Capitolo 1

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Anastasya

Torno a casa dei miei con un vassoio pieno di dolci e una bottiglia di champagne che ho comprato nella strada di ritorno. Ho appena finito il primo mese all'ospedale Ivmed di Kiev, la mia città. Il mio sogno si è realizzato, dopo gli intensi studi e i tre anni di tirocinio presso varie città, sono finalmente tornata a casa per lavorare dove ho sempre desiderato. La mia specializzazione in chirurgia li ha convinti subito a darmi una possibilità e vista la scarsità di personale al pronto soccorso e lì che sto prestando servizio al momento. I turni sono stati massacranti per numero di ore, ma l'adrenalina per il nuovo incarico non mi fa pensare a niente.
È il mese di febbraio e devo fare attenzione, la strada è piena di neve ed è facile perdere il controllo delle auto. Camminiamo a passo d'uomo, tante auto in fila sulla statale e quando dopo un'ora intravedo la villetta dei miei tiro un sospiro di sollievo. Sono tornata a vivere con loro il mese scorso, ma visto il mio nuovo lavoro sono più che intenzionata a prendere in affitto una casa tutta mia. Mi chiudo bene il cappotto prima di scendere e tiro su il cappuccio. Afferro borsa, vassoio e bottiglia e con cautela busso alla porta di casa, ho le mani troppo piene per poter aprire da sola.

Mia sorella minore Hanna sbuffa venendo ad aprirmi. «Si può sapere perché non usi le chiavi?» Si lamenta tornando al suo telefilm che aveva messo in pausa. I capelli biondi spuntano dal divano dove è sprofondata. Ha solo diciott'anni sta per concludere le superiori e come tutti gli adolescenti pensa solo a se stessa. Ovviamente la adoro ma i dieci anni di differenza non ci hanno permesso di instaurare quel genere di rapporto tra sorelle, siamo più che altro zia e nipote, i miei hanno aspettato troppo ad allargare la famiglia.

«E tu sempre incollata alla tv. Non potresti aiutare mamma?» La redarguisco mentre mi avvio verso la cucina con le mie commesse. Hanna non mi risponde neanche e io alzo gli occhi al cielo indispettita. «Crescerà mai?» Mia madre mi rivolge un immenso sorriso, felice di vedermi.

«Ma certo Anastasya, non temere.» Faccio una smorfia poco convinta, io sono sempre stata più solerte ad aiutare la famiglia.

«Papà è arrivato?» Cambio discorso sapendo che mia madre non smetterà mai di viziarla.

«Sì, tesoro, sta facendo la doccia e la cena è quasi pronta. Va a cambiarti anche tu, hai il tempo sufficiente.» Mi sospinge verso le scale e io la faccio fare visto che sono troppo impegnata a togliere gli strati di sciarpa e cappotto che mi tengono troppo caldo in casa.

«Magari prima ti aiuto con la tavola.» Cerco di ritornare indietro.

«Non insistere e vai a mettere il pigiama Ana, qui ci arrangereremo noi.» Penso stia allundendo a mia sorella che per tutta risposta alza il volume della televisione.

«Okay.» Mi sembra troppo decisa per contrastarla e poi ho davvero bisogno di lavarmi e cambiarmi, è da quattordici ore che indosso questi vestiti.

Sbadigliando salgo le scale fino alla mia camera, domani dovrò ancora lavorare e poi avrò, finalmente, due giorni liberi. Sono settimane che aspetto questo momento, sono intenzionata a cercare un bilocale tutto mio.

Mi spoglio e metto tutto quello che indossavo nella cesta dei panni sporchi. Attendo che l'acqua si riscaldi mettendo un po' di ordine nel bagno che condivido con mia sorella. Il ripiano è pieno di trucchi e creme che sono abbandonati sul marmo. Mi torna in mente il mio vecchio appartamento e la mia vecchia vita dove il caos regnava in ogni stanza. Tiberio, il mio ex, assomigliava molto a mia sorella, solo che non era un ragazzino ma un uomo di trent'anni. Abbiamo convissuto per un anno, era ricercatore nella mia università ed è lì che l'ho conosciuto. Nonostante fosse nato subito qualcosa fra noi, i nostri ruoli ci hanno impedito di lasciarci andare. Non abbiamo potuto frequentarci se non come amici ma al mio terzo anno di specializzazione quella passione era alla fine esplosa. Ed è questo che lui era per me: passione allo stato puro. Per il resto dimostrava si e no diciott'anni, troppo immaturo e concentrato su se stesso per poter avere un futuro e alla fine non ho resistito. La mia decisione di ritornare a Kiev ha agevolato una scelta già presa, non eravamo fatti per stare insieme. Lui sosteneva di amarmi ma alla fine della storia io mi sentivo più una madre per lui che la sua donna e questo non poteva bastarmi. In questo mese ha cercato di incontrarmi ma non ne vedo la necessità, è finita, non voglio prolungare questo momento triste, dobbiamo entrambi voltare pagina.

Il vapore mi avverte che la doccia è pronta e finalmente il tepore che scorre sulle mie membra stanche alleggerisce la pesantezza delle nottate e dello stress. Goccia dopo goccia mi sento rinascere e con un sospiro concludo quel piccolo trattamento rilassante. Insapono i miei capelli biondi per poi sciacquarli. Passo dentro le dita e cerco di districarli anche se sono lisci con il gelo si arruffano tutti. Con calma passo la spugna rossa sul mio corpo minuto e l'odore di menta si sprigiona completando quel momento di relax.

Decido di indossare una semplice felpa grigia con dei leggings neri. Asciugo i capelli con poca attenzione e finalmente sono pronta a scendere per mangiare. Afferro il telefono dal comò e noto un messaggio da parte di Irina, la mia migliore amica da sempre praticamente. Vive nella casa di fronte la mia e quindi siamo cresciute insieme. Mi chiede di vederci dopo cena per un film. L'idea non mi dispiace affatto e le rispondo che la raggiungerò dopo le otto.

Scendo al piano di sotto e l'unica novità è mio padre che porta in tavola l'insalata. Hanna è sempre sul divano e mia madre dietro i fornelli.

«A tavola!» Il suo invito viene accolto da tutti felicemente.

«Ciao papà.» Mi avvicino all'uomo che adoro depositandogli un bacio sulla guancia. I suoi vispi occhi azzurri come i miei si girano pieni di gioia.

«Piccola Ana.» Mi stringe in un caldo abbraccio, che io ricambio subito. «Tutto bene, bimba mia? Ti vedo stanca.»

«Sì papà lo so, ma sono anche tanto felice. Ho sempre desiderato tutto questo.» Il suo bacio sul capo mi fa tornare bambina.

«Sì e io sono orgoglioso di te. Ma non stancarti troppo.» Il suo sguardo paterno mi fa capitolare.

«Okay, cercherò di fare meno straordinari.»

«Forza voi due, seduti.» Mia madre ha già riempito i nostri piatti e ora con Hanna seduta al suo fianco aspettano solo noi.

La cena è come sempre piacevole, mia sorella ci racconta qualche aneddoto della sua scuola facendoci ridere e anche io mi diverto a condividere con loro qualche caso particolarmente comico. Al pronto soccorso si vede di tutto.

Arriviamo ben presto ad aprire la bottiglia che ho portato. Mi alzo iniziando a scartarla. «Voglio festeggiare con voi il mio contratto a tempo indeterminato.» Annuncio scatenando subito la gioia dei miei familiari, persino mia sorella si alza per venirmi ad abbracciare.

«Ma così presto, brava figlia mia.» Mia madre è incredula.

«Già, non ci credo neanche io, ma ho parlato con il direttore e ha molto apprezzato il mio lavoro e tra sei mesi sarò spostata in sala operatoria. Potrò finalmente fare quello che volevo.» Gli strilli e i complimenti di gioia continuano e io come loro sono al settimo cielo.

Con un applauso apro lo champagne che poi verso nei quattro bicchieri di cristallo che Hanna ha recuperato dalla credenza. Il rumore di quel brindisi lo porterò per sempre con me, come i volti sorridenti e felici dei miei genitori, perché quando varcherò quella porta per recarmi da Irina la mia vita cambierà per sempre.

Con la Forza di un Carro ArmatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora