiare con me?»

La voce della mamma mi salvò temporaneamente dai pensieri.

«Sì, va bene.»

«Victoria?»

«Non credo. Sarà uscita con le sue amiche o a quest'ora mi avrebbe già chiamato.»

Mi alzai dal comodo divano e raggiunsi la mia vecchia camera.

Quanti ricordi...

Le nostre foto erano ancora appese alla parete. Il barattolino con le matite per gli occhi era ancora al suo posto davanti allo specchio, così come tutte le altre cose che avevo lasciato.

Una differenza, però, la notai: il letto. Quelle lenzuola avevano ospitato le nostre chiacchierate, le nostre litigate e le successive riappacificazioni. Quel letto che era sempre sfatto perché "tanto è inutile rifarlo se poi devi riandare a dormire ogni notte", ora, era perfettamente intatto e senza alcuna piega sulla coperta.

«È successo qualcosa con Victoria?»

Sussultai. Non mi ero accorto della sua presenza. Chissà da quanto tempo era alle mie spalle.

«No, non proprio», le risposi.

«Vieni, è pronto. Se vuoi ne parliamo davanti ad un bel piatto di bucatini all'amatriciana.»

Seduto a quel tavolo, con la mamma a riempirmi il piatto, iniziai pian piano a realizzare che cosa avessi combinato.

E ora? Che cosa avrei dovuto fare?

Forse, era successo tutto troppo in fretta. Vivevamo insieme da tre mesi scarsi. Ero pronto per un passo così importante?

L'entusiasmo mi aveva travolto in pieno, impedendomi di riflettere abbastanza su quello che sarebbe successo in seguito.

Glielo avevo domandato così, impulsivamente. Io, che ero sempre rimasto indifferente al matrimonio, e lei, a cui non avevo neanche mai chiesto se sognasse l'abito bianco o se avesse preferito arrivare all'altare in calze a rete e minigonna.

Una certezza, però, ce l'avevo. Anzi, due: la prima era che Victoria era la donna della mia vita. La seconda, invece, era che la convivenza con lei stava andando bene.

Nonostante tutti avessero sempre scherzato sul fatto che ci saremmo odiati già dal primo minuto, e noi per primi eravamo quelli a crederci davvero, dovevamo ammettere, al contrario, che questa esperienza ci aveva uniti ancora di più di quanto già lo fossimo.

E poi, anche se l'avevamo ufficializzata solo qualche mese prima, Victoria ci aveva praticamente vissuto da quando avevo comprato l'appartamento. Mi aveva anche aiutato ad arredarlo. Quel posto era casa nostra, lo era stato fin dall'inizio.

«Qualcosa ti sta divorando la mente. Parla con me, Damiano. Lo sento che è successo qualcosa.»

«Le ho chiesto di sposarmi.»

Un boccone di bucatini per poco non soffocò mia madre. O forse erano state le mie parole?

Prese un sorso di vino, riempì di nuovo il bicchiere e fu pronta per affrontare l'argomento.

«Scusami tesoro, ma ero più preparata ad una cosa del tipo "Vic vuole mettere il copridivano zebrato mentre io lo voglio leopardato".»

Scoppiai a ridere e subito mi sentii un po' meglio. E mi resi conto che era da tanto che io e lei non passavamo un po' di tempo insieme. Dovevo ammettere che mi mancava, almeno un po'.

«E lei?», mi chiese poi.

«Ha detto di sì.»

Presi un bel respiro, prima di proseguire.

«Ora che ci penso, però, mi sembra di aver fatto una cazzata. Non è che io non voglia passare il resto della mia vita con lei, anzi, è la cosa che desidero di più al mondo. Ma forse non sono ancora pronto al matrimonio.»

«Non si è mai pronti per queste cose, Damiano. Vedi, non basta solo la persona giusta. Serve innanzitutto una buona dose di maturità, perché passerete il resto della vostra vita insieme e non sarà sempre tutto un mondo rosa e pieno di colore. Non potrai più venire a dormire dalla mamma ogni volta che lei ti sbatterà la porta in faccia.»

Non avrei mai pensato di sentire certe parole uscire dalla bocca di mia madre. Ma in fondo, non avrei neanche mai pensato di finire a casa sua a parlare di tutto ciò.

«Non fraintendermi. La mia porta sarà sempre aperta per te, e anche per Vic, ma dovrete imparare a tenere a freno l'orgoglio e abbracciarvi sempre, anche quando vorreste solo sbattervi addosso tutte le cattiverie del mondo, perché le cose vanno sempre aggiustate. Dovete continuare ad accettarvi ogni giorno per quello che siete, amare le vostre qualità ma soprattutto i vostri difetti. È normale avere dubbi, ma sono sicura che in questo preciso istante anche lei si starà facendo queste domande, proprio come te.»

La saggezza di una mamma fa sempre bene. La tranquillità che trasmette la voce della mamma rassicura l'anima.

Quando ero un ragazzino non credevo nell'amore. Poi ho incontrato lei. Ed ho iniziato a crederci, anche se ho sempre sostenuto che da solo non bastasse, che ci volesse qualcosa di più. E forse solo in quel momento, davanti agli occhi pieni di lacrime di mia madre e con la sua mano forte sulla mia, mi resi conto che ce l'avevo già quel qualcosa in più.

Io non avevo solo il suo amore, io avevo la sua anima. Avevo i suoi occhi bellissimi che mi sussurravano amore a tutte le ore del giorno, mentre le sue mani accarezzavano vogliose il mio corpo già suo. Perché quando le mie mani si univano alle sue, sul letto, sul divano, all'alba o al tramonto, i nostri corpi diventavano una cosa sola. E diventare una cosa sola significa non desiderare di essere in nessun altro posto se non fra le sue braccia. Significa non desiderare di vivere in nessun altro mondo se non in quello che stavamo inconsapevolmente costruendo passo dopo passo, giorno dopo giorno. Significa non desiderare altro cielo all'infuori dell'azzurro dei suoi occhi.

Credevo che l'amore non bastasse, perché non avevo ancora capito che l'amore non è solo due parole che si perdono nel vento, ma che l'amore implica l'appartenersi, che l'amore è una cosa che impari a conoscere solo con una persona nella vita. Perché l'amore è legare per sempre due vite. Ed io, per lei, avrei sempre fatto di tutto. Io avrei dato la mia vita per Victoria.

«È con lei che ti vedi nel futuro?»

«Certo, mamma», risposi, più convinto che mai. «Da quando l'ho conosciuta non sono più riuscito ad immaginarmi con nessun'altra.»

Insieme Sempre || Damiano e Victoria ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora