Aleksander
«Buona serata, Aleksander.» Alzo la mano verso la camionetta che si allontana.
«Buonanotte ragazzi.» Sono appena rientrato da una missione diurna quando il comandante in persona viene a cercarmi nella mia tenda. Sto infilando la polo beige sui pantaloni militari e sento la voce del mio superiore catturare la mia attenzione facendomi scattare sull'attenti.
«Aleksander, sei qui?» mi blocco a metà.
«Sì, si accomodi.» Lo invito a entrare, sistemandomi la cintura dei pantaloni prima che sia dentro.
Alzo il palmo sulla fronte in segno di saluto, non appena me lo trovo davanti, e non riesco a trattenere il mio cuore che martella nel petto. Ho paura. Ho una fottuta paura che possa trasferirmi in un posto peggiore. Non che qui stia bene ma ho Dimitri, oltre a qualche altro soldato con cui ci teniamo compagnia, e ho ripreso una certa routine che mi permette di sopportare tutto.
Sento la tensione dietro la nuca dove goccioline di sudore freddo fanno la loro comparsa mostrando la mia tensione.
«Riposo soldato.» Divarico leggermente le gambe e porto le mani strette fra loro dietro la schiena. Con lo sguardo fisso davanti a me attendo il mio destino. Che amarezza, ero davvero convinto di essere diventato padrone di me stesso e della mia esistenza. Mi ero illuso di aver raggiunto quel momento della vita in cui hai la possibilità di fare tutto ciò che vuoi, ma un uomo mi ha portato via tutto con delle convinzioni del cazzo.
Alle parole del mio superiore ho sentito un fuoco bruciarmi da dentro. Incredulo che stesse accadendo davvero, me ne stavo zitto muovendo solo il capo per dare il mio consenso. Tutto intorno e improvvisamente scomparso e ora che sono in volo cerco conforto nel manto nero che mi circonda. Chiudo gli occhi mentre l'alba colora di riflessi dorati il mondo.
«Aleksander...» un tono autoritario mi fa aprire gli occhi. Attende che io sia vigile prima di iniziare il suo discorso. «Figliuolo, si è reso conto del grande onore che ha avuto? Confidiamo in lei affinché possa mostrare a tutti i rappresentanti di stato cosa i russi sono in grado di fare e quanto sono importanti per questo mondo.» Apro maggiormente gli occhi e annuisco, ancora a corto di parole mi sistemo meglio nella poltrona.
«Si, signore.» Odio questi discorsi di divisione fra i russi e il resto del mondo, mi fanno capire come neanche questa guerra abbia portato una nuova coscienza di mondo unico.
«Ci hanno chiesto espressamente di lei, per le sue competenze specifiche ed è per questo che il nostro presidente ha accettato di rinunciare al suo ruolo in questa guerra per condurla a Roma.» Annuisco ancora e non riesco ancora a credere di essere libero. «La missione Minerva è ormai in dirittura di arrivo ma hanno riscontrato dei problemi sullo shuttle e sulle rotte preimpostate.»
«Capisco.» È stata l'ultima missione a cui ho partecipato prima di essere arruolato. Mi è dispiaciuto molto non poter assistere alla partenza.
«Abbiamo scelto Roma come paese neutrale dove unire le competenze nostre, americane e degli altri stati che hanno fatto parte della missione. Una volta concluso tutto, lei resterà per supervisionare i risultati e rapportare cosa si è scoperto ai suoi colleghi in Russia.» Un brivido mi scorre lungo la schiena. «È davvero un momento importante per lei Aleksander, buona fortuna per tutto.» È davvero finita.
Osservo il militare allontanarsi da me e un soldato allungarmi una borsa che afferro osservandolo interrogativo. Sembra il mio borsone ma mi hanno portato via in fretta e furia senza darmi modo di fare la valigia.
«I suoi effetti personali. Può togliere la divisa se vuole, le abbiamo fornito un completo per l'incontro ufficiale che avverrà domani prima della conferenza. Se le serve altro, il governo le acquisterà tutto il necessario, ha una stanza affittata a suo nome all'hotel The St. Rogis Rome.» Continua a spiegarmi.
«Non hanno badato a spese.» Mormoro fra me, ottenendo un sopracciglio alzato dal soldato che continua a parlare nonostante abbia sentito il sarcasmo nella mia voce e mi mostri palesemente come non lo condivida affatto. Sono certo che è uno dei fedelissimi, lo si capisce dalla fierezza con cui parla dell'esercito e da come indossa la divisa in maniera impeccabile.
«Qualunque cosa può chiederla personalmente a me.» Annuisco. «La sua equipe la attende a Roma.» Sono senza parole di come ancora una volta, in poche ore, la mia vita sia cambiata inaspettatamente. Non posso credere a quello che mi sta accadendo ma ho un grande rammarico.
«Non sono riuscito a salutare il sergente Dimitri.» Inizio titubante, e una cosa di cui sono molto dispiaciuto. «Potrebbe recapitargli un mio messaggio?» non mi fido di lui, il suo modo di fare affettato mi da sui nervi ma non posso che affidarmi a lui non mi va di sparire così, anche solo un bigliettino di saluti con il mio indirizzo nella speranza che possa venirmi a trovare devo inviarglielo.
«Certamente.» Efficiente, soddisfa subito la mia richiesta fornendomi un taccuino e una penna, per poi allontanarsi per lasciarmi la mia privacy. Scrivo poche righe ma sono certo che il mio amico le apprezzerà.
Quando le porte lussuose della stanza di albergo si chiudono dietro le mie spalle mi sento soffocare. Scivolo su quel legno pregiato fino a sedermi a terra. Allungo una gamba davanti a me mentre sull'altra poggio il braccio destro e lascio andare la testa indietro. I miei occhi si chiudono abbagliati da quello sfarzo e resto fermo in attesa che passi quel momento di smarrimento.
Ho il fiato corto e la testa che mi gira. Sono stato catapultato in una nuova realtà e sento la stanchezza, la paura di questi mesi soffocarmi. Apro i bottoni della giacca e resto lì, inerme su questo nuovo atto della mia vita. Tento di evitare il panico che vorrebbe investirmi e elenco mentalmente i pianeti per rilassarmi.
Non sono in grado di fare nulla, il peso di quello che è stato e di quello che sarà mi schiaccia su questo pavimento in marmo: lucidissimo, duro e freddo, come mi sento io dentro.
Ed è lì che passo la notte rifiutandomi di cenare, detastandomi, al mattino, per la sveglia della reception che fa suonare il mio telefono insistentemente.
«Sono le sette in punto, signore. Buona giornata.» Riattacco la cornetta e con la schiena a pezzi mi spoglio gettando i capi militari in un angolo felice che non mi serviranno più.
Nudo attendo che l'acqua della doccia raggiunga la giusta temperatura e quando sento il calore bagnarmi le dita mi sento un bambino davanti a una nuova scoperta. Faccio un passo avanti e lascio che il fiotto mi investa sentendo i brividi su tutto il corpo: incredibile sensazione. Alzo il viso verso il soffione e inizio a insaponarmi il corpo. Il profumo intenso di pino riempie le mie narici e quando davanti lo specchio riesco a rasarmi senza tagliarmi mi viene da sorridere. Sembra tutto nuovo, come se mi fossi dimenticato che questa è la realtà.
L'auto oscurata mi accompagna al punto di incontro. Quando questa si ferma aggiusto la mia cravatta e scendo prendendo un grande respiro.
Un passo alla volta, mi dico, avviandomi fra i giornalisti.
Un passo alla volta, mi ripeto, entrando in sala. Un passo alla volta e presto tornerò alla mia normalità. Sorvolo sulle occhiatacce che qualcuno mi rivolge non appena si rende conto che sono russo. Mi avvicino all'uomo che allunga la mano verso di me con un sorriso sincero.«Sono Mauro Rossi. Mi occuperò di supervisionare il vostro lavoro. Benvenuto Aleksander, la stavamo aspettando.» Ricambio il saluto voltandomi verso le sedie che si vanno riempiendo. Sempre più a disagio accarezzo l'orlo della mia giacca nervoso. Mi accomodo velocemente nel posto che mi viene indicato e accarezzo i miei capelli sperando che siano in ordine. Chissà quando potrò incontrare
gli altri.«Signore e signori, iniziamo.»
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Con la Forza di un Carro Armato
RomanceAnastasya è una laureanda in medicina piena di sogni e di speranze. Ha appena finito la sua prima settimana all'ospedale di Kiev, la sua città ed è pronta a festeggiare con la sua famiglia il contratto a tempo indeterminato. Per realizzare il suo so...