Hanna

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Hanna

«Zia Hanna, zia Hanna.» Una bellissima bimba con i capelli biondi corre verso di me: è Isabella la mia nipotina e terremoto vivente.

«Chi sono?» mi chiede rivolta alle foto sorridenti che abbiamo scelto io e sua madre per i nostri genitori.

«Sono i tuoi nonni.» La vedo avvicinarsi per deporre una bacio in ogni foto.

«La mamma dice che ai nonni piacciono i baci.» È così tenera.

«Sì, è così tesoro mio.» È passato così tanto tempo da quando questa terra era la mia casa e i miei genitori vivi che sento il dolore lontano per la tragedia che abbiamo vissuto.

Mi sono laureata appena un mese fa e come regalo ho scelto di tornare qui. Anastasya, come me, non aveva avuto il coraggio di rimettere piede in Ucraina dal giorno in cui l'abbiamo lasciata. I nostri amici sono stati gentili a venirci a trovare ma ora che Irina e Andrew stanno per sposarsi volevo dare il coraggio e la motivazione a mia sorella per venire. So che se io non fossi stata pronta lei non sarebbe venuta, ma io le dovevo questa gioia. Anastasya è stata tutto per me fin dal primo momento, così come Aleksander lo è stato non appena conosciuto e ora questa manina che si stringe alla mia è la cosa più importante al mondo.

Sono cresciuta in questi anni, come donna soprattutto e ho capito bene ora cosa è stata per noi questa guerra. Forse a diciott'anni ho voluto romanzare un po' la mia avventura ma ora sono consapevole dei sacrifici, del dolore, della morte, della fortuna che ho avuto.

«Zia, zia io ho fame!» la piccola mi tira giù per posare la mano sul suo pancino. «Vedi, brontola.» Ha appena due anni ed è molto precoce per la sua età.

«Allora andiamo a riempirlo. La nonna non mi perdonerebbe mai se ti lasciassi a digiuno.» Le faccio il solletico e la prendo in braccio lasciandomi avvolgere dal suo dolce profumo.

«Mamma papà lei è Isabella, volevo che la conosceste. E volevo anche dirvi che io sto bene. Sono felice.» Mando loro un bacio con la mano.

«No piangi!» Isabella mi stringe baciandomi la guancia. «No, zia, no piangere. Hai la bua?» Sorrido. «Andiamo, la mamma bacetto.» Con la sua vocina dolce e le parole un po' storpiate seguo il suo ditino che mi indica mia sorella e mio cognato che parlano seduti su di una panchina.

Anastasya è nuovamente incinta e Aleksander le sussurra qualcosa all'orecchio mentre con la mano le accarezza il ventre leggermente arrotondato.

«Ecco mamma e papà, io vorrei un'amore così come era anche il vostro.» Una folata di vento sembra accarezzarmi il viso. Stupita vedo le foglie tremare degli alberi e in cuor mio nasce la convinzione che siano stati i miei genitori per rassicurarmi che sarà così anche per me e più serena raggiungo la mia famiglia.

«Allora, si va?» Anastasya mi sorride.

«Mamma, mamma zia bua.» La piccola le corre in braccio mentre con voce preoccupata le racconta le mie pene.

«Tutto bene Hanna?» Aleksander si alza passandomi il braccio sulle spalle per poi stringermi a se.

«Sì, tutto bene.» Poggio il capo sulla sua spalla sotto l'occhio attento di mia sorella che studia la mia espressione. Cerco di rassicurarla senza parlare, adoro mia sorella e il suo sorriso mi mostra che ha capito.

Anche lei si alza e tutti e quattro ci avviamo verso l'uscita.

«E ora di andare, Irina ci sta aspettando.» Anastasya prende Isabella in braccio. «Ah mi ha parlato di un suo cugino perfetto per te.» Mi strizza l'occhio. Aleksander sbuffa e io mi preoccupo.

«No, Ana, no.» Non voglio degli incontri al buio non portano niente di buono.

«È un ambasciatore, trent'anni e tra un mese sarà trasferito a Roma.»

«Ho detto: no.» Accelero il passo per liberarmi di lei.

«Anastasya, piantala.» Aleksander cerca di farla ragionare. La manina di Isabella è di nuovo nella mia.

«Ma è un bel ragazzo.»

«Ah, sì. E da quando guardi gli altri bei ragazzi?» Non li ascolto già più e quando davanti al cancello del cimitero mi giro a guardarli, scuoto la testa, ovviamente i due sono stretti l'uno all'altro.

«Ora basta piccioncini... muovetevi che il mio futuro marito mi attende.»

«Cosa?» Aleksander non ha ancora abbandonato il suo ruolo da cavaliere difensore nei miei riguardi.

«Amore mio, è una donna ormai.» Cerca di farlo ragionare e io faccio il solletico alla mia nipotina che con il suono allegro delle sue risate riempie il vuoto malinconico di questo posto.

Ciao mamma e papà. Noi stiamo bene e nonostante tutto la vita è meravigliosa.

Con la Forza di un Carro ArmatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora