Capitolo 72

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Aleksander

Questa piccola, affascinante, giovane donna riesce a mandarmi fuori di testa.

Sono pronto a farla mia, come non ho mai desiderato nessun'altra donna, mai. È così meravigliosamente eccitante e dolce contemporaneamente che il mio cervello va in tilt al solo suono del suo desiderio. Gemo al suo corpo sospinto verso il mio, mi incanto a guardare il suo viso arrossato e i suoi occhi annebbiati sopra la mia faccia mentre cerco il letto disperatamente.

Un suono fastidioso riempie la stanza sovrastando gli ansiti e i sospiri. Cerco di non farci caso, non mi importa, ho finalmente trovato il mio letto.

«Non rispondere.» Mi sussurra nell'orecchio e io stringo le labbra per i brividi che sento sul collo. Ma il fattorino non è d'accordo con noi e insiste fino a bussare anche sul legno della porta.

«Signore.» Sospiro sconfitto.

«Arrivo!» pronuncio duro sotto lo sguardo divertito di Anastasya.

«Devi mettermi giù per andare.» Contrariato lo faccio e lei mi sorride divertita.

«Non ho ancora finito.» La indico con il dito indice e la sua risata riempie la stanza. I miei occhi non la lasciano mentre con mani tremanti riporta la sua camicia a coprire il suo delizioso seno. Mi passo la mano sul viso prima di aprire quella dannata porta.

Sbrigo le formalità con meno cordialità del solito, rifletto anche di non dargli la mancia ma alla fine cedo, non è certo colpa sua ma mia, non dovevo ordinare, avevo già tutto quello che volevo mangiare qui con me.

«Dove ci mettiamo?» la guardo triste ormai certo che il momento è passato. La vedo legarsi i capelli e uscire dal bagno della suite mentre mi pone quella domanda che mette fine alle immagini sensuali che ho in testa. Le sue labbra sono ancora gonfie e rosse, così succulente che la salivazione mi aumenta. Vorrei lanciare via ciò che ho in mano e invece... e invece riluttante le faccio strada.

«Dobbiamo davvero mangiare?» chiedo supplicevole, avvicinandomi al tavolo fuori nel terrazzino con il carrello. Il suo capo si abbassa crudele. «Okay.» Poso tutto sul ripiano di ferro mentre lei si accomoda davanti a me scostando la sedia. Mi fermo ad ammirarla con il sole che la illumina e i fiori del terrazzo colorati intorno a lei.

«Che c'è?» Il suo capo si inclina e la coda le scivola ad accarezzare l'orecchio sinistro.

«C'è che sei talmente bella da togliermi il fiato.» Le sue guance si colorano di imbarazzo e noto solo ora ciò che mi voleva dire appena entrato in stanza, anche se davanti a me c'è Anastasya è talmente diversa nei suoi abiti e nella sua espressione serena che non mi sembra lei. «Anche tu sei diversa.» Mi siedo anche io avvicinando un po' la mia sedia alla sua, non mi va di avere un tavolo che ci divide.

Le sue mani si congiungono in grembo e gli occhi si abbassano su di esse. «Sì, siamo noi anche se non lo siamo.» Annuisco.

«Ma non è un male, solo una nuova scoperta. Perché quando faccio questo.» Le prendo una mano intrecciandola con la mia. «Tu sei tu, senza alcun dubbio.» La fisso convinto, speranzoso che comprenda. Non mi importa come siamo all'apparenza sono certo che dentro siamo sempre noi.

«Sì, anche per me.» Ricambia il mio sguardo con la stessa determinazione e allora le sorrido e do inizio a questo pranzo.

«Buon appetito.» Le sussurro baciandole la mano.

«Buon appetito.» Ricambia lei con un sorriso lento che mi fa desiderare di ricominciare a baciarla... ma desisto. «Allora, si può sapere che ci fai a Roma? Ma, soprattutto, come mi hai trovato?» Io non posso credere alla mia fortuna.

«Be', quando siamo andate via dal campo, siamo state un po' dalla famiglia di Irina...» Inizia il racconto del loro lungo viaggio. La immagino prendere quella decisione difficile e vorrei non averla mai dovuta lasciare. «Qua sono tutti fantastici e ho un buon lavoro che mi permette di essere indipendente e di stare serena.»

«Fantastici è il termine giusto per i tuoi amici, sembrano usciti da un cartone.» Arrossisce ancora.

«Sì, è vero, sono molto particolari. Ma ci sono stati vicini come anche la mia amica che ci ha ospitati all'inizio.» Annuisco.

«Sono felice che non siete state da sole e che hai trovato delle brave persone.» Ed è vero, mi rincuora sapere che le è andata bene. Che il mio sacrificio nel lasciarla andare è stata la scelta giusta.

«Sì, non avremmo potuto sperare in meglio. Anche Hanna ha trovato degli amici e anche un fidanzato.» Resto a bocca aperta.

«Oh cielo, speravo di poter deporre le armi per sempre.» Mi porta la mano al capo. Lei ride.

«È un bravo ragazzo, lo conoscerai presto.» Mi piace questo programmare il futuro. Mi piace sapere che sia scontato che noi ci vedremo ancora, perché sarà molto più di così.

«So che è prematuro.» Le prendo la mano che tiene posata sul tavolo. Abbiamo ormai finito di mangiare e probabilmente e già ora che vada ma... «anzi è certamente prematuro ma io non voglio perdere tempo Ana. Io voglio conoscerti veramente. Voglio mostrarti chi sono. Voglio corteggiarti ma, indiscutibilmente, io voglio che voi viviate con me.» So che non ho avuto modo di rifletterci e che ovviamente è una follia ma l'idea di non averla con me è insopportabile, più che mai ora che posso.

Anastasya è senza parole, i suoi occhi sono spalancati dalla sorpresa e dopo tempo chiude le labbra declutendo con difficoltà. Le iridi mi scrutano in cerca di certezza. Ovviamente le sembro un pazzo ma cerco con la fermezza nello sguardo e nella presa della sua mano di trasmetterle quanto io la desideri. Resta in silenzio a studiare il mio volto e io leggo nelle sue trasparenze azzurre che forse lei è altrettanto pazza, perché sta valutando la mia proposta.

«Aleksander ci siamo appena rivisti e...» Scuote la testa e sfugge dalla mia stretta. «come possiamo essere certi...»

«Di noi?» già come possiamo. «In questi mesi ho riflettuto su tante cose e il tempo è una delle più importanti. Io non voglio perdere tempo, potrei non averne.» Alzo le spalle ha quella triste possibilità. Ancora silenzio, solo sguardi increduli che tutto questo stia realmente accadendo.

Quando comincio a disperare che abbia deciso che non sono normale, lei scosta la sedia e lentamente si tira su. Mi guarda dall'alto e io comincio a credere di vederla andare via di corsa da questa stanza. A disagio abbasso lo sguardo e quindi non mi aspetto il suo gesto di scansarmi il braccio e sedersi su di me. Ho sempre adorato i momenti in cui lo ha fatto in passato e mi piace anche ora, davvero tanto.

Le sue braccia mi circondano il collo incrociandosi sulla mia nuca e il suo viso si avvicina fino a far sfiorare le punte dei nostri nasi. I suoi occhi sono furbi, divertiti e io ne resto spiazzato. Sì, è vittima della mia stessa follia.

«Se non avessi mia sorella con me, chiuderei a chiave quella porta e inizierei subito la nostra sorprendente convivenza, ma ho lei e non posso rischiare di fare passi falsi che la possano ferire. Lei tiene molto a te e non vorrei si ritrovasse dentro a qualcosa che non riusciamo a gestire neanche noi.» Mi sembra tutto molto sensato. Non ho il coraggio di toccarla e tengo le mani posate sul tavolo. «Però...» La sento dondolare e il suo sorriso sexy mi travolge. «Voglio, comunque, pensarci. Se vuoi potremo vederci ogni volta che saremo liberi. Io lo spero.»

«Certo che voglio...» il suo dito si posa sulle mie labbra.

«Dobbiamo conoscerci Aleksander. Conoscerci veramente e poi capiremo cosa ne sarà di noi. Se fosse solo desiderio quello che ci unisce?» capisco i suoi timori, anche perché su questa cosa non ci sono dubbi: tra noi è sempre stato fuoco.

«Pensi davvero possa essere solo questo?» Le mordicchio il dito facendola ridacchiare.

«No, ma sarà bello scoprirlo.» Ecco, ora penso che sarò io a chiudere la porta a chiave. Mi decido ad avventurarmi sul suo corpo e avvicino le nostre labbra fino a toccarle.

«Okay, proviamo come dici tu.» Il bacio che inizia è un dolce preludio per ciò che sarà e, cavolo, non ho dubbi sul fatto che lo voglio.

Con la Forza di un Carro ArmatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora