72. Diario

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(Vic's pov)

Maggio 2030

Era un lunedì mattina come tanti. Alzarsi dal letto era stato difficile un po' per tutti, ma per fortuna il sole splendeva nel cielo limpido di maggio.

Damiano era uscito per fare la spesa ed aveva portato Mia con sé, così sarei riuscita a dare una sistemata alla casa che sembrava essere stata travolta da una tromba d'aria.

Avevo svuotato la lavastoviglie e lavato le tazze usate per la colazione, sistemato i letti e raccolto tutti i giocattoli sparsi ovunque, steso i panni e caricato un'altra lavatrice.

Ed era arrivata l'ora dell'aspirapolvere. L'avevo guardata di traverso per qualche secondo prima di decidere di rinunciarci. In qualche modo avrei convinto Damiano a farlo quando sarebbe tornato.

Andai invece in camera e decisi di sistemare l'armadio. Ormai l'estate era alle porte ed era giunta l'ora di mettere da parte pellicce e pellicciotti e dare il benvenuto a top e camicette.

Sistemando un cassetto pieno di accessori di Dam trovai un quaderno. Non era uno dei soliti che usava per scrivere quando aveva l'ispirazione, questo era diverso.

Mi sedetti sul letto a gambe incrociate, aprii una pagina a caso e cominciai a leggere.


Quarto giorno senza di te.

Vorrei sapere come stai. Potrei mandare un messaggio a Thomas e chiedergli se ieri sera sei andata alla festa o se, come come, sei rimasta a casa a piangerti addosso. Conoscendoti però potrei dire con una certa sicurezza che avrai scelto la prima opzione.

Guardando il cielo viola del tramonto mi sono detto: domani la porto al mare. Poi mi sono ricordato che tu non sei più mia.


Ma che cazzo?!

Scorsi le pagine avanti e indietro, leggendo in cerca di una spiegazione. E invece mi ritrovavo solo più confusa.


Settimo giorno senza di te.

Ho ceduto alle suppliche di Lello: sono uscito di casa. Siamo andati in quel locale di Trastevere che mi piace tanto, e lì ti ho vista. La mia testa ha cominciato a girare, il respiro mi mancava come se improvvisamente fosse finita l'aria. Sono corso fuori.

Tutti mi guardavano come se fossi un alcolizzato. Fradicio di sudore, barcollante, attraversavo il traffico di Roma non curante dei clacson e dell'imprecare degli automobilisti.

Non ero ubriaco, non così tanto almeno.

Era tutta colpa tua.

Ho anche pensato di lanciare il telefono nel Tevere. Non la smetteva di suonare. Poi, per fortuna, il mio unico neurone funzionante mi ha suggerito di spegnerlo, piuttosto che gettarlo in acqua.

Arrivato a casa, mi sono subito infilato sotto la doccia. L'acqua gelida scorreva sul mio viso, sui capelli, lungo tutto il corpo. Accarezzava la mia schiena, come facevano le tue mani.

Sono uscito sul balcone tutto bagnato e con un asciugamano legato in vita e ho fumato un po'.

Il vento freddo di dicembre sfiorava la mia pelle, e ho pensato che forse quello stesso vento stesse scompigliando i tuoi capelli, che avevi freddo ma continuavi ad uscire con le cosce nude, che quel vento stesse trasportando il tuo profumo verso qualche ragazzo molto più fortunato di me.

Insieme Sempre || Damiano e Victoria ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora