Aleksander
Mi stringo forte il capo fra le mani. Sono sull'aereo che mi riporta all'accampamento e non riesco a crederci. Le immagini di ciò che è accaduto in questa città mi torturano costringendomi a riaprire gli occhi. Siamo seduti come all'andata in circolo ma diversi posti ora sono vacanti. Il vuoto che si sente allo stomaco mentre il velivolo si alza in volo è solo un pallido riflesso di quello che sento al cuore.
Il silenzio è assoluto in quel ritorno in cui ognuno di noi è cambiato profondamente.Quando l'aereo tocca terra mi libero dalle cinture e ho un unica meta. Scendo velocemente dal portellone e quasi corro per la via che mi porta all'ospedale. Lei sarà là ne sono certo ed è troppo il desiderio di vederla.
«Aleksander! Dove vai? Dovremmo fare rapporto.» Mi richiamano ma io cammino senza fermarmi. «Aleksander... Aleksander!.» ignoro quei richiami. Si sono presi la mia vita un mese fa e mi hanno rubato la coscienza in questi sei giorni, ora ho bisogno di dimenticare. Ho rischiato di distruggermi.
Il mio passo è veloce, continuo a guardarmi attorno come se qualcuno potesse colpirmi da un momento all'altro e quando finalmente sto per arrivare me ne frego se sono sporco, stanco e se sto morendo di fame, mi interessa solo di ritrovarmi e lei è l'unica che può aiutarmi ne sono certo. Quando noto qualcuno davanti la tenda perdo un battito, riesco a scorgere proprio lei, non ho dubbi, il mio cuore l'ha già riconosciuta. Rallento solo il tempo di respirare. Mi è bastato solo vederla per tornare a farlo. Stringo i pugni e con imbarazzo concludo quei pochi metri che ci dividono. Vorrei correre ma mi trattengo, mi godo la sua vista dopo tanto tempo: i capelli raccolti, la divisa sempre troppo grande. Ad ogni passo vedo un dettaglio in più e fremo dal desiderio di poterla sfiorare presto. Lei resta immobile, come se non mi riconoscesse. Vedo una reazione in Irina, in Hanna, ma lei ha lo sguardo perso e questo mi preoccupa. È pallida, gli occhi arrossati, sono certo sia accaduto qualcosa. Mi guarda come se fossi un fantasma e anche se avevamo detto di mantenere il segreto sento il mio corpo fremere ardentemente. Voglio poterla stringere fra le braccia e risentire le emozioni intense di quella notte. È stato l'ultimo momento della mia vita in cui mi sono sentito tutto intero, ora sono stato spezzato.
Hanna mi corre incontro e le sorrido felice, le sue braccia mi cingono la vita e mi restituiscono un po' di calore. Il suo affetto mi è caro, tengo a lei come se fosse la mia di sorella. Anche Irina mi sorprende avvicinandosi lentamente e non appena Hanna mi lascia andare anche lei mi butta le braccia al collo. «Grazie Aleksander. Io... grazie.»
«È ancora vivo. Ho controllato stamattina.» Le mormoro all'orecchio mentre la cingo leggermente. «Ho controllato ogni giorno i suoi movimenti.» La sento stringermi più forte prima di iniziare a piangere sul mio collo. I miei occhi sono su Anastasya, che invece di ricambiare sfugge al mio desiderio di contatto. Spinge le mani nella giacca, come se volesse essere da un'altra parte.
«Scusa.» Si allontana asciugandosi le lacrime. «Io non so cosa dirti se non questo.» La vedo piccola davanti a me e sono felice di aver alleviato il suo dolore almeno un poco.
«Tranquilla, fino a quando potrò farlo lo farò.» Mi abbraccia ancora prima di ritornare indietro accanto ad Anastasya che all'improvviso alza gli occhi su di me e comincia a fissarmi senza né muoversi né parlare. Non so bene cosa fare, non vorrei pretendere da lei quello che non è disposta a darmi e nonostante il mio istinto mi spinga ad avvicinarmi a lei, con difficoltà riesco a resistere e a contenere la mia reazione. Ricambio il suo sguardo fino a quando mi arrendo a mostrare i miei timori.
«Anastasya.» È un bisbiglio doloroso. Lasciare andare il suo nome mi fa stringere la gola. Sono giorni che volevo dirlo e ora non mi sembra vero. I suoi occhi mi fissano ora il petto e il suo corpo resta immobile con le braccia lungo i fianchi. Sembra pronta a crollare da un momento all'altro. Siamo vicini, la riesco quasi a sfiorare e ho così necessità di lei... questa sua reazione mi ferisce. Forse... forse ho frainteso tutto. Forse per lei io...
«Aleksander, vieni dentro.» Hanna, con entusiasmo, mi prende il braccio che tira nonostante il suo equilibrio precario. Non so se lasciarla fare ma non avendo reazione da parte di Anastasya mi convinco di si. Con sofferenza alzo gli occhi da lei per rivolgerli alla sorella. Non mi resta molto da fare e con fatica accetto la sua offerta.
«Certo andiamo.» La guardo un'ultima volta e con un sospiro faccio il primo passo verso dentro. Mi passo la mano tremante sul capo e quando sto per superarla sento il mio cuore spezzarsi. Mi obbligo a proseguire poi sento qualcosa di freddo stringermi la mano sinistra. Trattengo il fiato e i miei occhi corrono subito là a quella stretta, sono le sue dita quelle che inaspettatamente fermano il mio cammino. Il mio corpo subito reagisce e io vorrei sospirare per aver ottenuto il contatto che tanto bramavo.
«Dai Alek.» Insiste Hanna.
«Ragazze, potete scusarci un attimo.» La sua voce è debole ma le sue dita non lasciano la presa. I suoi occhi si alzano nei miei e finalmente ritrovo quella complicità che ho rivisto ogni giorno nella mia mente. I nostri sguardi uniti, pronti a dirsi quello che neanche le parole possono spiegare.
«Mah.» Hanna protesta ma dall'intervento di Irina mi rendo conto che ha capito qualcosa.
«Certo, Hanna andiamo.» La sospinge dentro lasciandoci finalmente soli. Occhi negli occhi lascio i miei polmoni riprendere fiato e vedo lei fare la stessa cosa. Il suo labbro trema leggermente quando girandosi mi tira in disparte. La seguo senza resistenza e quando siamo coperti da sguardi indiscreti riprovo a chiamarla.
«Anas...» Non riesco a finire il suo nome quando girandosi mi mostra le lacrime che le rigano le guance. Non sembra credere che io sia davvero qui e il suo sguardo sofferto mi dice tutto quello che volevo sapere. Lei tiene a me e sono certo mi abbia pensato in questi giorni almeno quanto io abbia fatto con lei. La guardo dolcemente cercando di rassicurarla mentre le nostre mani sono ancora unite. Qualcosa in quell'azzurro in tempesta cambia e non faccio in tempo a dire qualcosa perché le sue labbra sono finalmente sulle mie. Con urgenza si spingono sulle miei che subito si aprono per accoglierla. I miei sensi ritrovano il suo dolce profumo e me ne sento stordito come dal suo disperato assalto. Le mani lasciano le mie per afferrare la stoffa della giacca che ora stringono con forza avvicinandomi a lei e io le afferro la vita circondandola con i palmi sospingendola verso me. Quando le lingue si sfiorano un suono rude mi scivola via fra le labbra mostrandole tutto il mio desiderio. Le sue dita allora lasciano la presa e salgono a stringermi il capo invogliandomi a farne altri. Approfondisco il bacio, accarezzo la sua lingua mentre struscio i palmi sulle sue curve irresistibili. Siamo talmente vicini che riesco a sentire ogni parte del suo corpo scontrarsi con il mio. Le sue attenzioni cancellano i miei ricordi e i suoi mugolii sono il più meraviglioso dei suoni. Siamo stretti in un abbraccio in cerca di noi stessi, della nostra pace e io, finalmente, sento dolcemente lenire le mie ferite.
Lentamente ci stacchiamo per guardarci nuovamente negli occhi, i suoi brillano talmente tanto che ne resto incantato come davanti a un gioiello prezioso.
«Mi sei mancato.» La sua fronte si posa sulle mie labbra.
«Anche tu, Anastasya, non hai idea di quanto.» Sospiro stringendola a me. I suoi capelli mi solleticano il viso e io chiudo gli occhi concentrandomi sul benessere di averla con me. Quando sento di avere ripreso il controllo la allontano leggermente il suo sguardo lucido di gioia ritorna nel mio e io lentamente mi abbasso per unire nuovamente le nostre bocche.
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Con la Forza di un Carro Armato
RomanceAnastasya è una laureanda in medicina piena di sogni e di speranze. Ha appena finito la sua prima settimana all'ospedale di Kiev, la sua città ed è pronta a festeggiare con la sua famiglia il contratto a tempo indeterminato. Per realizzare il suo so...