Capitolo 89

408 26 46
                                    

Anastasya

Mi avvolgo nella coperta di pile che Maurizio mi ha lanciato prima di sparire in bagno. Questa sera aveva un appuntamento e dopo aver litigato perché lui voleva restare e io, invece, volevo che andasse si è finalmente convinto.

Da quando ho mandato il messaggio ad Aleksander ho un buco che risucchia i miei organi al centro del petto ma non ho più pianto, mi trovo in uno stato di calma apparente come se avessi sospeso tutto nell'attesa di rivederlo domani.

Forse, dico, forse, Maurizio è davvero riuscito a farmi credere di aver frainteso quel messaggio. Quelle parole scritte mi torturano la testa come anche le immagini di noi. Il suo viso sul mio. I nostri palmi uniti. La confessione dei nostri sentimenti è appena stata ieri perché avrebbe dovuta farla se non era sincero. Non mi ritrovo in quell'uomo senza morale ed è qui che Maurizio con i suoi modi chiari e diretti ha scalfito quella convinzione, anzi, certezza che ho avuto con quel telefono in mano.

Faccio finta di guardare la tv quando il mio amico fa il suo ingresso in salotto. Indossa una giacca sportiva grigia su una camicia azzurra e un jeans nero.

«Dove la porterai?» Sorrido alla sua finta sfilata davanti ai miei occhi, è così vanitoso e comunque è davvero un bel ragazzo.

«A cena e poi in un locale jazz in centro, mi ha detto che le piace quella musica e quindi mi sembra un buon inizio.» Annuisco mentre lui tira il colletto della camicia per sistemare i bottoni. Il suo profumo ha ormai riempito la stanza facendomi tossire.

«Hai un po' esagerato.» Lui alza le spalle, non gli importa e mi si avvicina per le raccomandazioni.

«So che è una brutta idea lasciarti qui...» Poggia le mani sulle mie ginocchia dopo essersi abbassato sui talloni.

«Invece sì, ne abbiamo discusso.» I suoi occhi mi scrutano in cerca della mia disperazione.

«Non sono affatto convinto...» lo vedo titubante. «Posso ancora disdire.» Mi accarezza una guancia.

«Non se ne parla. Mi hai già sopportato per tutto il giorno. Distraiti un po' così sarai più forte per i miei piagnistei futuri.» Sorride e lo faccio anche io.

«Continuo a credere che avresti dovuto chiarire già oggi, ti saresti tolta questo peso.» Le sue dita mi accarezzano e io abbasso gli occhi verso i bottoni della sua camicia. Non sono ancora certa che quel peso sparirà. In attesa della mia risposta sospira arreso. «Okay, come vuoi.» Si tira su e io inclino il capo verso l'alto quando riprende a parlare.

«Allora: non suicidarti, non sfogare la tua rabbia sulle mie cose, niente musica ad alto volume e a letto presto. Dai un bacio a paparino.» Si abbassa per ricevere veramente quel bacio nonostante lo stia guardando come se fosse impazzito. «E se rinsavisci e torni a casa tua, spegni le luci. Tutto chiaro?»

«Come ho fatto a venire da te.» Sbatto gli occhi confusa.

«Perché sono adorabile e dico sempre la verità.» Mi strizza l'occhio e poi torna ad abbassarsi su di me. Si avvicina al mio orecchio stupendomi ancora.

«Sono certo che risolverai tutto ma se fosse vero e ripeto sono certo di no, giuro che non la passerà liscia.» Sospira accarezzandomi i capelli. «Ti ama Ana, ricorda questo perché è la verità so riconoscere quel sentimento e lo stesso che fa brillare te da quando lui è arrivato.» Stringo la sua mano.

«Bene, ora vado a fare del buon sesso, si spera.» Come può parlare così e poi... così.

«Divertiti.» Alzo la mano e come sempre con lui scuoto la testa arresa.

Quando la porta si chiude dietro di lui mi butto indietro nei cuscini. Maurizio è così dannatamente sicuro da far vacillare sempre più il senso di quelle parole.
Che sto facendo?
Irrequieta porto le mani al viso che stringo in uno di quei urli silenziosi. L'equilibrio si è spezzato e il timore di non poterlo più avere mi fa tremare come se fossi ancora bagnata di pioggia. Le lacrime riprendono a scorrere, in quella casa silenziosa mi scoppia la testa per la lotta che si affolla dentro di me.

Il mio Aleksander non mi avrebbe mai potuto fare una cosa del genere e se non esistesse? Se lui non fosse quello che credevo? Se l'idea che mi sono fatta di lui fosse solo un sogno.
Il suo sorriso, i suoi gesti affettuosi mi fanno singhiozzare. Riecco il vortice che tenta di risucchiarmi sempre più giù sempre più lontana da lui.

Poi qualcosa mi libera da quel turbinio, tiro su il viso e asciugo quei rivoli salati. No, io non posso e non voglio accettare l'idea che lui sia un tale mostro. Ha coinvolto anche mia sorella, mi ha mostrato la sua vita che senso avrebbe avuto. Spezzo quelle catene che volevano farmi affogare e mi alzo irrequieta dal divano.
Devo fare qualcosa. Io devo sapere. Ha ragione Maurizio, perché torturarmi così.

Il rumore della toppa fa scattare la mia testa su. Mi farò aiutare dal mio amico. Attendo i suoi capelli scuri e invece una chioma bionda mi fa mancare un battito. Incredula mi avvicino di un passo quando incerto Aleksander si richiude la porta alle spalle e finalmente si gira verso di me.

Resto immobile, incredula. Il suo sguardo titubante mi cerca nella stanza e quando mi trova lo vedo sospirare lentamente. Il sollievo nei suoi occhi stanchi lo percepisco da qui.

A passo lento avanza nella stanza. «Anastasya...» è sofferto il mio nome sulle sue labbra, ed è così evidente la preoccupazione, la paura di non sapere cosa accadrà a breve che potrei toccare quella macchia nera che anche nel dolore ci unisce. Apre la braccia arreso, come se non sapesse cosa fare.

Il mio uomo mi sembra così fragile in questo momento, pronto a spezzarsi, lo vedo. Quella tristezza nel suo volto cancella ogni mia titubanza. Io mi fido di lui. Io credo in lui. Io non permetterò a un malinteso di dividerci.

Il calore esplode dentro di me, sono così felice di averlo qui. Vorrei correre fra le sue braccia ma il senso di protezione mi impedisce di farlo

«Chi è Maria?» Il suo sguardo è confuso. Sospira ancora prima di entrare definitivamente nella stanza e mettersi seduto sul divano.

«Maria eh?» Si passa le mani sul volto e mi sembra sia lui a tremare adesso. Quel nome sulle sue labbra mi riempie di fastidio. «È la mia ex.» Uno schiaffo in pieno volto. Allora è vero. Indietreggio e instabile mi siedo sulla poltrona alle mie spalle.

Il salotto bianco di Maurizio mi infastidisce, mi sembra troppo pieno di luce ora che la mia si sta spegnendo. Resto in attesa del resto mentre mi tiro le gambe su e le abbraccio.

«Abbiamo convissuto per due anni.» Cerca i miei occhi e in questo momento odio la facilità con cui i nostri sguardi si incastrano obbligandoci a quel legame che ora vorrei sfuggire. «Eravamo coinvolti certo ma lei più di me e alla fine l'ho lasciata. E ora ho la certezza di aver fatto la cosa giusta.» Unisce le mani fra le gambe piegate. Sento la forza che mette nel trattenersi soffocarmi. Vedo come vorrebbe venire da me, riconosco il desiderio che ha di stringermi perché è lo stesso che provo io, nonostante tutto. Odio questa distanza e stringo le gambe unico sfogo a quelle parole che mi fanno male.

«Tutto questo è successo quando è scoppiata la guerra e lei mi ha fatto promettere che l'avrei avvisata quando fossi stato salvo e così ho fatto.» Si piega leggermente verso di me. «Non abbiamo mai toccato l'argomento ex, forse perché non è così importante. Da quando ho te Ana io ho dimenticato tutto il resto. Nessuna donna del mio passato è paragonabile a te. Nessuna te lo giuro.» Accorato mi fa quella confessione mentre la voce gli si spezza e cede riportando i palmi al viso. «L'ho risentita perché glielo avevo promesso e poi per un favore che solo lei poteva farmi.» Non capisco.

«Che favore?» al suono della mia voce i suoi occhi mi cercano ancora lucidi.

«Le ho chiesto di mandarmi una cosa.» Lo sento titubare, come se non volesse svelarmi questo mistero.

«Cosa?» credo che sia fondamentale che lui me lo dica e rimetto i piedi a terra quando glielo ripeto con tono serio.

«È una sorpresa per te. Speravo di farti piacere no di vederti scappare via da me.» Si tira i capelli dopo aver stretto i fili chiari fra le dita della mano destra.

La pioggia torna a battere sui vetri e il suo profumo a infastidire le mie narici. Quanto odio il potere che ha su di me e sulla mia ragione questo uomo.

«L'anello di mia madre... ecco cos'è.» Il suo capo si piega e le mani si aprono come a offrirmi già quel dono così prezioso.

Con la Forza di un Carro ArmatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora