Anastasya

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Anastasya

«Allora, io vado.» Mi giro leggermente verso la porta alle mie spalle.

«Okay, ci vediamo domenica sera. Divertiti e per favore chiamami appena arrivate e poi ogni giorno.» Preciso a mia sorella sollevandomi un po' dal divano dove sono rannicchiata.

«Lo farò.» Fa un passo avanti e poi diversi indietro fino a raggiungermi. Mi abbraccia e io ricambio subito. «Grazie, sorellina.» So che non si riferisce solo al week end con Marko che le ho concesso.

«Ti voglio bene.» Le bacio la fronte e poi asciugandoci entrambe gli angoli degli occhi alzo la mano per l'ultimo saluto.

Torno a rilassarmi sul divano. Prendo, dal tavolino, la tisana che ha finalmente raggiunto la temperatura giusta e mi abbandono sui cuscini morbidi avvolta in un caldo plaid.

Sono seduta nella penombra della stanza, anche se è ancora pomeriggio il sole è già sceso lasciando nel cielo solo qualche lingua di colore. Mi piace guardare il cielo all'imbrunire mi mette il giusto mix di malinconia e speranza lasciandomi incantata.

Sospiro portando la tazza alle labbra, questa sera sento molto più intense queste emozioni, mi tiro indietro i capelli con la mano libera e mi perdo in quel manto che ormai mi unisce ad Aleksander.

Incredula mi lascio andare ai ricordi e come un film incredibile la mia vita degli ultimi mesi mi scorre e come la prima stella della sera brilla alta in quel cielo allo stesso modo Aleksander illumina quelle immagini trasformandole in qualcosa di accettabile. La perdita dei miei genitori, la devastazione del mio paese, la paura di aver perso tutto, la fuga verso chissà cosa, la convivenza in un campo di militari da considerare nemici, la violenza di esseri orribili, il dolore di dover abbandonare l'unica fonte di speranza, la necessità di ricominciare a vivere... eventi che molti non attraversano neanche in una vita intera io le ho vissute in pochi mesi e ce l'ho fatta. Ora sono in grado di ripercorrere quegli eventi senza lasciarmi andare ai timori, sono triste ovviamente ma tranquilla.

Accarezzo la stoffa vellutata del cuscino dove sono appoggiata con il braccio. Sono addirittura felice. Sento la mancanza dei miei genitori con sofferenza ma ho trovato la pace.

E, tutto questo, è merito solamente di quel soldato che ha catturato il mio sguardo al primo incontro. Non comprendo come tra tutti io lo abbia riconosciuto ma ora sarebbe impossibile vivere senza di lui. Ecco questa sarebbe forse quella assenza che non riuscirei a superare. Come potrei vivere senza la sua dolcezza, la sua gentilezza, il modo in cui mi sento quando è con me.

E così, in quelle mura che ora sono casa nostra, sono in attesa di vederlo rientrare. Ha ricevuto una lettera la scorsa settimana che ha oscurato la nostra felicità. Quei francobolli e quei timbri russi mi hanno fatta scoppiare a piangere prima ancora di sapere cosa ci fosse dentro.

Asciugo il mio viso, stringendo poi la ceramica tiepida fra le mani, il lieve profumo di pino entra nella stanza annunciando il suo ritorno prima ancora che le chiavi girino nella toppa.

Abbiamo deciso che io andrò con lui, qualunque cosa accada, ovunque sarà destinato a essere, io sarò con lui. Hanna rimarrà qui a Roma con Gabriella e Maurizio e non appena possibile ci rivedremo.

Mia sorella è ormai al sicuro e io voglio seguire la mia parte egoistica che mi dice di stare con lui.

Poso la tazza sul tavolino al mio fianco e mi giro verso l'ingresso già desiderosa di rivederlo. Oggi avrebbe saputo cosa significavano quelle parole che lo invitavano a un incontro con personaggi di spicco della politica russa.

Non voglio che ad accoglierlo siano le mie lacrime e allora sorrido, con non poca fatica, ma per lui potrei fare tutto. Sento gli occhi farmi male per la forza che devo mettere nel trattenermi.

Con la Forza di un Carro ArmatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora