Capitolo 91

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Anastasya

Stiracchio i miei muscoli indolenziti anzi, ci provo, per quanto il corpo addormentato di Aleksander sul mio mi permette di fare.

Accarezzo i suoi capelli biondi e sorrido per il solletico che provo per il suo fiato sul mio petto nudo.

Mi sento in colpa e dispiaciuta la luce del sole mi mostra quanto stupida io sia stata. I nostri corpi uniti in un abbraccio sono quello che stavo per perdere. Mai più scapperò da lui senza chiarire e mai più mi permetterò di essere così insicura sul nostro rapporto.

Anche se non ci conosciamo da molto e stiamo insieme da poco è questo quello che succede se ti capita un colpo di fulmine. Non hai tempo di ragionare su quello che il tuo cuore ha già capito. Inutile cercare di sfuggire a questo sentimento perché non farà altro che crescere destinato a vincere. A nulla sono servite le nostre menti razionali contro questo destino che aveva scelto per noi.

Osservo il suo viso che potrei disegnare a occhi chiusi e giuro a me stessa che da ora in poi farò di tutto per proteggere il nostro amore.

Un mormorio soddisfatto precede l'azzurro dei suoi occhi. Le palpebra si alzano e gli occhi si piegano all'insù come anche gli angoli della sua bocca.

«Buongiorno.» La sua voce roca mi fa rabbrividire.

«Buongiorno.» Lo saluto a mia volta continuando a passare le dita fra i suoi capelli biondi.

«Sto morendo di fame.» Mi bacia la pelle e la mia mente già fa pensieri strani. «Hai prosciugato le mie energie.» Delusa lo osservo senza dire niente. La sua risata fa vibrare il mio petto sotto di lui. «Amore mio, non guardarmi così, basta chiedere e qualche forza la trovo per soddisfare anche questo tipo di appetito.» La sua bocca si posa sul mio capezzolo già turgido e io afferro con forza i suoi capelli per nulla pentita di avergli mostrato così palesemente cosa volevo per colazione.

Decisa lo spingo giù posizionandomi sopra di lui. Faccio in modo che possa ancora lambire i miei seni poggiando i palmi ai lati della sua testa. Le sue mani stringono la mia carne con possesso e io desiderosa di placare il languore che sento dentro mi spingo su di lui che con un gemito roco si arrende al mio volere.

Con le palpebre socchiuse vedo nel suo viso crescere quella meravigliosa tensione che ora gli stringe la mascella ma che ben presto ci libererà entrambi come farfalle al vento.

Mordo il suo labbro vogliosa e i suoi occhi reclamano le mie iridi mentre senza imbarazzo mi stringe il seno facendomi contrarre intorno a lui.

La sua mano calda scende più giù a dettare quel tempo perfetto, che apre le porte all'orgasmo che ci investe lasciandoci senza fiato. Veloce, intenso, il risveglio perfetto.

«Anastasya...» Il mio nome è così sexy quando vola via dalle sue labbra urlanti per me.

Mi plasmo sul suo corpo ansante alla ricerca di quel respiro che mi ha rubato. A occhi chiusi mi godo quei brividi di pace e benessere che scivolano lungo il mio corpo come il più rilassante dei massaggi. L'estasi pura è fare l'amore con il proprio uomo dimostrandosi in ogni gesto quanto giusti si è insieme.

«Ora, dopo questo, non credo di avere più voglia di alzarmi dal letto.» Sollevo il capo al suo tono rilassato. Ha gli occhi fissi sul tetto bianco e una mano posata sulla fronte mentre l'altra continua a fare circoli sulla mia schiena che sono una deliziosa coccola.

«E la tua tremenda fame?» Poggio il mento sulla mano sostenuta dal gomito piegato sul letto.

Un sorriso sexy increspa le sue labbra. «Se hai intenzione di sfamarmi sempre così non opporrò resistenza.» Chiude gli occhi come a contenere le immagine di noi due stretti fino a pochi minuti fa.

«Interessante, ti lasci convincere facilmente.» Lo stuzzico.

«Donna, credo che, nelle ultime dodici ore, abbiamo superato chiunque per intensità e soddisfazione.» Alza la testa in cerca dei miei occhi e io penso che amo il modo in cui siamo noi. La nostra complicità. Il modo che abbiamo di scherzare che mi fa stare bene.

«Credo che... non sia il caso di porre dei limiti.» I suoi occhi si allargano divertiti e io mi tiro su velocemente sfuggendo alla sua pronta presa.

«No, dai, vieni qua.» Batte sul materasso la mano.

In fretta raggiungo la sua felpa abbandonata sulla sedia, recupero il tango vicino alla porta e riavviandomi i capelli indietro gli faccio cenno di alzarsi. «Forza andiamo a mangiare.» Con non poche lamentele mi segue con indosso il sotto della sua tuta.

Sollevata che mia sorella sia già a lezione e di non dover andare a lavorare mi godo quella colazione chiacchierando con Aleksander seduti al tavolo in soggiorno.

La pioggia di ieri è un lontano ricordo e il sole riscalda quella splendida mattinata.

Un messaggio arriva sul suo cellulare ma non me ne preoccupo, ho ormai raggiunto la fiducia la consapevolezza sufficiente per non badare a queste cose. E dopo aver addentato un altro biscotto si alza per andare a vedere chi è. Il sopracciglio si alza e torna da me misterioso. «Ho un'altra sorpresa per te. Abbiamo un'ora pensi di farcela.»

Curiosa lo tartassato di domande a cui non cede. Per fare prima mi lascia fare la doccia da sola mentre lui occupa l'altro bagno e come previsto dai suoi tempi siamo puntuali in auto diretti chissà dove.

«Dai almeno dimmi dove stiamo andando?» Mi lamento mettendo il broncio nella speranza di scalfire quella sua orribile espressione felice e beata che mi tormenta. «Ricorda che le sorprese ci hanno quasi diviso.»

«Questo è un colpo basso, signorina.» Al semaforo mi bacia di sfuggita come se avesse bisogno di cancellare ogni traccia di quell'orribile momento e beh ne sono desiderosa anche io. «Ma ti perdono perché so che è una tattica per farmi parlare.» Gli faccio la linguaccia e guardo il paesaggio cambiare.

Siamo usciti dalla città e il cartello aeroporto Fiumicino mi fa sgranare gli occhi. «Non vorrai fare una fuga romantica, vero? Perché non è il momento e Hanna e poi io sono felice della nostra casa.» I suoi occhi mi guardano luccicanti.

«Mi piace quando parli della nostra casa.» Prende la mia mano per baciarne il palmo che poi posa sulla sua coscia muscolosa fasciata dai jeans. «Comunque no, stai tranquilla, niente fughe.» Torna a guardare la strada lasciandomi cuocere nell'oscuro. Non ho proprio idea di cosa possa essere questa sorpresa.

Alla fine mi arrendo e mi godo quella splendida mattinata romana e la dolce sensazione di rilassatezza che mi fa stiracchiare pigramente e muovere la mano su Aleksander che sorride in risposta.

Quasi ipnotizzata dagli alberi che corrono veloci al mio fianco, un po' come ho fatto io verso il mio bel militare, sento il rumore della freccia indicare proprio l'uscita dell'aeroporto. Decisa a non chiedergli altro mi concentro spalancando gli occhi in cerca di qualche indizio.

Lui in silenzio con il solo sorriso a farmi compagnia mi poggia la mano sulla schiena e mi indica la strada verso l'ingresso dopo aver posteggiato l'auto. La frenesia di quel luogo mi investe, gente che va e viene lasciando scie di storie che puoi leggere nei loro vestiti, nei loro visi, nei loro occhi. Confusa cerco di tenere il suo passo che rallenta ogni qualvolta mi ritrovo un ostacolo a rallentarmi.

Avanziamo fino a una porta azzurra. Siamo agli arrivi, almeno credo e dopo una veloce chiamata di Aleksander, questa si apre mostrandoci un uomo in divisa che ci saluta e ci precede lungo un corridoio bianco.

Sembra quasi un labirinto quel luogo impersonale e istintivamente cerco la mano di Aleksander. Lui guarda la mia mano stretta alla sua prima di girarsi verso di me, inclino il capo sorridendogli mentre alzo le spalle. Non so perché ma ne ho bisogno e lui mi accarezza il dorso per darmi quella tranquillità che cerco per poi tornare a seguire l'uomo che nel frattempo parla del tempo.

Ci fermiamo davanti all'ultimo ostacolo chiuso.

«Pronta...» Annuisco decisa.

«Incredibile! Che mi venga un colpo.» Scoppio a ridere correndogli incontro.

Con la Forza di un Carro ArmatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora