Anastasya
Sistemo i miei vestiti e quelli di mia sorella nell'armadio. Li ho appena stirati e per non lasciarli sgualcire decido di salire in camera. Sospiro mentre compio quei gesti automatici, è passata un'altra settimana dalla visita al supermarket con Maryna e non è cambiato molto se non la mia inquietudine.
«Ehi, Ana.» Irina si accomoda sul piumone rosa pesco del letto matrimoniale al centro della stanza. Le faccio un cenno con il capo e continuo a fare avanti e indietro dalla scrivania dove ho posato la cesta verso il guardaroba. Irina resta in silenzio a guardarmi, sento i suoi occhi studiarmi, ma come ormai mi capita da quando siamo tornate, evito di ricambiare quello sguardo. Non ho voglia di affrontare una discussione con lei. È la mia migliore amica il che significa non poter mentire.
Dovrei realmente analizzare il mio stato d'animo e al momento è l'ultima cosa che voglio. Continuo ad aprire quei cassetti e un leggero sbuffare alle mie spalle mi ricorda della sua presenza. Sposto i capelli che mi ricadono sul viso dietro l'orecchio e cerco di mantenere il mio controllo. Sono perfettamente conscia di aver messo in pausa tutto. Vivo apatica in attesa che qualcosa accada o semplicemente di avere il coraggio di prendere la decisione di andare via. Ed è dannatamente difficile. Ogni sera guardiamo tutti insieme gli aggiornamenti dal fronte e io non posso che ritrovarmi in apnea a fissare quello schermo nell'assurda speranza di poterlo rivedere e nella preghiera che stia ancora bene. E poi vorrei anche che tutto finisse impedendomi di dover prendere quella decisione. Ma, purtroppo, nulla di quello che spero si è ancora avverato e allora, dopo gli ennesimi attacchi, ieri sera ho definito una data, è una meta e non mi resta che parlarne con Irina e con Hanna. Il perché non l'abbia ancora fatto è chiaro per me, vorrei rimanere nella stessa terra dove si trova lui, perché il mio cuore continua a credere che un giorno lui possa spuntare dal fondo della strada e venire verso di me con quel meraviglioso sorriso sghembo e i suoi intensi occhi azzurri.
Purtroppo, ho finito di sistemare e sono obbligata a guardare Irina che se ne sta con le braccia poggiate al letto che le sostengono la schiena intenta a fissare me. Non ha detto niente, mettendomi così ansia ed è talmente strano questo silenzio fra noi, non è mai capitato.
«Che c'è?» Non mi trattengo dal chiedere fingendo di avere altro da fare. Apro il primo cassetto del comò.
«Vuoi smetterla di muoverti in questa stanza e venire qui, vicino a me, sul letto a parlare un po'?» la sua voce è spazientita e mi fa sentire in colpa per averla deliberatamente esclusa dai miei pensieri da quando siamo qua. Con riluttanza raccolgo i miei capelli sciolti sulla spalla sinistra e mi accomodo alla destra della mia amica. Sto rigida sulla schiena mentre nervosa intreccio i miei capelli per rilassarmi.
«Oh finalmente.» Sento muovere il letto sotto di me e capisco che Irina si è girata a guardarmi. Da quando siamo a casa dei suoi è sparito l'alone preoccupato che aveva nel viso. È tornata la ragazza piena di vita che conoscevo, nonostante, la situazione dietro queste mura non sia cambiata, però non potrebbe essere altrimenti, ha i suoi genitori vicino e riesce a sentire Andrew con regolarità e io... io non posso negare la mia invidia perché a me tutto questo è stato strappato via.
«Anastasya, è da due settimane che siamo arrivate qui ed è da allora che non parliamo.» Annuisco finendo la treccia e mi ritrovo a torturare le mie mani che tengo in grembo. «È per quello che ti ha fatto Yari? Non ne abbiamo mai parlato. Hai subito...»
«No Irina, non ho niente.» La interrompo subito. In realtà, so che è strano, ma quella quasi violenza non mi ha turbato più di tanto. La nostra partenza dal campo è stato il vero trauma da superare.
«No, non è vero. Non stai bene lo vedo e...» Scuoto la testa decisa.
«Ti ripeto che sto bene.» Cerco di mantenere la voce calma ma è dura.
«Stronzate ora tu parli. È per Aleksander?» Come posso negare quando al solo sentirlo nominare sento i brividi sulle braccia. Stringo il mio labbro inferiore fra i denti fino a sentire il sapore del sangue. Prendo più aria possibile per cercare di rispondere alla mia amica senza crollare a piangere.
«Irina...» Mi volto verso di lei per rendere la messa in scena più verosimile. «Stai tranquilla per me, non devi avere preoccupazioni.» La vedo alzare gli occhi al cielo. «Lo so che pensi che esagero su questo punto ma è così, davvero.»
«Ma perché non dovrei preoccuparmi per te e invece tu puoi sempre farlo per me. Mi spiace di non averti dedicato molto tempo ma io so che stai facendo finta.» Vacillano i miei occhi nei suoi. «Voglio solo che tu ti posso confidare e sfogare poi so che non posso aiutarti.» Le prendo una mano e la stringo nella mia.
«Ho preso una decisione Irina, io e Hanna partiremo la prossima settimana per l'Italia.» I suoi occhi si rabbuiano divenendo lucidi. «C'è quella mia amica, Alice, che ci può ospitare e alla fine credo proprio che sia la scelta migliore.» Ora è lei a stringere la mia mano.
«È un viaggio importante.» Annuisco, la mia voce non è più ferma ma vibra come mi sento vibrare dentro io.
«Sì, lo è, ma Hanna sarebbe al sicuro.» Non può che essere d'accordo con me. «Spero di trovare anche lavoro e di poter essere subito indipendente.» È un argomento talmente importante che non ha dubbi sul fatto che fosse questo ad agitarmi.
«Va bene.» La sua voce è un sussurro e le lacrime alla fine sono scese a bagnare le sue guance. «Io voglio sapervi al sicuro. Sono sicura che poi ci ritroveremo.» Ne sono certa anche io. Per consolarci ci abbracciamo.
«Ho paura, tanta paura.» Le confesso parlandone piano all'orecchio. «Spero che sia la scelta giusto e sono certa che ci ritroveremo.» Piangiamo, ormai, entrambe. «Poi, ovviamente sì, sto male per Aleksabder.» Alla fine do retta alla mia amica lasciando andare un po' di quel pensiero fisso. «Mi manca Irina. Mi manca da morire. E poi la mia famiglia...» La sua mano mi accarezza la schiena e il suo respiro si perde tra i miei capelli. Appoggio la guancia sulla sua spalla e forse averlo detto ad alta voce mi fa sentire un po' più leggera. Io non voglio dimenticarli.
«Mi dispiace tanto amica mia. » La tristezza nelle sue parole sussurrate mi riempie gli occhi nuovamente di lacrime. «Io sono certa che ora inizierà il tuo periodo migliore.» Il salato delle lacrime rende meno dolce quel futuro che lei mi prospetta. «Troverai lavoro e starete bene con Hanna e poi tornerai qui a casa e finalmente verrai al mio matrimonio.» Mi tiro su e togliendomi i capelli dal viso le sorrido.
«Davvero?» Lei annuisce.
«Siamo stati così stupidi amica mia.» La sento pentita per la sua condotta. «Abbiamo sprecato così tanto tempo con Andrew. Si crede sempre di dover posticipare le cose importanti per il lavoro, per un momento migliore ma se ora tutto finisse cosa avremmo avuto? Solo giorni passati lontano quando invece avremmo potuto iniziare la nostra vita.» E ha ragione. «Siamo così dannatamente bravi a lasciarci sfuggire quelli che saranno bei ricordi per sopravvivere lamentandoci di ciò che non abbiamo.»
Unisco ancora le nostre mani. «Presto riavrai la tua splendida vita.» Sorrido ancora.
«Anche tu, Ana. Anche tu.» Ci abbracciamo ancora e provo a crederle.
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Con la Forza di un Carro Armato
RomanceAnastasya è una laureanda in medicina piena di sogni e di speranze. Ha appena finito la sua prima settimana all'ospedale di Kiev, la sua città ed è pronta a festeggiare con la sua famiglia il contratto a tempo indeterminato. Per realizzare il suo so...