(Dam's pov)
Ottobre 2018
Ero fuori a fumarmi una sigaretta, quando Thomas mi si piazzò davanti.
«La situazione sta degenerando. Dovremmo portarla a casa.»
Lo guardai come a dire "ci penso io", finii la sigaretta e poi rientrai.
La trovai scalza su un tavolo, con le scarpe in mano. Ed era bella da far invidia alle stelle.
A lei non serviva farsi notare, lei era diversa da tutte le altre. La sua bellezza spiccava in mezzo a tutte quelle persone. Anche se non si fosse messa su un piedistallo, avrebbe comunque attirato l'attenzione di tutti. Ma quella sera l'alcol doveva proprio averle dato alla testa.
Ballava come una pazza, abbracciata dalla musica, con troppi sguardi addosso.
Mi feci largo tra il pubblico che si era radunato a godersi lo spettacolo, cinsi le sue ginocchia con un braccio e la portai via in spalla come un sacco di patate.
Non si lamentò finché non la sistemai sul sedile della mia macchina, dove iniziò a realizzare la situazione.
«Dove mi porti? Io non voglio andare via! Voglio ballare ancora!», biascicò, completamente ubriaca.
«Andiamo a casa mia.»
«Perché a casa tua?»
«Perché se tuo padre ti vede in 'ste condizioni, m'uccide.»
«Sì, è probabile», scoppiò a ridere.
E anch'io mi feci trasportare da quel suono meraviglioso.
Dieci minuti dopo eravamo già entrati a casa mia, dove per fortuna non c'era nessuno.
Non avevo fatto in tempo a togliere il giubbotto, lasciandola sola per neanche trenta secondi, che già aveva frugato ovunque in cerca di altro alcol da ingerire.
La beccai con una bottiglia di vodka in mano, ma non fece caso a me e non cercò di nascondersi dalla mia vista.
«Non credi di aver già bevuto abbastanza?»
Non mi rispose. Salì su una sedia per arrivare allo scaffale in alto, quello dove erano riposti i bicchieri più piccoli per i liquori.
Mi avvicinai a lei, sia per paura che perdesse l'equilibrio a causa della sbronza, sia per fermare all'istante qualunque cosa stesse architettando la sua mente molto poco lucida.
Afferrai il suo polso prima che potesse aprire la bottiglia.
Victoria cercò di dimenarsi dalla stretta che io non avevo intenzione di mollare, quando poi strattonò il braccio lasciando la presa sulla vodka.
Il vetro toccò il pavimento frantumandosi in mille pezzi, e il silenzio che seguì quel rumore assordante fu subito interrotto dai suoi singhiozzi.
«Vic, ti prego. Non fare così.»
«Chi era quella ragazza?»
«Nun era nessuno, Victò!»
«Perché l'hai baciata?»
«È stata lei a baciarmi. E anche se fosse, sono libero di baciare chi mi pare.»
«E allora perché non hai baciato me?»
Colpito e affondato.
«Ne abbiamo già parlato, Vic. Per favore, non ritiriamo fuori l'argomento. Non ora.»
Le lacrime scendevano a cascata dai suoi occhi, mentre io avrei solo voluto stringerla tra le braccia e cullarla finché non si fosse calmata.
Continuava a fissarmi, gli occhi rossi, le guance bagnate e segnate dal mascara colato. Lo sguardo perso, vuoto. Ed io, come un vigliacco, non fui in grado di reagire.
La lasciai lì, sola con il suo dolore, e andai in camera mia. Mi spogliai, sistemai i vestiti che avevo lasciato sul letto prima di uscire, infilai la maglietta del pigiama e una tuta, legai i capelli.
Dovevo tenermi impegnato, dovevo occupare la mente. Non ce la facevo a vederla così, soprattutto quando la colpa di tutto era solo ed esclusivamente mia. Ma la cosa che faceva più male era non poterle dire la verità, perché l'avrebbe fatta solo soffrire ulteriormente.
Non potevo dirle di non essere riuscito a staccarle gli occhi di dosso per tutta la sera, perché era bellissima. Non potevo dirle che quella ragazza in realtà era solo una copertura, una distrazione che però non mi aveva distratto per niente, neanche un po'. E che quando le aveva versato il bicchiere addosso avevo dovuto ricorrere a tutto il mio autocontrollo per non scoppiare a ridere davanti alla sua faccia.
«Che gran puttana!», aveva sbottato quella tipa di fronte allo specchio del bagno.
«Non l'ha fatto apposta», le avevo detto.
Ed era vero. Victoria non lo aveva fatto di proposito, nonostante ci avesse comunque goduto dopo che era successo. Tutti eravamo scoppiati a ridere dentro di noi.
«Si vedeva da un chilometro che era gelosa da far schifo.»
Aveva davvero iniziato a stancarmi.
«Troia del cazzo.»
Non potevo restare con lei per un secondo di più, mentre insultava Vic per una cosa così stupida.
Sarei voluto andare da lei e baciarla ogni secondo fino all'alba, ma non potevo. La cosa più difficile era far finta che non me ne importasse niente di lei.
Ci trovavamo in una situazione assurda, in cui nessuno dei due sapeva bene come comportarsi, soprattutto per evitare di ferirci a vicenda.
Del nostro rapporto non ne aveva mai parlato nessun libro. Nessuna poesia aveva mai scritto del nostro legame speciale. Nessun bigliettino d'amore avrebbe potuto mai contenere tutto ciò che eravamo io e lei.
Eravamo una cosa così grande, ma era come se non fossimo niente. E questo mi spaventava a morte.
Io volevo solo rimanere fuori da questo vortice di insicurezze che mi trascinavo dietro, lo stesso che poi mi portava a sbagliare, lo stesso che mi faceva sbagliare tutto con lei.
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Insieme Sempre || Damiano e Victoria ||
Romance«... ma è vero che abbiamo un rapporto molto intimo, siamo più che fratelli, più che amici, più che ogni cosa.» Damiano e Victoria. Victoria e Damiano. Nessuno sa quale verità si cela dietro quell'amicizia dannatamente perfetta. C'è chi ipotizza una...