Anastasya
«Tranquilla, non è niente di grave.» Tiro giù la maglia che avevo alzato per oscultare il torace.
«Grazie.» Sorrido alla donna che tiene fermo il bimbo di tre anni che sto visitando. Sono arrivati da una settimana qui a Roma da Kiev ed è in quel momento che ci siamo conosciuti per i controlli di rito. Ora dopo qualche giorno è tornata perché il piccolo Marko ha la febbre e considerando il virus che circola si è subito preoccupata.
«Tra qualche giorno starà benissimo. Ecco prendi questo farmaco bastano due gocce mattina e sera.» La donna posa il piccolo a terra che subito scappa dalla nonna e mi stringe la mano continuando a ringraziarmi.
Sono passati centoquarantuno giorni dall'inizio della guerra e continuano ad arrivare miei concittadini. La guerra sembra esserci da sempre e sembra destinata a durare per sempre.
Tolgo i ciuffi biondi dalla mia fronte con La manica bianca del mio camice. Prendo un grande respiro e guardo oltre lo stand le poltrone che sono usate come sala d'attesa. La giornata sta per finire e io sono pronta ad andare, solo due sedute sono occupate e quindi sono serena nel lasciare la mia collega Gabriella da sola.
«Gabri, io vado. Hanna mi aspetta al cinema mi ha già mandato un messaggio.» La vedo alzare la mano in segno di saluto per poi tornare a medicare il taglio sul braccio dell'uomo che stringe i denti davanti a lei.
«Dai Maurizio, è solo un taglietto.» Precisa a quest'ultimo che non l'ascolta neanche e io mi avvicino mentre mi spoglio per indossare la giacca a jeans. È ormai estate e in Italia fa molto caldo.
«Non sei tu a essere stata morsa da un cane.» Si lamenta mettendo un broncio è uno degli infermieri del centro. Mi scappa una risata. «Anche tu. Vedi che ti ho visto, sono stato azzannato. Dovrebbero proibire a quei cosi di circolare.»
«Quei cosi, sono più esseri umani di noi.» Gli preciso. «E poi il tuo aguzzino era uno yorkshire, se non avessi strattonato il braccio lanciandolo al di là della stanza non vi sareste fatti niente.» Gabriella ride al ricordo della scena portandosi una mano alla bocca.
«Era feroce.» Scuoto la testa, è una causa persa. «Vado, ci vediamo domani.» Prendo la borsa e mi avvio verso l'uscita.
«Ciao.» Mi salutano in coro. Lui petulante. Lei divertita. Li ho conosciuti appena arrivata e ora sono molto affezionata a entrambi. Maurizio mi ha anche affittato il trilocale che mi ha permesso di essere subito indipendente da Alice. Non che lei si lamentasse, ma è stato meglio così, ovviamente, l'iniziare a lavorare già dopo otto giorni che ero arrivata è stato molto utile.
Gabriella ha quarant'anni due figli e uno splendido marito. Maurizio, invece, è poco più piccolo di me e oltre ad aver paura dei cani è molto gentile e divertente. È stata una fortuna per me incontrarli e anche venire qui.
Salgo sull'autobus che mi porterà al cinema dove mi aspetta mia sorella. Abbiamo preso l'abitudine di andare una volta a settimana per migliorare il nostro italiano e devo dire che sta funzionando. Mi accomodo sul primo posto libero vicino all'uscita, non devo fare un lungo viaggio e infatti tre fermate dopo posso già scendere.
Mi sistemo i capelli in una coda disordinata, li ho appena tagliati, erano ormai troppo lunghi come quelli di Hanna che le arrivano quasi al sedere. La osservo da lontano davanti la biglietteria ha già preso i popcorn e ha entrambe le mani piene, cosa che odia e infatti non appena le sono vicina si lamenta subito.
«Ma quanto ci hai messo, non ne potevo più.» Mi porge la mia busta e mi fa strada.
«Scusa, non hai idea di cosa è capitato oggi a Maurizio...» Le racconto l'accaduto e finisco quando ormai ci siamo sedute. Lei scoppia a ridere seguita da me. «È stato davvero esilarante.» Inizio a smangiucchiare i miei popcorn sto morendo di fame. «Hai preso l'acqua?» Lei annuisce e me la porge.
STAI LEGGENDO
Con la Forza di un Carro Armato
RomanceAnastasya è una laureanda in medicina piena di sogni e di speranze. Ha appena finito la sua prima settimana all'ospedale di Kiev, la sua città ed è pronta a festeggiare con la sua famiglia il contratto a tempo indeterminato. Per realizzare il suo so...