Capitolo 87

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Anastasya

Hanna mi ha convinta a venire in questa palestra sotto casa. Dice che devo tenermi in forma per tenere un uomo come Aleksander stretto, e allora l'ho accontentata anche se sono certa che non sia questo che mi serve per tenermelo stretto.

Le immagini di ieri sera mi riscaldano le guance mentre su quella ellittica cerco di perdere le calorie della colazione. Preferisco il suo modo di farmi perdere peso.

Il telefono vibra, lo alzo sui palmi ed è un messaggio di Aleksander che mi avverte che è già a casa. Maledico il mio essere in quel luogo che puzza di sudore e profumi di marca. Arriccio il naso infastidita e cerco di terminare il mio percorso velocemente.

Quando con Hanna torniamo a casa questa è silenziosa.

«Vado a lavarmi.» Annuisco a Hanna e mi incammino verso la mia stanza. Sento l'acqua della doccia scorrere e mentre mi gusto la possibilità di bissare la serata di ieri il suono della suoneria di Aleksander attira la mia attenzione.

Ancora quel nome: Maria. Vedo la chiamata terminare in un nuovo numero: tre chiamate perse e sono certa sia sempre lei. Indecisa prendo quell'oggetto in mano: chi è questa donna che lo chiama insistentemente?
Non ne ho idea, ma sono certa non sia una collega. Vedo un messaggio non letto apparire al centro dello schermo e curiosa leggo andando anche contro i miei principi.

"Ciao, Aleksander. Sono a casa tua. È tutto pronto, ti aspetto."

Inizio a tremare scossa. In questa casa. Può il mondo crollarti ancora una volta addosso. Io non sono mai stata una tipa gelosa ma quando si tratta di Aleksander le sensazione che provo sono uniche e incontrollabili.

Poso il telefono che quasi mi cade dalle mani, mi guardo attorno in quella stanza e mi sento soffocare. Io non posso crederci. Lui non può aver mentito fino a quel punto.

Porto le mani ai capelli che tiro indietro mentre lotto con le lacrime. Non so che fare, ma non sono pronta a parlare con lui. Troppa confusione nella mia testa.

Impaurita, tradita, sconvolta, afferro lo zaino con le mie cose e corro via da quella casa senza dire niente a nessuno.

«Maurizio, sei a casa? Posso venire da te?» È l'unico che può aiuatrmi, non posso andare da Gabriella, ha i suoi figli a cui pensare nè da Alice, è partita per andare a trovare i suoi.

«Certo, ti aspetto.» Sono sicura che Maurizio abbia compreso che qualcosa non va, ma per fortuna non mi fa domande al telefono. Ha iniziato a piovere e quando salgo sulla mia auto nuova sono completamente bagnata. I denti mi tremano, a niente serve il riscaldamento che ho acceso, non riesco a scaldarmi perché il freddo è troppo in profondità, è causato da un tradimento e non si può riscaldare.

Lotto con i miei capelli bagnati e pregando di arrivare presto cerco di stare concentrata sulla guida. Quel maledetto messaggio e quel maledetto nome mi affollano la testa e la vista.

Quando dopo un'ora sono finalmente da Maurizio sospingo la porta d'ingresso socchiusa e mi sento completamente svuotata.

«Che cazzo è successo?» mi viene incontro e facendomi entrare chiude con uno strattone l'uscio di casa. «Piccola... ehi Ana.» Quando il suo palmo si posa sui miei capelli alzo gli occhi pieni di vergogna. Sono un disastro. Sono soltanto un orologio rotto a quell'attimo.

Credo di avere gli occhi di cristallo per come mi pungono fastidiosi. Lo sguardo preoccupato di Maurizio mi disturba e allora torno a guardare il pavimento. Una pozzanghera si è formata ai miei piedi.

«Mi dispiace. Scusa Maurizio io non volevo.» Una reazione esagerata mi investe, mi sento inadeguata, fuori posto e mi aggrappo al suo braccio ancora alzato. Maurizio percepisce il mio smarrimento e incurante di bagnarsi i vestiti mi abbraccia stretta fra le sue braccia.

Con la Forza di un Carro ArmatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora