Capitolo 74

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Aleksander

Un giovane ragazzo si ferma, come me, davanti il portone di Anastasya e quando suono il citofono mi guarda sorpreso con il sopracciglio alzato.

«Tu sei Aleksander?» Mi domanda in attesa che qualcuno ci apra.

«Sì, tu invece?» ora sono io a scrutarlo

«Sono Marko, il ragazzo di Hanna.» Resto sorpreso a quella dichiarazione, non pensavo di incontrarlo così presto.

«Bene, allora approfitto subito per dirti che se la fai soffrire sei un ragazzo morto, figlio mio.» Gli sbatto con forza la mano sulla spalla che si piega sotto la mia pressione, la stringo senza pietà aumentando la smorfia che gli si è dipinta in viso. «Penso che ci siamo chiariti.»

«Sì.» Balbetta sofferente.

«Bene, forza andiamo, hanno aperto.» Gli faccio cenno di entrare per primo e già sono soddisfatto dal suo atteggiamento, non ha reagito e non è scappato, forse, è davvero un bravo ragazzo.

Al piano arriviamo in silenzio e Hanna mi salta subito in braccio non appena mi vede sotto la luce gialla del corridoio. «Aleksander!» la stringo a me baciandole il capo. Il povero Marko fissa prima la sua ragazza stretta a me e poi le punte delle sue scarpe portandosi la mano alla spalla sofferente.

«Ciao bellezza.» La rimetto giù mentre Anastasya ci invita a entrare.

«Hai conosciuto Marko.» Le sue braccia avvolgono le spalle di Marko e vedo che è molto presa.

«Ahi!» non riesce a trattenere il giovane.

«Che hai fatto?» Preoccupata Hanna si rivolge a Marko che cerca di tranquillizzarla mentre la segue in cucina per mettere del ghiaccio sulla spalla.

«Ho sbattuto alla porta... stai tranquilla, tutto bene.» Annuisco soddisfatto sotto lo sguardo attento di Anastasya.

«Sei stato tu?» mi guarda rimproverandomi con il suo dito indice alzato contro di me.

«Cosa?» l'aiuto a chiudere la porta e la prendo fra le braccia.

«Lo sai bene.» Continua a insistere lei quando io voglio solo una cosa. Approfitto del fatto che Hanna e Marko si sono allontanati e senza pudore la stringo a me baciandola con urgenza. La mia lingua si intrufola indisturbata nella sua bocca e con lentezza accarezza la sua desiderosa di mostrarle tutto il mio bisogno. È uno di quei baci che ti lascia ansante e speranzoso di andare oltre, sempre di più, fino all'oblio.

La voce di Hanna si avvicina nuovamente e allora riluttante allento la pressione fino a depositarle un lesto bacio sul naso e la lascio andare. Non ho ancora il pieno controllo e cerco di riprenderlo levandomi la giacca e la cravatta. Non sono passato neanche dall'albergo per essere subito da lei.

Poso tutto sulla poltrona vicina all'entrata e mi accorgo che Ana è ancora ferma dove l'ho lasciata. Catturo i suoi occhi mantenendo la distanza. Non mi sembra il caso di dare insegnamento a quei due di come si soddisfa una donna anche se quando vedo la sua maglia scivolata sulla spalla e la parte alta del seno li in bella mostra, credo di non avere più aria nei polmoni.

«Non indossi il reggiseno.» Le bisbiglio avvicinandomi. Lei si passa la mano fra i capelli e mi guarda confusa. «Non hai il reggiseno.» Lei abbassa gli occhi su di sé e imbarazzata tira su la maglia, la misera canottiera che indossa non riesce a contenere le sue curve.

«Dovevo ancora prepararmi, siete entrambi in anticipo di un'ora.» Si lamenta oltrepassandomi. Le afferro un braccio prima che vada oltre e la sua schiena si poggia sul mio petto. Alzo gli occhi verso i ragazzi che vedo uscire in terrazzo. Marko è fortunato, Hanna si sta prendendo cura di lui e io voglio altrettanta fortuna.

Con la Forza di un Carro ArmatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora