Aleksander
In poco tempo arriviamo in quella parte della città dove è stato predisposto un corridoio umanitario. Il tragitto è stato tranquillo, solo qualche pietra ha sfiorato la jeep. Odio dover andare in giro. Osservo nel mio tablet che il mio programma funzioni perfettamente. Anche se io non sono presente posso comunque mappare quello che sta accadendo. Ogni singolo attacco o spostamento da parte dell'esercito locale. Finisco in fretta quel check e alzo gli occhi sulla fila di persone non appena Dimitri ferma l'auto nei pressi delle nostre camionette. Provo tristezza per chi se ne sta in fila, sicuramente cerca di raggiungere un posto migliori abbandonando qui tutto. Hanno i visi stanchi e anneriti dalla polvere, i bimbi più grandi giocano fra le auto, incuranti di cosa stia realmente accadendo. Vasilii scende con un tonfo sulla strada fangosa.
«Andiamo.» Si aggiusta l'arma sul fianco.«Non ci penso nemmeno, sono abbastanza nel vivo anche da qua.» Scuote la testa, ma non insiste.
«Dimitri?» Tenta con il nostro collega che ha acceso il suo sigaro puzzolente e ha già alzato gli anfibi sul cruscotto.
«Non ci penso proprio. Poi ci sono quegli idioti di Yari e Uliano.» Ci giriamo verso il luogo che ci indica il suo mento e i due soldati di cui parla se ne stanno ai margini della fila. Uno appollaiato sui talloni e l'altro appoggiato a un tronco poco distante. Sembrano due avvoltoi pronti a colpire. «Non mi va di rispondere alle loro provocazioni. Sai che non riesco a trattenermi non sarebbe il caso si scazzottare in mezzo a questa gente.»
«Oh, al diavolo! Andrò solo. Il comandante vuole che controlliamo. Abbiamo bisogno di sanitari quindi dovremmo costringere qualcuno a venire con noi.» Sbatto il palmo sul seggiolino davanti al mio.
«Cazzo, non lo avevi detto. Sei uno stronzo non sarei venuto.» Mi levo l'elmetto arrabbiato.
«Non potevi rifiutarti e siccome so che lo avresti fatto montando un caso, ho deciso per non dirtelo. Anche quei due sono qui per questo.» Si giustifica il capitano infastidendomi, che me frega di quelli. Resto zitto non posso fare molto ormai.
«Sì, sei uno stronzo.» Anche Dimitri e d'accordo con me. Ma so che ha ragione Vasilii, non posso fare sempre quello che voglio e rischioso per me. Lo vediamo avvicinarsi alla camionetta, dove controllano chi esce dal confine.
Noi ce ne stiamo in disparte a osservare. I volontari indossano divise con le fasce bianche e rosse, la loro gentilezza si percepisce da qua. Cercano di sorridere sempre, anche alla vista di casi più problematici come quello a cui sto assistendo. Una donna accompagna i volontari vicino alla sua auto dove un uomo l'aspetta. Credo abbia entrambe le gambe amputate e se ne sta fermo sdraiato nei posti di dietro. I nostri uomini si avvicinano scostando la coperta che gli copre il resto del corpo per accettarsi che non voglia fuggire. Ricoprono quei monconi e danno in segnale del via. Poco dopo sento una donna urlare perché non vogliono far passare suo figlio. Un ragazzo forse appena maggiorenne. Con la forza li dividono e a nulla servono i pianti e le suppliche. E io ne ho già abbastanza. Mi vergogno di essere un uomo, mi vergogno di essere qui in queste vesti.«Quanto dobbiamo stare ancora. Ne ho abbastanza.» Irrequieto mi lamento con Dimitri che continua a fumare.
«Credo stia per nevicare.» Guarda il cielo e quella non è una risposta.
Alzo il viso anche io e come tutte le volte che guardo il cielo il mio animo si rilassa. Siamo niente rispetto a quell'incanto, insignificanti umani. Sospiro lasciando andare la tensione e sento il desiderio di guardare verso la folla.
Scorro quegli uomini e quelle donne non so bene in cerca di cosa e poi qualcosa attira la mia attenzione. Una donna con un camice blu, è li che si fermano i miei occhi. Non riesco a distogliere lo sguardo da lei. Accarezzo la sua figura provando uno strano sentimento. Ma non sono i suoi capelli biondi o il suo viso a cuore a catturare la mia attenzione, anche se devo ammettere che è bellissima, ma il suo atteggiamento. La seguo camminare fiera fra le auto e le genti, il mento alzato e la posa decisa sono traditi dai suoi grandi occhi che sembrano vibrare di paura. Sta parlando con una donna, forse per avere informazioni ma all'improvviso anche i suoi occhi sembrano cercare qualcuno fra la folla. Resto lì, immobile, in attesa che il suo sguardo si posi su di me e quando lo fa, mi sento fermare il respiro. L'intensità con cui mi sta studiando ci tiene legati. Una piccola ruga le si forma fra le sopracciglia che si corrugano. Credo si stia chiedendo perché cercasse me un attimo prima di notare la mia divisa e mostrarmi tutto il suo risentimento. Scendo dalla jeep non interrompendo il contatto visivo.
«Ma si può sapere dove cazzo vai?» Dimitri è stranito dal mio atteggiamento ma non riesco a fermarmi, devo andare da lei. La vedo mordersi il labbro e sfuggire ai miei occhi per poi tornare sempre più confusa a incrociarli. Vorrebbe guardare altrove ma non ci riesce e le braccia lungo i fianchi dimostrano la sua resa.
Sono ormai a pochi metri quando vedo Yari e Uliano avvicinarsi a lei. Le parlano infastidendola. Torna il cipiglio nel suo sguardo e io accelero il passo verso di loro. Vedo nei due uomini la trepidazione per la nuova preda e io questo non posso permetterlo. Sto quasi correndo quando le luride mani di Yari si avvicinano alla ragazza. Le portano una ciocca dietro l'orecchio accarezzandole la pelle. Lei colpisce quella mano che ha osato troppo e si scansa allontanandosi di qualche passo. La donna con cui parlava cerca di andare via quando Uliano le afferra un braccio strattonandola. Anche lei è una bella donna ma ha un bimbo in mano, che cazzo vuole fare.
In poco tempo arrivo da loro. «Tutto bene qui?» Mi rivolgo a Yari ma guardo la ragazza che mi fulmina con lo sguardo.
«Certo tutto bene Ale, puoi andare.» Mi invita il soldato senza neanche guardarmi, troppo attirato da quel profumo che avvolge anche me. Vorrei chiudere gli occhi e gustarmene ogni sfumatura.
«Bene, allora signore potete andare.» Mi obbligo a dire, anche se questo significa che non la vedrò mai più. Un fastidio mi graffia la gola quando mi rendo conto che questo non è il momento adatto per questo strano incontro. Forse dovevo solo salvarla. Cerco di tirar via Yari dopo aver allontanato Uliano che imprecando fa come gli dico, ma l'amico non è dello stesso avviso.
«Vai via Ale, questa è cosa mia.» Mi intima, innervosito.
«No, Yari. Questa è cosa mia. Sparisci.» La ragazza mi guarda disgustata, ma è l'unico modo per salvarla.
«Sei un cazzone, sempre in mezzo. Sono arrivato prima e la scoperò per primo.» Yari non nasconde le sue intenzioni ne si vergogna di ciò che dice.
«Vai via, coglione. Non è aria per le tue merdate.» Mi frappongono fra i due sfidando il soldato furente.
Le sue mani afferrano il colletto della mia tuta. È leggermente più basso di me, ma comunque ben messo. I suoi capelli neri sono nascosti dal berretto di lana e i suoi lineamenti marcati sono ora sfigurati dalla rabbia. «Mi hai rotto il cazzo, Aleksander. Questa è l'ultima volta. Me la pagherai.» Mi sputa praticamente in faccia ma io non mi lascio intimidire, grazie alla mia altezza lo inclino indietro avendo così io la supremazia su di lui.
«La cosa è reciproca.» Lascio scivolare come in un sibilo quelle parole.
Ovviamente il nostro atteggiamento ha catturato l'attenzione di chi ci sta attorno. Dimitri e ormai quasi giunto ma quello che mi preoccupa di più è Vasilii.
«Ora piantatela! Mi dispiace signorina.» Si rivolge a lei catturando la mia attenzione. Mi libero dell'idiota e preoccupato guardo Vasilii prima che possa parlare. I suoi occhi corrono alla scritta sulla maglia azzurra: è un medico. Scuoto la testa nella speranza che il mio amico capisca il messaggio. «Lei no.» Gli dico piano, ma lui con mio rammarico distoglie gli occhi dai miei.
«Li scusi signorina. Posso accompagnarla?» un colpo allo stomaco.
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Con la Forza di un Carro Armato
RomanceAnastasya è una laureanda in medicina piena di sogni e di speranze. Ha appena finito la sua prima settimana all'ospedale di Kiev, la sua città ed è pronta a festeggiare con la sua famiglia il contratto a tempo indeterminato. Per realizzare il suo so...