Aleksander
Mi allontano da quella tenda deluso per non averla vista. Sono rimasto a parlare con Vasilii un po' più di quanto potessi. Infatti mi sono anche dovuto sorbire la ramanzina da parte del pilota che mi doveva portare in elicottero questa notte.
La città di Kiev è nera, le luci dei lampioni non funzionano ormai da giorni e le uniche luci che si vedono sono scontri in atto. Prendo nota dei luoghi che sorvoliamo come richiesto dal colonnello mentre il mio compagno di viaggio mi racconta di come la sua fidanzata odi volare. Sorrido ai suoi racconti mentre traccio segni sulla mappa che mi sono portato. Sembra molto innamorato e questo mi colpisce. Non credo di aver mai provato qualcosa di simile. Il volto a cuore di Anastasya fa capolino inaspettatamente nella mia testa. È impossibile anche solo pensarci, mi dico deciso.
La notte passa velocemente e quando rientriamo è quasi l'alba. Le ragazze si staranno preparando per il loro turno in bagno e sarei tentato di andare ma decido di star loro lontano, per questa mattina sono stanco e non me la sento di affrontarle. Di affrontare lei.
Mangio qualcosa prima di ritirarmi a lavorare. Riporto i dati che ho raccolto stanotte dal palmare al computer e mentre che si aggiornano mi stendo sul letto, non penso a niente in particolare e ben presto la stanchezza ha il sopravvento facendomi addormentare.
Quando mi sveglio è già pomeriggio. Per fortuna il mio tracciato si è concluso e le nuove mappe sono state condivise con tutte le truppe.
Mi stiracchio e con lo stomaco che mi brontola vado a mensa nella speranza di trovare qualcosa. Per arrivare la, devo passare davanti l'ospedale. Il campo è stranamente silenzioso, mentre lontano dei forti boati fanno chiudere gli occhi per istinto. Cammino su quella neve sempre più sciolta sfregando le mani fra loro prima di tirarmi un po' piu giù il berretto che ho indossato. Non appena giro a sinistra mi ritrovo la tenda dell'ospedale da campo davanti. Alcuni soldati feriti sono fuori a fumare, altri invece attendono in fila di poter entrare. Li vedo con i volti doloranti e i vestiti sporchi di sangue. Un altro turno e altra morte, questo significa. Superata la fila, nella penombra della tenda, vedo Hanna e Irina sulla destra passare fra le barelle aiutando a mangiare chi ha bisogno. Continuo a cercarla in quei volti, avvicinandomi passo dopo passo. Il cuore aumenta il ritmo e il respiro la sua richiesta di ossigeno. Infilo le mani nei pantaloni salutando con il capo chi mi chiama o mi fa un cenno ma resto concentrato sull'interno della tenda e poi ecco che vedo i suoi folti capelli biondi costretti in una coda alta. È alla mia sinistra Maxsin al suo fianco. Stanno aiutando qualcuno disteso davanti a loro. Seguo la curva della sua guancia solitamente bianca ora arrossata forse per lo sforzo, la forma della sua bocca perdersi nei suoi denti bianchi che stringono il labbro fino a imbiancarlo e infine i suoi occhi attenti e concentrati. Mi blocco a guardare quello spettacolo, ipnotizzato dalla dedizione al suo lavoro. Siamo due sconosciuti, due persone che non hanno idea di cosa ci piace o di cosa siamo nella vita reale ma anche ora in quella distanza che mi infastidisce mi sembra di vedere quello che non sapevo di desiderare. Finalmente il suo labbro viene liberato e un dolce sorriso le stende la bocca soddisfatta per ciò che ha fatto. Anche il dottore sembra contento e con un colpetto alla spalla del paziente si volta verso il prossimo bisognoso. Anastasya alza il viso in aria stiracchiandosi il collo e in quel gesto i suoi occhi guardano verso fuori posandosi su di me.
Sembra non credere che sia davvero io, le sopracciglia corrucciate mi mostrano che è preocupata ma poi, come realizzando che sono davvero io, i suoi lineamenti si rilassano e i suoi occhi si aprono illuminandosi. Mi perdo in quello sguardo chiedendogli non so neanche io cosa. Forse il permesso di poter essere me stesso. Di poterla guardare senza pentimento, senza dover celare la magia che scatena in me. Mi sembra di non respirare più. Mi sembra di poterla toccare anche da qui. Mi sembra quella perfezione surreale in una realtà che non le si addice.
Il suo nome viene pronunciato con urgenza e con un semplice cenno del capo mi saluta prima di ritornare ai suoi doveri e io vorrei trattenerla, vorrei per sempre restare lì a guardarla. Un urlo e delle voci concitate mi fanno ben capire che qualcosa di grave sta accadendo. Corre verso Irina e dai gesti la vedo praticare un massaggio di emergenza. Abbasso il capo sentendomi sempre più fuori posto in questa guerra. Il dolore per la nostra impotenza verso delle vite che finiscono senza ragione e poi mi sento in colpa per ciò che mi scuote dentro da quando lei è apparsa due giorni fa. Mi sento ingiusto nei confronti degli altri a trovare in lei quel forte stimolo a stare qui un altro giorno, a svegliarmi un altro giorno. A tornare vivo da lei un altro giorno.
Riprendo la mia camminata oltrepassando quel luogo dove lascio come una parte di me. Mi sembra di sentire quel legame con lei sempre più forte, sempre più inesorabile. Alla mensa incontro Dimitri e Vasilii. Oggi siamo tutti impegnati in attività al campo ed è un giorno più sereno. Prendo qualcosa da mangiare e mi accomodo nel tavolo con loro.
«Ciao ragazzi.» Li saluto ricevendo una pacca sulla spalla da Dimitri al cui fianco mi siedo e il saluto da Vasilii. Il pallido sole entra da fuori e oltre a noi solo una ventina di soldati sono seduti nei tavolini schierati in fila. Sembriamo tutti uguali in quelle divise mimetiche.
«Ciao a te. Com'è andata stanotte?» Gli racconto cosa ho scoperto.
«Ho visto persone nascondersi nel teatro e in una scuola. Ho subito segnalato che sono luoghi da non colpire.» Continuo con i dettagli che devo fornirgli mentre Dimitri mangia in silenzio ascoltandoci.
«Voi invece? Il tuo braccio?» Indico con il mento la ferita del mio amico. L'espressione di Dimitri è ancora scossa.
«Cazzo. Il mio braccio mi ricorda a ogni fitta quanto, cazzo, sono stato fortunato.» È la verità. È la prima vola che uno di noi viene ferito. «Ho scritto una lettera a mia moglie dove le dico che voglio un figlio appena torno. Anche se questo è un mondo di merda voglio che una parte di me resti quando morirò.» Posa i gomiti sul tavolo nascondendo dentro i palmi il viso. «Lei lo desiderava così tanto. Credo di non averla mai fatta felice.» Gli poggio la mano sulla spalla e stringo forte per fargli capire che è ancora vivo.
«Ehi sei ancora qua a rompere le palle. Avrai tutto il tempo.» Lui si gira a guardarmi e io insisto serio con il mio discorso. «Sei vivo. Potrai fare una squadra di calcio quando questo schifo sarà finito.» Lui mi sorride mentre Vasilii ci fa scoppiare a ridere.
«Cielo, undici piccoli Dimitri, povera donna.» Riprendiamo a mangiare e a parlare della giornata. Stanotte Dimitri resterà con le ragazze mentre Vasilii andrà al fronte.
«Com'è stata la tua di nottata?» Gli chiedo con finta indifferenza.
«Ho dormito come un ghiro al freddo. Mi si sono congelate le chiappe, devo trovare altri sacchi a pelo.» Lo capisco perfettamente anche se lo stare con Anastasya mi ha fatto dimenticare tutto. «I ragazzi mi hanno detto che la presenza delle donne è ormai argomento fisso ma che dopo l'aiuto che ci hanno dato ieri, sono aumentati quelli disposti a proteggerle.» Annuisco attento. «Ieri Aastasya ha salvato almeno quattro ragazzi messi davvero male.»
«Sì, mi sembra molto brava.» Allontano da me il piatto ormai vuoto.
«Come mai hai portato via Hanna?» Mi tiro via il berretto e mi gratto il capo, prima di rispondere.
«Ha solo diciott'anni, come potevo lasciarla in quell'inferno. Ho cercato di ridarle un po' di spensieratezza.» Gioco con un pezzo di tovagliolo.
«Già.» Anche Dimitri è d'accordo con me, come anche Vasilii.
«Ieri Anastasya voleva ringraziarti. È uscita dalla tenda subito dopo che sei andato via. Abbiamo parlato un po' è davvero una brava ragazza.» Mi ha cercato e questo mi fa molto piacere. Guardo fuori dalla tenda, vorrei andare da lei. I suoi occhi luminosi mi si ripresentano in testa attirandomi.
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Con la Forza di un Carro Armato
RomanceAnastasya è una laureanda in medicina piena di sogni e di speranze. Ha appena finito la sua prima settimana all'ospedale di Kiev, la sua città ed è pronta a festeggiare con la sua famiglia il contratto a tempo indeterminato. Per realizzare il suo so...