Capitolo 58

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Anastasya

La tavola è apparecchiata, io sono stretta in un vestito bianco in pizzo san gallo che mi sembrava una buona idea e che invece, ora, mi sembra abbia la schiena troppo scollata dopo che le prime bottiglie di vino sono finite e sento una mano poggiarvisi sopra con insistenza.

Un forte profumo alla moda mi fa riconoscere velocemente colui che ha invaso la mia privacy e che mi fa sobbalzare e girare di scatto con un sorriso forzato in viso.

«Bruno...» ero rientrata a prendere un bicchiere d'acqua visto che, con la bella serata, ben presto la cena si è spostata in terrazzo.

«Potrei averne un po' anche io?» si avvicina la mia mano con il bicchiere alle labbra e sorseggia l'acqua fissandomi negli occhi. Dovevo immaginare che avrebbe subito fatto la sua mossa. È un uomo di successo, ben abituato a prendere ciò che vuole. Non capisco come Gabriella abbia potuto pensare che potesse piacermi. Certo è un bell'uomo: alto, capelli neri e due splendidi occhi altrettanto scuri, molto misteriosi. L'insieme lo rende proprio affascinante ma è troppo. Troppo bello. Troppo sicuro di sé. Troppo seduttore.

Non riesco a frenare la pelle d'oca che solleva i peli del mio braccio ancora stretto nella sua presa. Un sorriso languido distende le sue labbra sottili. Ovviamente ha frainteso la reazione del mio corpo, troppo vanitoso per far davvero caso a me.

Cerco di camuffare il ribrezzo e spero di togliermi da questa situazione il prima possibile. L'altra sua mano che è tornata sulla mia schiena mi sospinge verso di lui e io prego per un'interruzione da parte di qualcuno che mi impedisca di schiaffeggiare il mio ospite indesiderato.

«Sei molto bella Anastasya...» Lascia la presa e io vedo tremare il bicchiere nella mia mano. Cerco di capire cosa sia meglio fare. Io non sono brava in queste cose e solitamente ho sempre ben evitato di trovarmici ma ora, sfortunatamente, eccomi qua.

«Grazie.» Con il polso ora libero ho la possibilità di rigirarmi e scivolare via prima di tornare a guardarlo a un metro di distanza. Cerca di avvicinarsi nuovamente invadendo continuamente il mio spazio.

«Vorrei invitarti fuori una di queste sere, potremmo fare venerdì. Io, tu, Roma e un posto romantico.» Le sue dita prendono una ciocca dei miei capelli e giocano con questi mentre mi fissa lascivamente. Imbarazzata non so cosa inventarmi, sono proprio una pessima bugiarda e allora fuggo accettando.

«Con piacere. Ora scusami ma non posso trascurare i miei ospiti.» Compiaciuto mi stringe una spalla e si avvicina al mio orecchio.

«Non vedo l'ora di averti tutta per me.» Nuovo ribrezzo e la certezza che sarò in grado di inventare una scusa prima di quel momento, mi fanno allontanare da lui.

Sorrido gentilmente e scappo fuori afferrando la bottiglia d'acqua, certa di non volere altri incontri simili.

A differenza di Bruno, Roberto, l'amico di Maurizio, è un tipo piacevole e alla mano. Certo è meno affascinante di Bruno ma mi sento a mio agio con lui, è simpatico e gentile, non mi sento un bocconcino ai suoi occhi e spontaneamente gli sto seduta accanto.

Mi accorgo delle occhiate di Hanna e le sorrido serena. Nonostante l'imbarazzo per l' ssermi ritrovata sola con Bruno, è stata una bella serata.

Accompagno tutti a turno alla porta, sopporto l'ennesima carezza di Bruno sulla mia pelle e ricambio fintamente il suo sorriso felice di non doverlo mai più rivedere e quando anche Roberto mi invita per una pizza sulla soglia della porta, con Maurizio che lo aspetto all'inizio delle scale, non ho dubbi nell'accettare.

Mi sembra davvero un bravo ragazzo e non mi dispiace affatto l'idea di passare del tempo con lui. Lo saluto un'ultima volta e chiudo la porta alle mie spalle. Hanna è poco distante, ma sono certa che abbia sentito il nostro scambio di battute.

Cautamente cammino verso la terrazza per mettere in ordine. Mi sono accorta che mia sorella ha cambiato espressione e non ho voglia di discutere con lei. Mi sento stanca e sono felice di non avere turni domani almeno potrò sistemare la casa che è ora a soqquadro.

Decido di raccogliere i piatti e i bicchieri prima di andare a letto e quando ho tolto tutto, stacco la spina delle luci che ho appeso ai fili della biancheria e che hanno illuminato come stelle questa serata. Nello strano silenzio tra me e Hanna carico anche la lavastoviglie ma quando penso di averla fatta franca ecco che mia sorella sbuffa per poi iniziare a parlare.

«Davvero non ne vuoi parlare?» Faccio finta di non capire a cosa allude asciugandomi le mani e girandomi per andare a letto. Lei mi segue come un'ombra pestando anche i piedi è davvero furiosa. «Dimmi che ho sentito male e che tu non hai accettato quell'invito?» Non posso più fare finta di niente.

«Perché pensi che avrei dovuto rifiutare?» Le chiedo entrando in bagno e prendendo il mio spazzolino dove doso il dentifricio.

«Perché?» Praticamente urla.

«Shhh. Vuoi svegliare tutti i vicini.» La reguardisco parlando con lo spazzolino in bocca.

«Come puoi chiedermi il perché?» Esasperata sciacquo via il dentifricio dalla bocca e inizio a spogliarmi andando in stanza.

«Senti Hanna, non capisco cosa ci sia di male e se non ti dispiace vorrei dormire.» Finisco sfilando del tutto il vestito con lei che mi guarda con le mani sui fianchi.

«Te lo spiego subito: come hai potuto fargli questo?» Mi blocco un attimo, ma poi riprendo a indossare la camicia da notte certa di aver frainteso. «Non posso credere che tu lo abbia dimenticato.» Mi accusa con il dito alzato sempre più furiosa.

«Ma di che diavolo parli.» Ora anche io sono alterata.

«Di Aleksander, ecco di cosa parlo. Come hai potuto accettare l'invito di un altro uomo. Vuoi davvero dimenticarlo?» È delusione quello che sento nella sua voce e io sono davvero sorpresa che abbia tirato fuori questo argomento proprio ora.

«Sono mesi che non ne parliamo.» Dico sfinita sedendomi sul letto.

«Non ne abbiamo mai parlato, in realtà. Pensavo ti facesse troppo male e allora sono rimasta in silenzio e non sopporto l'idea di essermi sbagliata.» Resto in silenzio a fissare i miei piedi. «Io lo penso sempre. Ogni giorno mi chiedo: come sta? Se lo rivedrò e invece tu esci con un altro.» Il mio silenzio la fa titubare ma è solo per poco, poi torna all'attacco senza badare ai piccoli cambiamenti in me.

Stringo le mani fra loro e chiudi gli occhi per non ascoltarla. «Io sono certa che anche lui ti pensa ancora. Come hai potuto?» Ripete ancora accusandomi.

«Basta.» Bisbiglio, ma lei continua. «Ho detto basta!» stavolta sono decisa. «Io non ho dimenticato nessuno e non sto facendo un torto a nessuno accettando questo invito.» Chiarisco subito.

«Invece si.» Insiste.

«Non sai di cosa parli.» Mi rialzo per girare nel mio lato di letto.

«Certo che lo so. Io parlo dell'amore e il tuo non lo era.» Scatta la mia testa a guardarla severa.

«Cosa ne vuoi sapere tu dell'amore e di me. Solo perché ora hai un ragazzo non significa che sei una donna vissuta.» L'ho ferita e vedo le sue labbra stringersi. «Io non potrò mai dimenticarlo e non credere che non ci abbia provato per accettare la sua volontà a vivere la mia vita ma è più forte di me. Lo vedo ovunque e mi manca come l'aria. Ho pensato anche di lasciarti qua e ritornare da lui infinite volte. Non hai idea di cosa darei per essere con lui ancora, ragazzina. Quindi non venire a farmi la predica.» Concludo sedendomi sul letto e alzando le gambe pronta a dormire o almeno a fare finta visto come sto tremando.

«Ma allora perché?» Si siede dandomi le spalle.

«Perché devo trovare un modo per colmare il vuoto che sento dentro. Devo trovate un modo per poter andare avanti. Devo smetterla di pensarlo sempre sempre fino a straziarmi dentro. Non so neanche se è vivo...» la mia voce trema. «E questo non mi dà pace.»

«Allora vattelo a riprendere.» Sicura di sé mia sorella mi lascia senza parole.

Con la Forza di un Carro ArmatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora