Capitolo 14

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Aleksander

Questa situazione non mi piace per niente. Non posso credere a quello che sta accadendo. Impotente assisto alla proposta del mio amico. Ho cercato di fargli cambiare idea ma poi lui mi ha spiegato che l'ordine di portare dei medici era perentorio, e che quindi Yari non si sarebbe fatto scappare questa occasione e allora non ho potuto che essere d'accordo con lui. È una situazione del cazzo per loro ma, portandole noi, avremo il potere di controllare la situazione.

Osservo dentro l'auto e la donna alla guida è molto impaurita. Tortura le sue mani guardando davanti a se come se questa conversazione non la riguardasse. Sembra avere la stessa età di Anastasya, mentre la ragazzina seduta dietro è molto più piccola. Vedo un gesso coprirle metà gamba e questo è un male. Verra vista come un peso in questo momento in cui tutto è importante: cibo, acqua qualunque cosa. Mi sbircia da sopra lo schermo del cellulare e vedo la sua necessità di fidarsi di noi. Forse è l'unica che non ci guarda con diffidenza. Torno a guardare la bionda che mi ha lasciato senza fiato e quando Dimitri ci alletta per la presenza di Yari cerco di convincerla ad accettare.

Mi guarda stupita dalla mia supplica, ma non posso sopportare quello che fanno alle donne gli uomini come lui. È una sfida la nostra. Il suo mento si alza, i suoi occhi mi fissano gelidi come la neve che ci sta attorno. Sembra una leonessa che vuole proteggere il suo branco è talmente intenso quello che percepisco che mi si aprono le labbra in cerca di più aria. Per un attimo mi sembra che siamo solo noi e che la mia proposta era solo quella di bere un drink, sarebbe stato bello. Sarebbe stato interessante.

«Ana, dì di sì.» A quella voce gli occhi della ragazza si riempiono di stupore, è stata la ragazza giovane a parlare e credo abbia molta influenza su di lei. Noto una piccola luce farsi strada in Anastasya e capisco che quella è la sua resa.

«Vasilii se non ti dispiace ci pensiamo noi alla signorina... oh ma che meravigliosa scoperta non è da sola.» Il lupo si inorgoglisce il petto alla vista delle prede e non mi trattengo dal parlare.

«Scusa Yari, ma non penso sia una buona idea far aspettare il comandante perché tu vuoi fare conoscenza. Noi stavamo andando.» Faccio il giro dell'auto e apro lo sportello. L'uomo mi guarda con gli occhi fiammeggianti, non siamo andati mai d'accordo e mai lo faremo e credo che stia diventando pericolosa questa sfida fra noi, ma questo non è il momento per iniziare una tregua.

«Alekasander... sai che l'ho vista prima io!» sibila arrabbiato, mentre io faccio un cenno alla ragazza alla guida affinché si sposti. La sua paura la fa subito spostare sul lato passeggero.

«Beh, Yari, non ho tempo per le tue rivendicazioni.» Vasilii apre lo sportello di dietro invitando la bionda a salire. La sento sbuffare una volta dentro, ma non ho tempo neanche per le sue di proteste.

«Bene Dimitri, andiamo alla jeep. Ale seguici.» Acconsento agli ordini del mio sergente e accendo l'auto per andare. La fila è stretta e con difficoltà riesco a fare inversione di strada. Nel silenzio che avvolge l'abitacolo capisco la grande responsabilità che ci siamo presi. Sono tre donne quelle che sto scortando, il che è già un guiaio in guerra ma se ci metto che sono anche molto belle, mi rendo conto che sarà ben difficile la nostra posizione. Sento un bip provenire dal mio palmare, accosto un attimo per controllare che vada tutto bene e poi impreco sbattendo una mano sullo sterzo. Quegli stronzi hanno colpito un ufficio pubblico che avevo segnato come pieno di civili. «Fanculo.» Sento dei respiri accelerare quando ripongo l'oggetto elettronico nella mia tasca e mi dispiaccio per la mia reazione. «Scusate.» Cerco di sorridere conciliante e decido di presentarmi e di chiarire loro la situazione mentre andiamo. «Io sono Aleksander Petrov.» Dico anche il mio cognome nella speranza che inizino a fidarsi di me. «Sono un ingegnere spaziale prestato a questa orribile realtà.» Voglio che sappiano che non sono a favore della guerra, ma evito di usare quel termine troppo forte. «Voi invece siete?»

Dallo specchio retrovisore vedo le labbra della bionda chiudersi infastidite, ma non distoglie gli occhi da me.

«Io sono Hanna e sono la sorella di Anastasya.» La giovane indica la bionda che le sta accanto che si volta di scatto dalla sua parte, invitandola a fare silenzio.

«Hanna!» Il tono è perentorio ma Hanna non sembra preoccupata dalla reazione della sorella.

«Mentre lei è Irina una nostra cara amica.» Mi giro verso di lei.

«Piacere.» Cerco di essere gentile e vedo Irina mordersi la lingua per mantenere il silenzio, penso le venga difficile essere scortese.

«I tuoi amici sono quelli davanti a noi?» Hanna indica la jeep davanti a noi. «Ci violenteranno?» Quella domanda mi coglie di sorpresa, ma forse mi aiuterà a far capire loro come devono comportarsi. Prendo un gran respiro e inizio la mia paternale.

«La situazione non è delle migliori, non ve lo nego. Ma ormai vi avevano viste e non c'era molto da fare come vi ha spiegato Vasilii. Al campo dovrete aiutare i sanitari e se farete un ottimo lavoro con la nostra protezione nessuno vi farà del male.» Parlo lentamente come si farebbe a un bambino. La mia voce è seria, voglio che sia chiaro che non è un gioco. «Cercheremo di fare il possibile non lasciandovi mai sole per quanto c'è consentito.» Purtroppo non siamo qui in vacanza, ma oltre a noi tre ci sono altre brave persone fra l'esercito che sicuramente ci aiuteranno. «Voi però dovete aiutarci.» È il punto cruciale. «Dovrete essere trasparenti. Non fatevi notare. Nessuna discussione, nessun atteggiamento confidenziale. Cercate di camuffare il vostro aspetto.» Vedo tutte e tre le donne fissarmi attentamente. «Siete delle belle ragazze ma non dovrete darlo a vedere. Ripeto, siate invisibili. Cercate di andare in giro il meno possibile, soprattutto da sole.» Ho finito le raccomandazioni e ora aspetto i loro commenti, che spero arrivino presto perché stiamo arrivando.

«Ci sono altre donne al campo?» Anastasya mi fa quella domanda che mi coglie impreparato.

«No, non ci sono donne.» Sbircio dallo specchietto e i suoi occhi mi fissano decisi, senza timore sostiene il mio sguardo e alla fine sono io ad arrendermi e ad ammettere quel dettaglio non da poco.

«E come cazzo pensi che possiamo essere trasparenti se siamo le uniche donne?» non è una vera domanda, il suo tono furioso è giustificato.

«Facendo solo il lavoro che vi verrà richiesto e rimanendo chiuse in tenda.» Sono convinto che sia una buona soluzione.

Vorrebbe aggiungere altro, lo vedo dalla sfida nei suoi occhi che il discorso non è finito, ma ora tace per non preoccupare le sue amiche. Le faccio un cenno di assenso ne parleremo dopo.

L'accampamento è alle porte e anche questa volta sento un nodo in gola alla vista di quella distesa verde e marrone di tende e mezzi militari. Odio essere qui e ora non è solo la preoccupazione per me stesso che non me lo fa piacere ma anche delle tre ragazze che si guardano intorno sempre più preoccupate. La mia nuova auto attira l'attenzione di qualche militare rimasto a riposare. Solitamente vengono fatti due turni di attacco: giorno e notte per non stancarci tutti. Come se si potesse realmente dormire in quel posto.

«Mi raccomando. Non parlate con nessuno.» Attendo l'arrivo di Dimitri e Vasilii metre un paio di militari si avvicinano a noi. Non appena guardano in auto i loro volti si aprono in grandi sorrisi.

«Ottima caccia Aleksander.» Il più vicino al finestrino mi colpisce con una pacca alla spalla. Ricambio il sorriso con sguardo gelido che lo fa indietreggiare e quando il comandante avanza con i miei amici avverto che è ora di andare in scena. «Lui è il comandante, è una brava persona, comportatevi bene perché nonostante ciò il luogo rende tutti potenzialmente pericolosi.»

«Tienilo a mente.» Sento la sua voce bisbigliarmi quella minaccia mentre si ferma al mio fianco. E io non posso che rimanere sempre più colpito dal suo caratterino.

Con la Forza di un Carro ArmatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora