Anastasya
Arriviamo nella tenda e il cielo non mi è mai sembrato così nero come questa notte. Lungo il percorso ascolto i discorsi fra Irina e Dimitri che come al solito racconta qualche aneddoto della sua vita, portando un po' di normalità nelle nostre serate. In realtà non riesco a sentire molto mi guardo attorno timorosa e sussulto a ogni suono, a ogni voce come se il pericolo fosse davvero dietro all'angolo.
La luce del fuoco non riesce a scaldarmi come ogni sera e tremante saluto frettolosamente ed entro dentro sentendomi più al sicuro. Mi guardo attorno accendendo subito le luci ma la tranquillità dura poco perché le parole del mostro, la sua risata riecheggiano nelle mie orecchie facendomi cadere a terra la giacca che mi ero tolta. Distrattamente mi sto spogliando desiderosa di andare a letto e di rivedere il sole alto nel cielo pronto a proteggerci, della notte non mi fido è troppo gentile con chi vuole celarsi non badando se chi si nasconde ha buone o cattive intenzioni.
«Ana tutto bene?» trasalisco alla voce di Irina, nonostante lei abbia parlato con il suo solito tono dolce e pacato.
«Si, certo.» La vedo scrutarmi incerta.
«Mi sembri strana. È successo qualcosa?» muovo il capo decisa.
«No tranquilla, sono solo stanca.» Lei mi si avvicina e io scappo sedendomi sul letto pronta a coricarmi. La sua camminata si blocca a metà.
«È per il discorso di oggi? Ti ho chiesto scusa.» Scuoto la testa ancora. «Se è per quello sappi che me ne sono pentita, non so perché l'ho detto so bene che non hai fatto nulla per incoraggiarlo né voglio paragonarlo a Aleksander...»
«Ti prego Irina, non ho niente e ti ho già perdonato per quello tranquilla.» Sembra ponderare le mie parole e alla fine accettarle. Le sorrido rassicurante mentre un suono dietro la tenda mi fa alzare dal letto di scatto. Le sopracciglia di Irina si uniscono e quando mi rendo conto che non è altro che il suono di un aereo che vola a bassa quota, mi passo una mano sui capelli e mi lascio andare sul cuscino.
«Buonanotte.» Imbarazzata mi giro dandole le spalle pronta a far finta di dormire non potrei mai farlo.
La notte è divenuta compagna delle mie paure e il suono del cuore che rimbomba nelle mie orecchie mi fa venire voglia di stringere sopra di esse le mani sperando di non sentire più niente e invece no: i suoi, i mormorii, continuano a tormentarmi scandendo il tempo a rallentatore. Quando un lieve colore schiarisce il colore della tenda mi rendo conto che è giunta l'alba. Un sospiro sofferto fuoriesce dal mio petto. Siamo salve almeno per oggi e ringrazio il signore che stiamo bene.
Non sono mai stata così felice di alzarmi e iniziare la routine in quel luogo. Dimitri che ci chiama da fuori la tenda è un suono rassicurante come la luce del sole che ci accoglie uscendo fuori.
Non riesco a contenere un sorriso direi radioso che fa allargare anche le labbra del soldato. «Buongiorno Anastasya, erano giorni che non ti vedevo così serena.» Beh non sono affatto tranquilla ma almeno posso rimandare l'ansia alla fine di questa giornata e per fortuna mancano ancora tante ore.
Concluso il solito giro ci ritroviamo in ospedale a bere il caffè con i nostri colleghi. Il cargo con i medicinali ha lanciato due containers proprio vicino al campo è Maksim non riesce a contenere la gioia invitandomi a somministrare anestetico a chiunque ne abbia bisogno.
Contenta a mia volta aiuto i vari pazienti a prendere la pillola e a bere un po' d'acqua dal bicchiere sollevando loro il capo e sorregendoglielo quando necessario. La quiete sostituisce i lamenti che hanno accompagnato gli ultimi giorni e l'aria sembra più leggera. Come spesso mi accade in quel luogo mi estraneo fino a non accorgermi del tempo che passa e quando mi ritrovo davanti un piatto di patate bollite con carne in scatola capisco che è già ora di pranzo. La serenità che mi ha accompagnata fino a quel momento svanisce con quel gesto gentile.
«Grazie.» Sorrido forzatamente a Viktor e mi siedo vicino a mia sorella per mangiare. Sto quasi per finire quando lo sguardo mi va fuori dalla tenda fino a un gruppo di uomini poco lontano. Sento la pelle rabbrividire quando mi accorgo che tra loro c'è anche Yari. Lo vedo guardare dalla nostra parte e nonostante non voglia vederlo i miei occhi corrono a scrutare quello che accade. Gli altri uomini lo stanno ascoltando attentamente per poi scoppiare tutti a ridere sguaiatamente. Non riconosco tutti i soldati e sono certa che fra loro ci sono anche alcuni di quelli arrivati ieri. Poso la forchetta nel piatto e mi alzo per posare tutto sul mobiletto davanti a me, ma ancora una volta guardo fuori e lo sguardo perfido di Yari accarezza la mia figura fino alle scarpe mi volto spaventata stringendo il legno del mobile fino ad avere le nocche bianche.
«Anastasya, puoi venire ho bisogno di te.» La voce di Maksim mi giunge ovattata e lontanissima, non la sento neanche in realtà ho una crisi i panico me ne rendo conto quando l'aria non è più sufficiente nei miei polmoni.
«Anastasya, forza.» Una sirena suona in lontananza risvegliamdomi da quell'incubo. Tremo e la mano del dottore sulla mia spalla mi fa scostare impaurita. Con gli occhi sgranati mi giro a guardarlo e lui è lì con la mano alzata stranito dalla mia reazione. «Ti senti male? Se hai bisogno di una pausa vai pure.» Mi poggia nuovamente la mano sulla spalla ma stavolta io non mi scanso.«No, tutto bene.» La mia voce è talmente roca che mi graffia la gola.
«Non mi sembra.» Il suo sopracciglio si alza indeciso.
«Davvero, scusa, ero sovrappensiero.» Mi guardo attorno pronta a riprendere.
«Va bene.» Maksim si arrende. «Allora potresti aiutarmi con il paziente in fondo.» Mi indica il punto e io lo precedo velocemente fino a esso.
Aiuto il mio collega senza riuscire a dimenticare quello sguardo viscido nonostante il tempo passi.
Ti prego Aleksander torna.
Chiudo gli occhi rigirandomi verso l'uscita. Il mio desiderio di rivederlo è così forte che in fondo alla strada bianca qualcosa attira la mia attenzione, alla luce del tramonto arancione, mi sembra di scorgere i suoi capelli biondi. Lo stesso luccichio del primo giorno quando il mio mondo ha cambiato rotta iniziando a girare intorno a lui. Con passo deciso avanza verso di me che ipnotizzata mi avvicino alla porta pregando che non sia una visione della mia stupida fantasia. Lui appare e scompare come se fosse un fantasma. Ora riesco a vedere il suo viso illuminarsi in un sorriso che attira tutta la mia attenzione. È ancora lontano e troppo irreale. Quando i suoi occhi penetranti sembrano incrociare i miei tutto sparisce, ancora una volta, esiste solo lui. Se solo fosse reale. Se solo fosse davvero lui.
«Anastasya.» Qualcuno pronuncia il mio nome e l'immagine di lui sbiadisce.
«Anastasya.» Mi volto cercandolo ancora.
«Anastasya...» chi mi chiama, non capisco. Lui riappare e io vorrei corrergli incontro.
«Anastasya...» Questa è Irina mi giro verso di lei per poi guardare nuovamente la strada mi sembra si stia avvicinando riesco a vedere bene tutta la sua figura. Sono a bocca aperta, concentrata su quel soldato. Non voglio svegliarmi. «Anastasya, è tornato.» Un singhiozzo mi scuote. «È incredibile. È Aleksander.»
«Aleksander!» Urla Hanna correndo verso di lui con le stampelle.
È tornato.
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Con la Forza di un Carro Armato
RomanceAnastasya è una laureanda in medicina piena di sogni e di speranze. Ha appena finito la sua prima settimana all'ospedale di Kiev, la sua città ed è pronta a festeggiare con la sua famiglia il contratto a tempo indeterminato. Per realizzare il suo so...