Anastasya
Siamo vicini con Vasilii, forse troppo. Mi sento così insicura su quello che sarà anche perché questa volta non c'è lui a darmi coraggio. Fin dal primo momento ho sempre guardato lui per capire cosa fosse giusto fare ma ora, lui non c'è e io sono persa. Quegli occhi mi sono amici ma non mi trasmettono la stessa sicurezza.
«Anastasya, ho già pensato a un modo per proteggervi.» Quasi mi sussurra. «Ho già parlato con il comandante ed entrambi riteniamo necessario un vostro trasferimento. Ufficialmente vi porteremo in un campo diverso più a nord ma ufficiosamente vi lasceremo andare. Uno di noi vi accompagnerà in un punto sicuro per raggiungere i genitori di Irina.» E come se fosse appena esplosa una bomba. Pensavo che mi avrebbe fatto piacere una notizia come quella e ovviamente lo sono per Hanna e soprattutto per Irina ma io... Lo fisso con gli occhi sbarrati. E lui mi ricambia con un sguardo che sottovaluto. Avrei dovuto guardarlo meglio ma il mio pensiero è solo uno.
«Ma, ma quando?» questo significa che non lo rivedrò mai più. Io non posso credere che quella fosse l'unica notte per noi. «Io, io...»
«Presto, non so ancora dirti quando. Ma il comandante ha molto apprezzato l'aiuto che ci avete dato, soprattutto il tuo, e ritiene arrivato il momento di ridarvi la libertà.» Vasilii ora mi sorride contento della buona notizia, non c'è più preoccupazione in lui, forse un po' di malinconia. «Sarete libere Anastasya.» Mi sembra sempre di più un incubo quello in cui vivo. Perché? «Non sei contenta? L'ho voluto dire a te perché ci tenevo, per questo ho anche chiesto che fossi io a comunicartelo.» La sua mano torna ad accarezzarmi il capo, mentre io fisso i suoi stivali neri in netto contrasto con la neve bianca che è caduta stanotte. Vorrei solo che smettesse di parlare, no anzi no, vorrei solo che Aleksander tornasse da me e che finisse questo schifo di guerra. «Non deve saperlo nessuno. Devi continuare a lavorare come se nulla fosse. Non vorrei che qualcosa andasse storto proprio ora.» La sua presa mi stringe le mie braccia ora e poi una mano sale al mio mento per alzarmi il viso. «Ehi.» Sono costretta a guardarlo. «Anastasya, vi siete meritate la libertà. Grazie.» I suoi occhi cercano di capire il mio problema. «Non sei contenta?» e alla fine decido di voler fare uscire quel peso che mi impedisce di respirare. Sono giorni che non dormo più, sono stanca.
«Io, io riuscirò a salutare Aleksander?» Cerco in lui una buona notizia. I suoi occhi si sgranano come se lo avessi colpito. Le sue mani salgono a circondarmi il viso mentre mi scruta in cerca di qualcosa. Spera di essersi sbagliato, ma non è così e non mi importa più che anche lui lo sappia, io non posso andare via senza rivederlo almeno un'ultima volta. Lo guardo decisa in attesa di una sua risposta. Le sue mani mi lasciano e cadono senza forza lungo i suoi fianchi e così mi è tutto chiaro e mi dispiace per lui, mi dispiace abbia frainteso il tempo che abbiamo passato insieme.
«Aleksander, eh.» L'amarezza è palese nei suoi lineamenti. Si tira un po' indietro guardando prima il cielo e poi nuovamente me che resto in silenzio in attesa delle sue parole. «Aleksander, avevo sperato... bah non so neanche io cosa. Era così palese.» Lo vedo lottare con se stesso, i suoi sentimenti lottano con l'amicizia che prova per il suo amico. Torna a girarsi verso di me con le mani appoggiate ai suoi fianchi. «Non so se ce la farai.» La sua risposta è come uno schiaffo e mi brucia, in realtà ha cercato di tenere un tono dispiaciuto ma il contenuto non cambia. «Non ci sono buone notizie da Mariupol.» Torna a toccarmi come se non riuscisse a farne a meno.
«Ma perché? Io non lo capisco.» Mi rifiuto di accettare che non venga detto niente su quei soldati che sono partiti cinque orribili giorni fa e non sono più tornati. «Perché non vi dicono niente?»
Lui scuote la testa non lo sa o forse non può parlare. «So solo che non hanno finito ciò che dovevano fare.» Che rabbia che provo. Innervosita mi volto dandogli le spalle. «Anastasya, io... mi dispiace.» È nuovamente vicino, la sua voce trema e sento il suo corpo sfiorarmi da dietro. Le dita leggere accarezzano le mie braccia. «Se solo...»
«Non dire niente Vasilii, io non posso.» Riporto una certa distanza fra noi facendo un passo avanti. «Mi dispiace.»
«È chiaro.» Lui si ritrae. Penso che sia stato meglio dirglielo, anche se voltandomi vedo il suo viso dispiaciito. «Se so qualcosa ti farò sapere.»
«Grazie.» Mi avvicino e gli depongo un bacio sulla guancia. «Sei un buon amico.» Un sorriso amaro gli appare sul viso.
«Amico.» Annuisco. «Okay. Torna dentro ora. E mi raccomando stai attenta. Cercherò di avvisarti pure per i nuovi arrivi.» Mi accarezza il capo e se ne va via.
«Ci vediamo dopo.» Gli dico avvicinandomi all'apertura della tenda mentre lui si avvia verso la tenda del comandante. La risposta è la sua mano che si alza mentre di spalle lo vedo avanzare.
Rientro in tenda confusa, triste e piena di sensi di colpa per non aver provato gioia nella notizia di poter andare via. Irina è dal primo giorno che lo spera, non riesco a tenergli tutto nascosto quando la vedo venire versondi me preoccupata.
«Tutto bene?» Mi mormora per non farsi sentire.
«Sì, per fortuna.» La vedo sospirare più serena.
«Sia ringraziato il cielo.» Mi abbraccia entusiasta. «E allora che voleva?» Gliene parlerò dopo, non di tutto ma qualcosa devo accennargliela.
«Ne parliamo dopo.» Purtroppo nuovi arrivi interrompono quel breve attimo di pausa.
Siamo nuovamente prese dall'aiutare quei poveri uomini che non abbiamo tempo né Irina di chiedere né io stessa di pensare a tutto quello che Vasilii mi ha detto e che non mi ha detto facendomelo comunque capire. Quando la notte buia non ci fa, quasi, più vedere Vasilii viene a prenderci per riportarci in tenda. Camminiamo tutti in silenzio mentre io aiuto mia sorella a camminare.
«Non si sa ancora niente di Aleksander?» Hanna interrompe quel silenzio sortendo lo stesso effetto delle bombe che si sentono in lontananza.
Vasilii alza il capo verso di lei per poi guardare me. Sembra essere sorpreso di come il suo amico abbia rapito il cuore di entrambe, infatti Hanna soffre molto la sua mancanza.
«Ho qualche novità.» Il mio cuore perde un battito mentre i suoi occhi mi scrutano nel buio. Arriviamo alla nostra tenda e Vasilii ci accompagna dentro dopo aver salutato i ragazzi che faranno il turno con lui.
«Purtroppo, le cose si sono complicate per Aleksander e la sua squadra. Hanno ricevuto ordine di rimanere fino a quando il motivo per cui sono là non sarà portato a termine.» Stringo il braccio di mia sorella, insieme siamo sedute sul letto.
«Mio Dio.» Irina sconvolta si alza per bere un po' d'acqua.
«Sì, ma lui come sta?» Hanna insiste in quella domanda che tormenta anche me.
«Non lo so.» Nuovamente i suoi occhi cercano i miei. «Nessuno sa se sono ancora vivi, hanno interrotto le trasmissioni con noi. In questo momento devono parlare solo con Mosca.» Mi porto una mano alle labbra, mi verrebbe di urlare.
«Se dovessi sapere altro vi farò sapere.» Ripete ancora una volta prima di augurarci la buona notte e uscire dalla tenda. Un ultimo incrocio di sguardi e poi mi ritrovo sola sul letto con Hanna che si lamenta di non sapere.
«Forza mangiamo.» Irina cerca di tranquillizzare tutti e io la ringrazio e nonostante non abbia fame mi avvicino al tavolo, stringo la forchetta e faccio un sorriso forzato cercando di non mostrare l'agitazione che mi scuote.
Sento i ragazzi parlare fuori mentre le ragazze già dormono. Nonostante non riesca a dormire decido di rimanere in tenda, non voglio illudere Vasilii di qualcosa che non succederà mai. I suoi occhi supplichevoli mi tornano in mente ma subito sostituiti da due acque marine che mi scaldano il cuore, ecco è questa la differenza.
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Con la Forza di un Carro Armato
RomanceAnastasya è una laureanda in medicina piena di sogni e di speranze. Ha appena finito la sua prima settimana all'ospedale di Kiev, la sua città ed è pronta a festeggiare con la sua famiglia il contratto a tempo indeterminato. Per realizzare il suo so...