Capitolo 17

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Anastasya

Resto accanto a lui in silenzio a osservare quel fuoco che ci scalda dal bidone. Le fiamme si alzano e abbassano combattendo con la nottata gelida. Umanamente mi dispiaccio per loro che devono dormire qui fuori ed è così assurdo provare quel sentimento, da giorni ormai cresce in me l'odio verso quel popolo che ha distrutto la mia vita. E invece...

Trattengo il dolore che sento nel petto e mi stringo la coperta intorno al corpo. Vorrei dire altro. Vorrei urlare su di lui la mia frustrazione. La mia rabbia. Vorrei sapere il perché stiano uccidendo vite umane. Come fa a stare in pace con se stesso? E invece me ne sto qui, come se il tempo si fosse fermato. Non so perché abbia fatto fare a lui quelle promesse. Forse avrei potuto chiedere a Vasilii ma... ma è da quel primo sguardo che in lui ho visto qualcosa di diverso. Un filo ha unito le nostre vite e io sento quel sottile legame tenermi qui seduta.
Vedo la nuvoletta di aria calda formarsi davanti la mia bocca ma resto comunque lì consapevole soltanto del punto in cui i nostri corpi si stanno toccando. E allora mi arrabbio con me stessa e cerco di riportare alla luce il rancore che provo verso di lui. Perché io lo ritengo responsabile di questa situazione di pericolo che non avrei mai potuto immaginare. Siamo nel campo del nemico. La nostra vita dipende da gente senza morale e dovrò anche curare coloro che hanno ucciso i miei genitori. Sospiro affranta decisa ad alzarmi e il profumo di Aleksander mi arriva lieve, riesce a sovrastare l'odore del fango e il tanfo della benzina, ne sento le note speziate e chiudo gli occhi a conservarne ogni sfumatura.

Sono ridicola a stare ancora qui, sbircio il suo profilo ma vergognandomi per quel gesto mi sento le guance prendere fuoco. Torno a osservare il fuoco sicuramente meno pericoloso di lui. Non riesco a capire cosa mi stia accadendo, ho vissuto giorni orribili ma mi ritrovo a pensare a un uomo come se non fossi in mezzo a una guerra. Forse è il bisogno di conforto, di respirare un'aria diversa da quella che sembra schiacciarmi mentre sono con la mia amica e Hanna. Mi sento più libera in questa notte senza luna né stelle, alzo gli occhi verso il cielo e se non fosse tutto così orribile ora quelle luci gialle che si vedono scendere dal cielo sarebbero stelle cadenti pronte a ricevere un desiderio. E io l'avrei un desiderio da chiedere ma nessuno potrà mai avverarlo. Una lacrima scivola sulla mia guancia per poi perdersi nel mio collo, stringo più forte quella stoffa.

«Sembrano disegnare l'orsa polare...» Resto sorpresa di sentire la sua voce. Anche lui è rimasto silenzioso dopo le mie richieste. Ne è rimasto sorpreso, ho visto i suoi occhi aprirsi stupiti prima di guardarmi con dispiacere, era mio complice in quella necessità di fiducia. Mi volto verso di lui e vedo i suoi occhi guardare il cielo affascinati. Sembra perdersi in quel manto scuro, come se riuscisse a fondersi con esso.

«Non ho mai visto l'orsa polare.» Non ho molta conoscenza in merito.

«E quale conosci?» scuoto la testa.

«In realtà nessuna.» Confesso sincera.

«Dovresti, è una realtà magica lo spazio. In una notte come questa puoi disegnare ciò che vuoi su quella tavola nera ma quando è l'universo a mostrarti il suo disegno ne rimani incantato.» La sua passione per quell'argomento è palpabile e riesce a trasmetterla anche a me che resto a seguire le sue dita che tentano di mostrarmi la costellazione. In quei gesti sparisce tutto, riesco a dimenticare il dolore. Mi ritrovo a desiderare di poter vedere con i suoi occhi quel cielo che a me risulta solo illuminato di morte.

Un leggero suono interrompe il momento, torno a guardare i miei piedi che dovrebbero stare ben piantati per terra. Lo intravedo muoversi ancora un po' più vicino a me, cerca di prendere qualcosa ma la mia attenzione è su altro. Mi sembra di percepire il suo respiro caldo sulla pelle gelata del mio viso. Intimorita dalle sensazioni che mi fanno formicolare il punto in cui ho sentito quel calore mi tiro un po' indietro trattenendo il fiato. Solo quando ritorna a sedersi nel suo spazio mi riprendo quel fiato che mi aveva spezzato. Sposto lo sguardo sulle sue mani che premono velocemente i tasti sul palmare. È la seconda volta che glielo vedo fare e sarei tentata di chiedergli qualcosa al riguardo, ma freno la mia curiosità. Mi sono spinta già oltre questa sera, non devo sapere altro su di lui e pur sempre il mio nemico.

«Al diavolo!» Lo sento borbottare contro quell'aggeggio che tiene fra le sue forti mani, che guardo illuminare e poi spegnere. Aleksander lo lancia sul sacco a pelo alla sua destra e si porta le mani al capo. Si muove leggermente avanti e indietro e alla fine non riesco a tacere.

«Cosa è successo?» Mi lascio sfuggire in un sussurro. Ma lui sembra perduto nella sua scoperta.

«Aleksander...» credo sia la prima volta che pronuncio il suo nome e ne resto stupita almeno quanto lui. Lo vedo voltarsi dal mio lato e poggiare le mani sulle sue gambe. Mi guarda in cerca di non so cosa e io mi sento in soggezione dal suo sguardo. Poi la sua mano si alza a coprire la mia guancia è talmente calda che mi sembra di prendere fuoco. Dischiudo leggermnte la bocca troppo stupita di quel gesto e dalla potenza della reazione che sento esplodere dentro di me. I nostri occhi si legano anche i suoi sono azzurri come i miei ma in questo momento sono neri come il cielo, il giallo del fuoco si riflette accentuandone la forza e lo stupore. È in cerca di risposte che non abbiamo, perché in lui scorgo la mia stessa confusione per quello che ci sta unendo profondamente in qualcosa di meraviglioso e folle allo stesso tempo. Mi sento sopraffatta dalla sua forza e allora terrorizzata scappo via.

Mi tiro su di scatto e senza dire niente mi allontano tornando in tenda. Ma non riesco a non guardarlo quando lentamente la cerniera della tenda sale a separarci. Lui è fermo con la mano ancora sospesa e la fronte corrucciata e io tremo mentre i nostri occhi sono ancora uniti fino alla fine.

Con il battito accelerato e il respiro pesante mi giro verso l'interno della tenda stringendomi una mano sul petto. Il cuore sembra voler uscire fuori e io sono spaventata perché tutto questo porterà solo altra sofferenza ne sono certa.

Sconvolta mi rannicchio vicino mia sorella ma non riesco a smettere di pensare ai suoi occhi, alla sua voce, alla sua pelle sulla mia. Nascondo il viso sul cuscino e cerco di ritornare me stessa.
Respiro per placare quel battito sconsiderato e inopportuno.
Io dovrei odiarlo... devo odiarlo e lo farò, nonostante la gentilezza, nonostante tutto. Non posso essere così stolta. Non posso permettermelo.

Abbraccio il gracile corpo di mia sorella e nel suo di profumo trovo la via di casa che avevo perduto. Ma poi un dubbio mi impedisce di dormire tormentandomi tutto la notte, sarà veramente questa la via.

Con la Forza di un Carro ArmatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora