Aleksander
Seduto alla mia scrivania di lavoro improvvisata in mezzo a questo campo, oggi mi sento tremendamente in colpa e inutile. Hanna dorme sul mio letto rannicchiata fra le coperte. Sono subito andato da loro quando ho saputo cosa era accaduto. Con rammarico mi passo una mano fra i capelli mentre aggiorno le coordinate di quello scontro. Fuori sta sorgendo l'alba e io non posso che pensare a tutti quelli che non la vedranno più. Gli occhi mi fanno male e con i gomiti sul tavolo mi passo i polpastrelli su di essi più e più volte in cerca di pace, in cerca di un senso a questa tragedia
Sono arrivato in ospedale e sono rimasto pietrificato per gli orrori che ho visto. Era la prima mina a colpirci ed è stata la prima volta in cui ho sentito l'odore della carne bruciata. Terribile, terribile giorno. Mi fermo con la fronte sopra i palmi. Anastasya correva da una parte all'altra impartendo ordini alla povera Irina che con coraggio cercava di aiutarla nonostante le tremassero le mani e poi c'era Hanna. Se ne stava nel suo angolo con gli occhi pieni di lacrime a cercare di tagliare le garze così come richiesto. Non ho resistito e ancora una volta l'ho portata via. Il suono del suo respiro regolare mi tranquillizza bastandomi per non impazzire, è anche per lei se ogni giorno cerco di sopravvivere. Trascorro la mattinata a lavorare con lei che legge uno dei miei libri in silenzio e quando finisco una riunione le faccio cenno di andare a mangiare.
La mensa è piena e rumorosa, gli occhi di molti sono puntati sulla giovane donna che mi accompagna. Ha la bellezza della sorella e a niente serve il berretto a coprire i suoi lunghi capelli biondi o la divisa informe a coprirla tutta. Io vedo solo una ragazzina indifesa ma negli occhi dei commilitoni noto la malizia che mi disgusta. Cerco di tenerla stretta al mio fianco. Hanna capisce che non sono in vena di parlare e forse anche lei si sente a disagio in quel luogo. Finiamo in fretta di mangiare e le faccio un sorriso rassicurante che viene ricambiato dal suo incerto. Yari e Uliano entrano dalla porta proprio quando noi stiamo per andare via. Abbraccio Hanna e tenendola stretta la sorreggo e la nascondo da quei viscidi uomini. Fortunatamente ci scambiamo solo un'occhiata poco amichevole mentre il suo sguardo con un ghigno segue la giovane Hanna. Come può rimanere insensibile ai fatti di ieri, ai poveri ragazzi morti e restare solo un bastardo. Non riesco a considerarlo un uomo.
«Alla fine hai scelto la ragazzina, non ti credevo un pedofilo.» Il suo amico ride sguaiato. «Io sono tutto per la sorella, ha un culo...» Non riesco a sopportare oltre. Stringo i pugni fino a graffiarmi i palmi e aiutando Hanna accelero il passo per non sentire più la sua orribile voce.
Una volta fuori mi sembra di ricominciare a respirare anche la ragazza si tranquillizza e camminiamo parlando fino alla tenda dell'ospedale.
Sento il cuore cambiare il suo battito quando la possibilità di vedere Anastasya si fa più vicina. Cammino con Hanna per quei viottoli con l'unico desiderio di essere da lei presto. Ho bisogno del suo viso per placare lo sconforto che cresce dentro e quando finalmente la scorgo davanti a me seduta accanto a Vasilii mi sembra più bella che mai. Trattengo il passo che vorrebbe accelerare e incastro i miei occhi nei suoi. Vedo il suo viso stanco. La treccia quasi del tutto sfatta. La sua mano poggiata sul braccio del mio amico che ha lo sguardo afflitto, perso davanti a se. Vasilii è sempre stato il più forte dei tre. Il più devoto all'uniforme che porta sebbbene non ne condividesse la scelta che ci ha portati qui. La vicinanza di Ananstasya lo fa stare meglio e io le sono riconoscente per quei gesti che ha verso di noi. L'abbiamo costretta a questa vita e lei continua a mostrare molta umanità nei nostri riguardi.
Quando finalmente arriviamo Hanna torna in tenda ad aiutare, dopo aver salutato sua sorella e Vasilii che neanche le risponde.
«Ciao Vasilii.» Cerco parlando ad alta voce di farmi sentire.
«Ah, ciao Ale.» Alza lo sguardo su di me e poi lo riporta in basso fra le pietre sotto le sue scarpe.
«Ehi Vasilii.» Mi inginocchio davanti a lui che non può che guardarmi.
«È stato orribile amico, orribile.» Scuote la testa. «Io sono il capitano, avrei dovuto proteggerli.» Non è così semplice purtroppo.
«Sai che non avresti potuto fare niente. Lo hai detto tante volte anche a me.» Cerco di ricambiare le tante volte in cui lui mi ha fatto comprendere che la guerra è imprevedibile, così gli attacchi, le trappole, tutto quel gioco al massacro.
«Sì, hai ragione, ma ti senti lo stesso colpevole.» Come dargli torto.
«Sì, lo so, ma pensa ai tanti che hai riportato indietro.» Che sono stati tanti.
«Io non...»
«No, tu sì. Guardali.» Lo obbligo a guardare oltre la tenda, oltre me e Anastasya, quel gruppo di uomini che se ne stanno sdraiati sotto la tenda di ristoro. «Quelli sono solo una piccola parte.» Lui annuisce e io mi siedo sul fianco destro di Anastasya completando quel trio di silenzioso appoggio.
«Come va?» le mormoro mentre respiro il suo profumo in cerca di sollievo. Mi avvicino per non farmi sentire da Vasilii e lei sussulta alle mie parole sussurrate. È talmente bella. Non resisto a non toccarla e per darle io un po' di conforto, le sciolgo quella treccia per poi passare le dita su quei fili aggrovigliati.
«Meglio.» Il suo respiro è accelerato e con la scusa di ridarle l'elastico intreccio le nostre mani. Un sospiro sofferto mi esce rumoroso quando l'unione dei nostri palmi mi riempie di brividi il corpo. È come se mi stessi rigenerando. Cerco di nascondere quel contatto fra noi, portando le nostre mani sul poco spazio che ci divide.
«Ho bisogno di te.» Lascio andare la verità in tono roco e pieno di aspettativa. Mentre i nostri petti si alzano e abbassano all'unisono. Con il pollice le accarezzo il dorso della mano. La sua pelle è morbida come mi aspettavo e io sto superando un limite che non avrei dovuto varcare. Ma quando, dopo la sorpresa iniziale, le sue dita stringono le mie in cerca del mio sostegno e con la mia stessa necessità, capisco che anche lei come me si sentiva sola.
Mi godo quel contatto come se fosse acqua per un assetato e quando Vasilii si alza di scatto come se non potesse più stare là mi obbligo a placare la delusione che il nostro momento sia finito. Il mio amico ha bisogno di me.
«Ehi, dove vai?» alzo la voce per farmi sentire sembra quasi sottoshock. Libero Anastasya dalla mia presa ma non riesco a non guardare la sua pelle rosa quando posa il palmo sulla sua coscia. «Vasilii, dai andiamo ti accompagno.» Respiro per l'ultima volta il profumo di lei e mi obbligo ad alzarmi.
«Questo è tuo.» L'elastico mi è rimasto in mano e glielo porgo sfruttando la possibilità di un altro contatto. I nostri occhi si legano ancora più complici. Sta accadendo anche se non sarebbe dovuto. La confusione che avvolgeva i sentimenti che la sua presenza mi ha scatenato ora si sta diradando come nebbia al sole. Sempre più chiaro mi è cosa lei sta diventando inevitabilmente, follemente, necessariamente.
«Forza...» Interrompo il nostro scambio nella speranza di riprenderlo presto e porto il braccio sulle spalle di Vasilii. Lo scuoto provando a risvegliarlo, non è ancora il momento per lo sconforto. «Andiamo dai, che ti racconto una delle mie storie sui pianeti che ti piacciono tanto.»
«No, ti prego, sto già meglio.» Odia le mie descrizioni accurate dell'universo e in questo caso ne sono felice.
Accarezzo con lo sguardo un'ultima volta il suo viso e mi avvio con il mio amico verso la sua tenda. «Ci vediamo più tardi.» Quasi le bisbiglio. Questa notte sarò a guardia da loro. Con il caos che è successo Dimitri non è ancora tornato e la mia partenza per Mariupol è stata spostata di un giorno. La possibilità di rivederla presto, placa l'inquietudine per quel viaggio che mi attende.
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Con la Forza di un Carro Armato
RomanceAnastasya è una laureanda in medicina piena di sogni e di speranze. Ha appena finito la sua prima settimana all'ospedale di Kiev, la sua città ed è pronta a festeggiare con la sua famiglia il contratto a tempo indeterminato. Per realizzare il suo so...