Capitolo 63

397 26 51
                                    

Anastasya

Ripresa dallo shock me ne sto coricata nel mio letto a fissare il soffitto mentre accanto a me mia sorella dorme beata. Dopo aver smesso di saltellare per la stanza, emozionata per ciò che aveva scoperto, è crollata nella sua metà di letto. Io invece... io non ci riesco. Il mio petto si alza e abbassa con frenesia, il mio cuore si è come risvegliato e ora batte senza sosta rimbombando nella mia testa.

Non è possibile! Questo, continuo a ripetermi da ore ormai. Sento gli occhi bruciare credo che presto albeggerà, ma non potevo certo dormire a una notizia del genere. Persa nei miei ricordi, invasa da una marea di sensazioni mi sento vacillare in un mare in tempesta. Una lacrima mi scivola fra le ciglia seguita subito da un'altra, un pianto silenzioso, non so se di dolore o di gioia. Tutto potevo immaginarmi ma non che il destino avesse per me finalmente in serbo un regalo meraviglioso e inatteso. Tra tutti i luoghi in cui lui sarebbe potuto essere è qui a Roma e proprio ora, in questo momento. Lo stesso cielo ci ricopre entrambi ed come de potessi sentirne il profumo. Quell'aroma di pino che mi è rimasto impresso fin dalla prima sera in cui ci siamo seduti davanti al fuoco e mi solleticava l'olfatto legandomi a lui per sempre e mi rivedo mentre ne ispiravo la fragranza nell'incavo del suo collo, in quegli abbracci rubati. L'idea che forse potrò rifarlo mi sembra una favola e proprio per questo è inevitabile la paura che qualcosa possa andare storto. Una tremenda paura che tutto svanisca e che questa speranza che ha raggiunto ogni parte del mio corpo venga spazzata via da una triste realtà. Stringo fra i palmi il lenzuolo che mi copre. Lui è qui. Mi stringo il labbro inferiore fra i denti e il folle desiderio di correre da lui ovunque sia mi fa definitivamente alzare dal letto.

Silenziosamente, camminando sulle punte, mi avvicino al comodino di Hanna e le rubo il cellulare. Lo tengo premuto contro il petto mentre mi dirigo sul divano. È ancora buio ma la luce dello schermo mi basta per vedere. Mi siedo sui soffici cuscini e con trepidazione scorro le app alla ricerca della galleria e quando la trovo faccio ripartire il video che mi aveva mostrato mia sorella. Tolgo l'audio e quando il suo volto appare metto in pausa. Sospiro ancora incredula, ora che sono da sola, alzo la mano sinistra e con l'indice accarezzo i suoi lineamenti. I suoi occhi sembrano guardare me e un brivido corre lungo la mia schiena, le nostre serate insieme, i suoi baci, diventano immagini limpide nella mia testa e sulla mia pelle e un'altra lacrima scende giù, ne sento il sapore salato sul sorriso che dolcemente allunga le mie labbra.

«Sei qui amore mio.» La mia voce trema. «Giuro che troverò il modo per vederti.» Metto di lato tutti i timori ed è una promessa che faccio a me stessa, perché io voglio credere che lui mi voglia ancora. Devo credere che quei momenti insieme siano stati reali per come li ho sempre pensati. Devo credere che esiste il lieto fine per noi. Non sono mai stata una codarda e per quello che eravamo insieme vale la pena di rischiare. Con questa nuova convinzione allo scorgere della prima luce dell'alba scivolo in un sonno leggero fatto di me e di lui.

Il risveglio rumoroso di mia sorella fa sparire le dolci immagini che mi coccolavano. «Hanna...» Bisbiglio mezza addormentata.

«Scusa, volevo fare la colazione ma mi è scivolata la tazza.» Sbadiglio e mi stiracchio facendo cadere sul tappeto il telefono di mia sorella che si illumina mostrando lo zoom di Aleksander. Lo recupero in fretta imbarazzata e dopo averlo inviato al mio numero per poterlo rivedere ancora, richiudo tutto e lo poso sul tavolino vicino al divano.

«Forza sorellona vieni qua. Dobbiamo studiare un piano d'azione ora che sei più riposata.» Mi alzo e mi avvicino al tavolo, scosto la sedia e afferro subito la mia tazza di latte e caffè che porto alle labbra. «Dobbiamo scoprire dove è alloggiato e dove lavora.» Hanna ha idee chiare e mi fa sorridere la sua determinazione.

«Sai Roberto ieri mi ha baciata.» Lei storce il naso disgustata.

«Vedi, Aleksander ti sta salvando ancora una volta.» Lo dice fissandomi seria come se fosse vero.

«Capisci di essere esagera, vero?» Scuoto la testa addebitando un biscotto.

«Guarda, non ne voglio neanche parlare, abbiamo cose più serie a cui pensare.» Liquida il discorso afferrando un blocknotes e una penna che non avevo neanche notato.

«A che ti servono?» Mordicchia il tappo della penna.

«A elencare quello che sappiamo.» Risponde ovvia.

«Sembri una giornalista.» I suoi occhi si illuminano.

«Peccato tu non sia una scienziata di astronomia.» La sua voce scende di tono perdendo la vibrazione dettata dalla sua ormai perenne elettricità.

«Peccato io abbia solo una laurea in medicina.» Apro le mani.

«Ma mi vuoi aiutare.» Si lamenta cominciando a scrivere: Roma, missione Minerva, centro spaziale...

Passiamo tutta la mattina così ma alla fine non abbiamo comunque idea di come fare.

«Io penso che, male che vada, lo aspettiamo all'uscita della sede spaziale prima o poi avremo modo di vederlo» Siamo davvero disperate ma più sento Hanna parlare, più penso che sia possibile. Non so come ma ormai sono certa che lo rivedrò.

«Ci allontanerebbe come spie nemiche e pur sempre un'ambiente militare.» Già vedo mia sorella con il cartello davanti all'ingresso "Aleksander siamo qui".

«Perché ridi?» mette il broncio dispiaciuta e io mi alzo per abbracciarla.

«Grazie Hanna, per tutto.» Se non fosse stato per lei non lo avrei mai saputo e non avrei questo coraggio nel rivederlo.

«Sorellona io sono certa che sia quello giusto e farò di tutto per farvi incontrare anche andare in carcere.» Le scompiglio i capelli affettuosamente.

«Meglio di no. Ora devo andare.» Sono le tre e tra mezz'ora inizia il mio turno se non mi sbrigo farò tardi.

«Vai tranquilla, io troverò il modo.» Mi saluta appena con la mano, concentrandosi nuovamente sul suo telefono.

Indosso dei jeans è una maglia e corro per le strade di Roma con la sensazione che possa vederlo da un momento all'altro spuntare da una strada, dal tram, dalla metro ovunque, potrebbe essere ovunque, ho la testa che mi gira e zero concentrazione. Solo un'immagine e un nome affollano la mia mente.

«Anastasya, forse è meglio che tu vada a casa.» Gabriella mi si avvicina. «Sei strana oggi, distratta. È successo qualcosa?» Mi mordo il labbro indecisa se parlarne o meno, ma alla fine i suoi occhi preoccupati mi convincono.

«In realtà ho saputo una cosa che mi ha sconvolto...» Approfittando del momento di calma le racconto tutto e alla fine della mia storia Gabriella mi guarda con gli occhi a cuoricino.

«Lo troveremo amica mia.» Si porta le mani al petto trasportata dalla storia. «È così romantico...» La vedo sospirare sognante. Sono certa che sarà una buona alleata per Hanna. «Dammi il tempo di riflettere. Devo pur conoscere qualcuno che lavora all'Esa qui a Roma.» Sembra quasi arrabbiata con se stessa.

Sorrido alla sua espressione contrariata ma il sorriso si spegne non appena la vedo correre verso Maurizio in cerca di aiuto. Cerco di bloccarla. «Gabriella no!» ma ovviamente non faccio in tempo, gli occhi di Maurizio si aprono e vedo in lui nascere la stessa determinazione delle altre.

«Tranquilla Ana. Troveremo il modo.» Annuisco lasciandomi cadere sulla sedia poco distante. Non so, ma ho come la sensazione che mi metteranno nei guai.

Tornata a casa, sfinita per le infinite domande a cui mi hanno sottoposto i miei amici, ritrovo Hanna nella stessa posizione in cui l'avevo lasciata.

«Hanna, ma è mezzanotte che fai ancora li?» La vedo sbattere gli occhi confusa. Come se non si fosse neanche resa conto del tempo che passava. «Ma hai mangiato, almeno?»

Sempre confusa si stiracchia guardandosi a torno. «Come mai sei già tornata?»

«Perché ho finito il mio turno di otto ore. Non mi dire che sei stata tutto il tempo lì.» La vedo stiracchiarsi con una smorfia.

«Ho scoperto molte cose.» Mi sorride fiera. «Ora so il suo cognome. Dove verrà fatta la prossima conferenza stampa e quando e che molto probabilmente rimarrà qua per molto tempo. So dove lavora in Russia e ho trovato anche una piccola biografia.» È talmente su di giri che gesticola proprio come un'italiana mentre me ne parla e non riesco a non ridere. «È molto bravo nel suo lavoro, sai? Si è occupato di missioni importanti.» A questa sua affermazione non posso che riflettere sul fatto che io non lo conosco.
Io non so niente di lui.
Può un sentimento bastare?

Con la Forza di un Carro ArmatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora